
In che modo ti sei avvicinato all’arte figurativa?
Nel ’72, all’età di dieci anni, mio padre mi portò a visitare l’antologica di Henry Moore al Forte Belvedere di Firenze. Per me fu una folgorazione. Il giorno dopo abbandonai il meccano per coniugarmi al pongo.
Hai degli artisti di riferimento?
Così a braccio, tutti i più grandi esponenti del Dada europeo, New-Dada americano, dell’Arte Povera, del Die Brucke, del Secessionismo Viennese, dei Fauves, dei Der Blaue Reiter, del Minimalismo, del Suprematismo. Ma anche molti altri artisti non citati nei testi considerati “bibbie” nel campo dell’arte.

Quali tecniche usi?
Per il modellato, creta, cera, legno, gesso, ferro, resine, e per la pittura qualsiasi cosa “sporchi”. Ultimamente acrilici. Tuttavia vorrei andare aldilà del tranquillizzante concetto del colore convenzionale, per cui mi sto applicando in esperimenti chimico alchemici fuorilegge.
Quali colori preferisci?
Mi seduce il viola, un terziario che trovo erotizzante e contemplativo. Amo la psichicità febbrile del giallo violento e la malinconia graffiante della gamma dei bruciato, dei seppiati, dei ruggine.
Com’è il tuo studio?
Un basement di circa 60 mq. davvero incasinato, quasi impraticabile, se non “a nuoto”. Ma poiché reputo l’ordine come forma mentis un tratto caratteriale in qualche modo ”patologico”, relego la sola paralizzante idea dell’ordine nella procedura immaginativa.

Emozioni, stati d’animo, concetti, fantasie, desideri, paure, richiami…Cosa ti porta di solito a creare?
Creare è per l’artista una potente, ineludibile esigenza interiore. Gli input provengono da ogni dove, ed una volta percepiti e sublimati, la loro traduzione espressiva avviene attraverso un inconscia sinergia tra emotività e intelletto. Certo, accade che nella trasposizione di quell’urgenza emozionale in un’opera d’arte interferisca il condizionamento dell’estasi estetica e formale, opacizzando quel lucore peculiare della freschezza di intenti. Infine, ritengo un suggello che raccoglie e riduce ad unità tutti gli elementi simbolici – nei quali l’artista fonda ed affina la sintesi della sua ricerca – la capacità di cogliere il punto esatto in cui la sua mano deve saper arrestare e congelare nell’opera il proprio delirio.
Quanto incide sulla tua arte l’ambiente in cui vivi?
Vivo a Verona, metaforicamente una bellissima donna sciocca e fatale. Verona vive il proprio rapporto con l’arte in modo scarsamente o per nulla ricettivo, dunque per quanto mi riguarda l’incidenza ambientale è irrilevante. Tuttavia il “setting” urbano e periferico è simpaticamente narcotico, pertanto ottimo per lavorarci, purché poi ci si attivi per cercare di proporsi in altre realtà più dinamiche e frizzanti.
Il tuo rapporto con le altre arti.
Ad intensi e sanguigni periodi di interesse s’alternano lunghe fasi di scollamento, paradigma in fondo del mio fare arte secondo un mood in qualche modo “duchampiano”. Comunque, non nutro preconcetti per alcuna espressione artistica, poichè l’arte intesa come comunicazione, abbiamo visto che la si può grandemente celebrare anche con una “tremenda” merda inscatolata.

Quanto segui e cosa pensi dell’arte contemporanea?
La seguo oramai solo virtualmente su alcuni preposti ed aggiornati portali internazionali. La mia opinione sull’arte contemporanea attuale è molto disincantata. Sicuramente la grande crisi economica globale degli ultimi anni ha smorzato duramente l’entusiasmo degli artisti, procurando loro una sorta d’apatia tematica e stilistica. A generare confusione sono intervenuti anche gli ingordi tentacoli di certa politica che ha risucchiato spazi, curatori ed artisti, pretendendo senza alcun titolo d’occuparsene in prima persona. Infine, allo snaturamento e svilimento dell’arte ha contribuito la moda, nell’accezione più fatua e salottiera del termine. Quando una fumosa sovrastruttura promuove la consacrazione di un artista “prescelto” attraverso un lavoro di vero e proprio marketing aziendale, e quell’artista fa poi tendenza, l’Arte muore. Una considerazione romantica e, in un certo senso, datata, la mia, frutto di una visione etica che a mio parere non dovrebbe mai sradicarsi dalla mente dell’artista e dei fruitori dell’arte, per preservare la natura libera e incondizionata dell’Arte.
Una tua definizione di Arte.
Date le molteplici interpretazioni cui in modo differenziato ognuno di noi attribuisce all’Arte, sarebbe impossibile fornire una risposta univoca “potabile” a tutti. Attenendomi pertanto alla mia esperienza personale, credo che nella sua essenza, l’Arte sia una nostra proiezione del “bello assoluto”, per mezzo della quale tutti – nessuno escluso – ci ritroviamo inconsciamente assoggettati, adattandone al nostro personale retaggio emotivo, estetico e culturale, i reali riscontri più o meno rilevanti che dall’Arte stessa ci pervengono, suggerendoci di sostanziare il riapproprio del nostro sostrato “lirico”, ciononostante cristallizzato in ogni essere umano.
***

Nasce a verona nel ’62
Studia scultura all’accademia di belle arti di verona
Ha partecipato a mostre nazionali ed internazionali di scultura e gioielleria artistica.
*

Trovo nella pittura e nella scultura di Giorgio, la stessa visione, gli stessi demoni che caratterizzano la sua scrittura.
Quando afferma nell’intervista: “Tuttavia vorrei andare aldilà del tranquillizzante concetto del colore convenzionale, per cui mi sto applicando in esperimenti chimico alchemici fuorilegge”, emerge tutto il suo spirito caustico, di chi si pone nei confronti dell’arte e della vita senza compromessi, consapevole dei propri mezzi. Trasgressione, mai fine a se stessa, e profondo senso etico, sono secondo me le componenti che più caratterizzano l’opera di Giorgio, che rivela nel suo smontare i luoghi e le icone di un mondo sempre più virtuale (non certo virtuoso) uno sguardo profondo e conoscitore, “romantico” e disincantato allo stesso tempo.
Abele
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Ancora, grazie Abe! Già, quei dannati demoni…
Ciao!
*L’immagine non titolata, si titola, Ave. Un saluto salace, irresolubilmente disciolto nel riparatore abbrevio di avenue.
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Grazie a te, come sempre.
abele
aggiungo il titolo…
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Giorgio e l’Arte sono amanti.L’uno sostanzia,l’altro sostiene.L’uno canta,l’altro piange.L’uno è colore,sfumatura,impressione.L’altro è materia,scalpello,sudore.L’uno è parola,l’altro è pietra.Abbracci e calci.Veleno e Miele.Amore e dolore. Giorgio e l’arte sono amanti,un legame indissolubile come quello corpo-anima.Giorgio e l’Arte,amanti delle alchimìe dei sensi,nell’occhio viola della percezione.E’ necessario aver dimenticato tutto ciò che si era visto e letto prima,perchè tutto ciò sarà inutile,vecchio e morto difronte alle opere di Giorgio.Non servirà cercare aggettivi per qualificare le sue opere,poichè lui sarà già altrove,già oltre…A far l’amore con l’Arte,a fare a pugni con lei.
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Angelica mi ha rubato una parte del pensiero, o forse non si tratta di rubare ma semplicemente giorgio e la sua arte raccontano questo.
Tutto elevato alla n; passione, amore, dolore, rabbia.
Osservando le sue creazioni o leggendo le sue poesie (ma sarebbe meglio chiamarle eruzioni) non si può restare indifferenti. alcune si amano, profondamente, altre si odiano, altrettanto profondamente. Questo è. Senza sconti, abbellimenti gratuiti o facili piaggerie. Io ovviamente lo adoro, perchè è l’esatto contrario di me, ma da qualche parte, troviamo sempre un punto di incontro, e l’incontro sta nella sua anima, che è un posto bellissimo.
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“…credo che nella sua essenza, l’Arte sia una nostra proiezione del “bello assoluto”, per mezzo della quale tutti – nessuno escluso – ci ritroviamo inconsciamente assoggettati, adattandone al nostro personale retaggio emotivo, estetico e culturale, i reali riscontri più o meno rilevanti che dall’Arte stessa ci pervengono, suggerendoci di sostanziare il riapproprio del nostro sostrato “lirico”, ciononostante cristallizzato in ogni essere umano.”
Ho scritto in risposta ad una domanda che mi veniva posta:
” Scrivo per vedere attraverso la mia cecità un mondo che è proiezione. Scrivo per cogliere dov’è il centro di proiezione, in quale relazione si trova con ciò che vede e si trasforma in una proiezione, sempre soggettiva, e se si può trasformare in una relazione biunivoca, tra oggetto os-servato e immagine proiettata dal centro di proiezione, ed è possibile porre tale immagine,o meglio tale relazione, sullo stesso piano di altre proiezioni per omo-logia. Se il testo poetico contiene o no un messaggio,vista la soggettività della proiezione, dipende dal lettore che lo affronta, non semplice-mente dal testo che è luogo della proiezione di una relazione.”
A quanto pare la distanza avvicina! ferni
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George è un capogiro che fa giro e non ha un capo.
Bombarda con un b 42 gli avamposti del nemico
con un enola gay così infantilmente feroce
e ferocemente infantile
che quel bimbo che ha lì accanto
(una specie di suo supervisore)
ne rimane incantato
e gli passa interi tubetti di colore
(alchimie e alchisue)
e non riesce nemmeno a fare “Oh….!”
Vorrei scrivere molto di lui
essendo uno dei miei personaggi preferiti
in molti fumetti che intravedo nella logosfera
(tra le nebbie internettiche ).
George emerge spalmando i suoi gialli nel giallo
e i viola in ciocche
tra le dune del corpo delle sue donne nodose
annoda tutte le lettere dei suoi colori
e si cala dalle rupe “tapina”
un secondo prima di essere divorato
da una baccante di passaggio
buon per lui
che della commestibilità dei suoi quadri
ne ha fatto
un veleno
(ma dolce).
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Potente. Oltre il post-moderno e la pop-art.
PVita
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nn conosco ma artista direi interessante e da seguire, opere che sanno ben comunicare spazi di vera intelligenza, i miei complimenti
r.m.
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Davvero notevolissime, soprattutto in riguardo alla linea tradizionale che sintetizza e innova!!!!
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E’ un’arte che mi arriva come un getto di colore degli espressionisti astratti americani che arriva sulla faccia, però ha anche il gusto della lavorazione dei dettagli.
Ha la forza di un’art brut coniugata alla leggerezza del ricamo, e alla complessità dei colori terziari, quaternari , di alchimia e così via.
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La ricerca sul colore e sul segno sono sempre feconde nell’ arte visiva: non ci si può fermare a ciò che è stato raggiunto per quanto “sublime”. Ci sarà sempre un’ avanguardia per chi la cerca.
Un saluto,
Rosaria
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Grande arte quella di Giorgio, arte intelligente, lontana dal tradizionale sfumato.
La ricerca, alchemica o di qualsiasi altra natura, lo rende ancora più artista perché
è proprio nei tentativi di evoluzione che ogni artista o poeta s’ingigantisce e Giorgio Brunelli ne è una prova.
Sebastiano
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Incisivo come Cellini nella parola e nel segno , artista ed artigiano nel senso ampio del termine , irrequietamente creativo come lo sono solo gli artisti , senza romanticismi ma spinti da un vuoto assoluto che li circonda e pervade , spinti a riempirlo senza mai saziarlo , fluido senza durezze con la mente e il colore e la forma netta e diluita che oltrepassa i confini della materia .
Totalmente privo della retorica , e della mondanita di troppi artisti contemporanei
Inquieta Arte come da tempo non ne vedevo..
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UN UOMO CHE HA FATTO DELL’ELEGANZA DEL SUO ANIMO LA RAFFINATEZZA NELLE SUE CREAZIONI. UN GIORNO TI INCONTRAI………RICORDI? ERA UNA MERAVIGLIOSA MATTINA D’INVERNO……..AL TUO FIANCO V’ERA UNA GIOVANE MODELLA……….TI HO SEMPRE CONSIDERATO UN GRANDE ARTISTA, UN GRANDE CREATORE……COMPLICATO ECCENTRICO MA NELLO STESSO MOMENTO ETERNAMENTE INNAMORATO DEL BELLO, PERFEZIONISTA…..
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