Pasquale Vitagliano: Giovanni Nuscis, La parola e lo spessore

 

 

Da Monografie di Poeti Contemporanei, Giovanni Nuscis, La parola e lo spessore, I quaderni di Poiein, Puntoacapo, 2010

 

 

 

Tutto torna/ nella gabbia sfondata del tempo/ lineare, senza preveggenza.// Occhi di corvo trapassano/ il gelo dei millenni.// Piedi affondano senza radicare/ su terra che muta e non cambia. La poesia di Giovanni Nuscis, prima ancora che civile, è un poesia etica, in quanto intensamente tesa a ri-stabilire un rapporto diretto e più autentico tra l’individuo e la dimensione deontica dell’esistenza umana. Più che scandagliare il contesto che lega ciascun uomo ad un comunità civile determinata, vengono portati alla luce – con la pazienza e il rigore dello scavo archeologico – le fonti originarie dell’agire umano, la libertà e la necessità, il tempo e lo spazio. Come una mosca puntare/ al chiarore che giunge dai vetri/ infilata tra tenda e finestra/ in attesa che s’apra,/ o d’una pietra/ di un becco impazzito/ per il volo magari/ tardivo di un metro.

E’ una poesia che mette al centro il senso. Scrive Gianmario Lucini, “credo che la scelta di questo modo di scrivere abbia una sua ragione nella ricerca di una verità (…), nel senso che la poesia deve trovare in se stessa la forza di proporsi/imporsi come situazione poetica , come poesia in sé a prescindere dal linguaggio e prima del linguaggio”. Ed Antonio Fiori, “leggendo queste poesie mi pare di intuire che l’autore proprio non ha alcun interesse per l’aspetto della fonoprosodia. (…) A me sembra che la sua ricerca, molto attenta sul versante del senso, chieda al verso la decenza prosodica con sobrietà, senza impegnarsi nel ricercare effetti particolari (…)”. Ti scopri in uno specchio/ lontano come dalla luna.// Un brivido quegli occhi che s’incrociano/ dalle tribune precarie di due corpi:/ una più dell’altra.// Un corpo tracciato da solchi/ dove la vita s’imbotra/ e scoppia il cuore,/ bengala nella notte;/ l’altro senza tempo/ che si ribella, guarda severo/ s’allontana.

Il titolo della monografia, La parola e lo spessore, pubblicata da Puntoacapo, ne I quaderni di Poiein, e curata da Gianmario Lucini, rende bene la lettura che si è voluta dare di questa opera poetica. La poesia di Nuscis è fatta di parole “riflessive” che ricercano significati, si interrogano sul senso, acquisendo in questo modo lo “spessore” di una visione inedita del mondo. Che violenza garbata siede/ ora su troni di parole,/ che animale impalpabile e concreto:/ grasso della nostra carne peggiore.// (…) Uomo comune/ pasoliniano mostro a cui/ senza più occhi strizzi l’occhio. Questa poetica viene scomposta lungo le tre raccolte edite, Il tempo invisibile, In terza persona e La parola data, per essere, in conclusione, ricondotte ad unità con l’inedita Transiti.

Le poesie di questa piccola silloge segnalano un passaggio, intimo e collettivo. Il mondo privato sembra ritirarsi, schermirsi dietro e dentro la luce di un lume nel buio, mentre la storia trasmette un senso di caduta. Sdegno e disincanto definiscono una cesura, che annuncia il transito verso nuovi mondi, nuovi significati, tutti ancora da definire. Siamo di fronte, lo si sente materialmente, ad un punto di frontiera nella vita e nella poetica di Giovanni Nuscis. Pieno di incognite, eppure gravido di possibilità. Il giallo del tuo cuore/ è la tosse del vicino che ti espelle;// dal buio dietro le persiane/ i suoi occhi ti rotolano dentro/ quando passi serbando le parole/ oscure della tua gioia dolente.

Eppure lo stile non è secondario nella poesia di Nuscis. L’estetica dialoga con l’etica senza alcun cedimento alla retorica o all’enfasi. Nella sua formazione, la poesia di ferma a metà strada tra la parola e il verso della tradizione novecentesca. Ma non si tratta di incertezza stilistica. Al contrario, siamo di fronte ad una poesia “nascente”, che si colloca sulla soglia tra passato e inedite possibilità future. Senza alcuna velleità, i versi di Nuscis hanno uno spessore essenziale che rimanda alle esili ma taglienti figure in transito di Alberto Giacometti. Come gatti sul muro/ del millennio. Saltare/ avanti o indietro/ o stare in bilico tra/ un futuro indefinito. La parola di Nuscis, ha scritto Fabrizio Centofanti, è quella del “poeta lacerato e redento dal futuro che ti scava senza fare sconti, senza mentire, rivelando lo spessore di una storia e, Dio lo voglia, di ogni storia”. Non fughe dalla radice/ le primavere che passano/ senza arrivare, d’estate/ le foglie tossiscono il fumo/ di un corpo mai nato.// Fame siamo/ e briciole che restano del pasto.

Al di là di ogni considerazione critica, per me resta la forza materna delle parole di Nuscis. I suoi versi, piantati nella tradizione ma alti al cielo come alberi, sono compiuti come sassi o grani, da portarsi in tasca. Un sasso nell’una, un grano nell’altra. Come in una sua magnifica poesia. Vivremo nella fede scanzonata/ del giorno dopo giorno/ mai troppo leggeri:/ la morte in una tasca/ la vita nell’altra. Lo sguardo oltre lo specchio.

 

Pasquale Vitagliano


13 risposte a "Pasquale Vitagliano: Giovanni Nuscis, La parola e lo spessore"

  1. Grazie a Pasquale per questa sua lettura di un autore, Giovanni Nuscis, “necessario” di questi tempi. Ho avuto modo di leggere un altro quaderno di Poiein, che presenterò tra poco, e mi ha colpito la cura e l’ampiezza dell’apparato critico che accompagna i testi.
    Abele

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  2. Poesia paradigmatica ormai, quella di Giovanni Nuscis. Quando leggo e quando scrivo sempre più spesso ad essa mi rapporto per confrontare rigore stilistico, efficacia del grido civile, respiro e ritmo del verso….

    Grazie a Pasquale e Abele per la lettura e la proposta

    Un caro saluto a tutti
    Antonio

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  3. Ringrazio di cuore Pasquale per le parole positive dedicate al Quaderno e a Transiti; e grazie ad Abele, per l’ospitalità, e a Cristina e ad Antonio.
    A tutti un affettuoso saluto.
    Giovanni

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  4. “la morte in una tasca/la vita nell’altra”: solo questo verso varrebbe la lettura. Complimenti a Nuscis e un saluto amichevole a Abele.

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  5. Apprezzo molto questa recensione ed anche i versi proposti. Mi incuriosisce la definizione di poesia “nascente” che Pasquale usa per questa scrittura dell’impegno: la trovo molto propositiva e densa di orizzonti da per-correre. La parola che si fa tran-sito è quanto di più appropriato in poesia: toglie stabilità, ma apre varchi d’intorno.

    Grazie per questa proposta,

    Rosaria

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  6. Mi è piaciuta molto la recensione di Pasquale Vitagliano del libro di Giovanni Nuscis. Nella sua analisi dei testi, oltre che della forza linguistica presente nelle poesie, parla della dimensione etica ed umana che le caratterizza, e di quanto la parola poetica può (far) riflettere sul significato e sul senso da attribuirle. Trovo che dalle poesie dell’autore traspare un lirismo (in)tensivo e al tempo stesso una scrittura epigrammatica che proietta la realtà nei versi in un luogo che pare negare il concetto di spazio, in un percorso di esclusione-concilazione col mondo. E che i pensieri e i significati si realizzano e si proiettano nella poesia senza bloccarla, ma trasportandola quasi magicamente dentro e fuori dall’illusorietà del verso.

    Grazie a Pasquale per questa lettura e ad Abele per averla proposta.
    Monica

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  7. Grazie, Fiorella, Rosaria, Vincenzo, Api e Monica per i vostri commenti sull’ottima nota di Pasquale e sulla mia poesia.
    Un caro saluto a tutti.
    Giovanni

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  8. Quanto mai veritiera la presentazione di Pasquale Vitagliano a “La parola e lo spessore” di Giovanni Nuscis, poesia nella quale etica ed estetica dialogano,con efficacia non comune. Ringrazio Abele Longo per questa duplice proposta e saluto Pasquale e Giovanni.

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Scrivi una risposta a cristina bove Cancella risposta