Romeo Raja: La luna passa a caso

Romeo Raja

*

Romeo Raja è un poeta che non si definisce tale. Anzi, più esattamente, è un poeta che non si definisce. Se in tanti si fregiano di fare poesia, lui invece, poeta lo è nonostante tutto. Nonostante se stesso, forse. Così, è intento a vivere la propria poesia piuttosto che a definirla.

“Non regalare un nome alle cose solo perché ti serve un nome, lasciagli il tempo, di diventare” scrive, appunto, sul suo status di Facebook. Ed è invero proprio Facebook il taccuino privilegiato su cui annota i suoi versi. Versi rarefatti, allo stesso tempo icastici, di solito sospesi in un delicato e non facile equilibrio tra brevità e significatività, che sembrano costituire un vivo omaggio a ciò che è vero ed essenziale.

“Scelgo sempre la via più leggera con le parole. Secondo me la leggerezza libera il verso lasciandolo più alla portata di tutti, nel senso che si sveste un po’ dell’autore e rimane un vestito che si può indossare per chiunque. Non ci sono mai troppi e nemmeno pochi aggettivi che caratterizzano quello sguardo dandogli una direzione precisa”, mi spiega egli stesso e io non posso che concordare, rilevando come a tale lievità di stile, corrisponda altrettanta densità di contenuti.

Il suo è, infatti, uno sguardo molto personale, impegnato, lucido ed umano, capace di delineare istantanee che condensano il senso della vita con estrema sincerità e disincantata consapevolezza. Partendo da semplici allitterazioni o da particolari sfumati, scava in profondità nella linearità, dando voce a tutti quei dettagli per i quali non esistono parole note, talora persino dando un nome preciso alle cose senza nominarle. Il tutto sfociando in finali che destabilizzano e rimangono aperti anche dopo la lettura.

Si resta coinvolti dal costante invito che i suoi versi ci rivolgono: a trovarvi ognuno un proprio significato, a osservare ogni particolare e da prospettive diverse, a fermare l’attimo e, anche di questo, a distinguerne un prima e un dopo. E si resta affascinati dal suo personalissimo modo di considerare il “vuoto”, sia nel suo concetto assoluto di mancanza, sia nella sua concretezza spaziale, allo stesso modo in cui, in architettura, lo si considera un elemento che ha lo stesso peso del “pieno”.

Quanto ho descritto fin qui non corrisponde soltanto al mio pensiero, ma è praticamente un sunto dei numerosi commenti che le sue liriche hanno ricevuto. Il che fa riflettere, ancora una volta, su quanto i blog, i social network e tutti i nuovi strumenti del comunicare, stiano contribuendo a far nascere sempre più nuovi linguaggi e nuove forme espressive in ambito letterario. Neobar, in questo senso, ne è un validissimo esempio.

“Una poesia è quello che vedi tu. La poesia è stata fartelo vedere”. Sì, è proprio così. Grazie di cuore, Romeo.

 Paola Puzzo Sagrado

*

“ zero pollici ”

La prima nebbia scese piano

senza prepotenza

quasi gentile

 

offuscando

appena

le cose.

Il tempo di abituarsi

ed eravamo ciechi.

*

Casa mia

C’è un lampione giallo sotto casa mia

giallo diventa tutto quello che ci passa sotto.

Quando tu mi chiedi cos’è la malinconia

Penso a quel lampione

alla sua luce triste.

 *

malincomio

non passano gli anni
sulle cose che s’ho 

troppo poche, imprecise, bugiarde
l’ora è la stessa da sempre
l’ora delle poesie 

lasciarsi su un foglio, morirsi.
Hanno lo stesso tempo:
fino a quando. 

la luna passa a caso
un orizzonte che non stai guardando
un altro foglio.

*

il nome delle cose

E’ se parli con una sigaretta

la solitudine

la porta che si apre

e dentro un buio

solo di spie accese che dovresti spegnere

ma dopo

non sembrerà nemmeno che ci sei stato

due euro in una bolletta

per dirti che sei vivo.

*

Senza la mia voce

Forse hai ragione tu
e questo tempo ruba coraggio alle emozioni
mi guardi e cosa vedi
oltre a quello che sono, che lascio, che muovo
quali ricordi ho scritto sulla fronte
che non sono miei
che cosa ho detto senza la mia voce. 

Camminiamo sulle nostre scie
nella paura d’un passo nuovo
senza sapere che non stiamo più lasciando orme.

 *

centodiecinovantauno

Datemi centanni perché ho rubato
E dieci datene anche al mio nome
novanta meno per avere pensato
si potesse credere e dire amore.

Nomi ne ho tanti
uno può restare.

 *

senzapunteggiatura

 

cento facce

mille facce

troppe facce

come fai a essere felice

vorrei fermarti e chiedertelo

cosa sai che non so

dove vai

tu che non sai le poesie non impararle mai

sono vuoti che qualcosa ha già riempito

troppo tardi

troppo poco

e non sorride

*

Venticinque

Mio nonno aveva un fazzoletto al collo
rosso
appeso al
cuore. 

Cuore
se vuoi capire

Rosso
per sprecare.

*

la classe Operaia E’ in paradiso

Adesso non cercarci
nel basso delle schede
ci hai messo sopra un tetto
ora
per poterci vedere
devi guardare in cielo

stronzo.

*

Troppo facile

Pensavi ci volesse tanto coraggio per uccidere
e lui moriva
moriva e guardava il suo assassino con pietà
tu credevi con paura
anche.
Guardava noi come uomini coraggiosi
noi fermi immobili
che dobbiamo dimenticare
adesso
per sopravvivere.

*

cancelLove

 

Sai cosa c’è

c’è  che adesso ho paura

e forse anche prima ma

prima c’era il tempo

un tempo che non sapevi

e un tempo finito, che imbrogliavi dimenticandolo.

Adesso è finito e ho paura

il tempo

senza vederlo ti cammina di fianco, sulla pelle, nelle tasche

quello che imbrogliavi ora ti riconosce e ti guarda

e tu sai cosa vede.

Guarda,   vedi un pagliaccio

ma io lo so cosa c’è sotto

o cosa non c’è

come si  disegna un sorriso mentre piangi

e come si piange per un sorriso

come si tengono le parole nel cuore

mentre si cancellano dai fogli.

 *

Scrivomito

Ho scritto la fine di tutte le cose

che comincio al mattino

e finisco

al mattino

La sera rientro solo per dimenticare

se non ci riesco

metto un dito in gola.

Sanno d’amaro e buio

le parole tristi che scrivo.

 *

parallelogramo

 

il cielo ora è sereno ma  non sono il cielo

o forse  non questo.

Quello nuvoloso e incerto d’acqua e colore

a cui devi uno sguardo più severo

-Guarda di là è tutto nero

ma forse arriverà un soffio di vento.

Capovolgilo un giorno che c’è nebbia

prova a camminarci dentro

dove non vedi

prova a rimanere in piedi.

– Guarda, non si vede niente.

Guarda

non si vede niente.

 *

Pre.sepe

 

Un bicchiere di vino rosso

che non sa neppure che guardandoci  attraverso

diventa tutto di quel colore:

Chissà cos’era.

Chissà cos’è.

Ora si tocca.

Tarda, come ricordarsi le preghiere quando hai paura

perchè quando hai paura preghi

cerchi di pregare.

Cerchi una voce. E questa è tua ,si. Ma una voce.

Ora non sei più sordo

ora che lo vorresti – non – sei – più. Sordo

Sei quelle voci

in quelle preghiere

la notte di Natale.

 


27 risposte a "Romeo Raja: La luna passa a caso"

  1. Freschezza e autenticità in queste poesie, scivolano leggere eppure rimangono dentro, fanno sentire meno l’inquietudine di esistere. “Secondo me la leggerezza libera il verso lasciandolo più alla portata di tutti, nel senso che si sveste un po’ dell’autore e rimane un vestito che si può indossare per chiunque”: condivido pienamente questa visione, ritengo che la leggerezza (ciò che resta dopo essersi spogliati dell’io) sia un atto di generosità e di pulizia.
    Grazie. Ciao

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  2. Conosco Romeo Raja, già da diverso tempo e confermo la stima che ho della sua poesia – intima sintesi che mi prende, e meraviglia, ogni volta – di freschezza e autenticità, come dice anche il commento sopra il mio.
    Grazie a Romeo e ad Abele di questo post – che mi aggiustato un bel po’, la domenica.
    Un abbraccio a tutti

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  3. Scrittura interessante che conduce a riflettere sul senso dei giorni un pò scontati che viviamo: in fondo è lo sguardo del poeta che accende tutto di una luce diversa!

    Auguri!

    Rosaria Di Donato

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  4. Francesca sono contento per la tua domenica e anche perchè la stima è reciproca in quel senso che allarga a un ” tutti “, ogni cosa passi con il nome di poesia. Grazie davvero di cuore.
    Rosaria, hai ragione, il cielo dei poeti è lo stesso nostro cielo e, a volte lo stesso nostro cielo, può sembrare più bello.
    Grazie e auguri anche a te.

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  5. Bello leggere questa scrittura che sa di cose che vanno, che fanno testacoda, che si colorano e poi si sbiancano, che suonano e si “silenziano”. La poesia sta nella poesia che crediamo non abbia questo nome: la mancanza di un nome è libertà di averne più di uno. Complimenti, Romeo.
    Un saluto.

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  6. Ho trovato fin superba la sua ‘arrogante’ modestia che m’è balzata all’occhio; sincera e basta. Ottimi i portmanteau linguisticamente ben compenetrati, quasi come fossero stati impiegati a destabilizzare nella loro contemporaneità, una poesia ‘vecchia’ e malinconica che odora di fado.

    Complimenti, Romeo.
    g

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  7. Guardo anch’io cosa può sembrare o assomigliare scrivere così, essendo molto più superficiale che modesto, credo che d’istinto tralascio tutto concentrandomi sulla mira e sul bersaglio, eliminando tutta la parte di tempo che occorre per preparare il tiro e lo spazio di volo del tiro stesso. C’è tanta musica dentro si. Grazie Vincenzo e g. per la vostra lettura e commento.

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  8. Complimenti Romeo. Davvero belle tutte. Stupende le parole di Paola che ti descrivono e ti caratterizzano al pubblico per un primo incontro al meglio. Sono rimasto particolamente colpito dal verso/aforisma: “Non regalare un nome alle cose solo perché ti serve un nome, lasciagli il tempo, di diventare”. Lo colgo come un invito, oltre che per la vita, anche per leggere i tuoi versi. Un invito a farli propri, a soffermarsi su ogni espressione per capire e capirsi.

    Ciao a te e a Paola, a cui vanno i miei complimenti per questa presentazione. 🙂

    Fernando

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  9. Grazie Franca e grazie Fernando, il tuo commento mi dà l’opportunità di ringraziare Paola, non sapevo dove e quando farlo, ma neppure adesso so molto bene, come. Forse solo così: Grazie Paola per tutto quello che hai ascoltato così bene dentro e fuori le parole, che non sono nulla senza un ascolto.
    Grazie anche a Abele che mi ha ospitato e cura questo spazio così diverso da tutto lo spazio che ci circonda.
    di cuore. Romeo.

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  10. Il tempo, e quindi la vita, scandita come da un metronomo, i battiti di un orologio, evocata nell’essenzialità della forma. Non il tentativo, solito e vano di chi scrive, di fermare il tempo; ma quella consapevolezza (umorismo/disincanto/malinconia) di chi sa che il tempo è una partita persa:
    l’ora è la stessa da sempre
    l’ora delle poesie
    lasciarsi su un foglio, morirsi.

    Piaciute molto, Romeo. Di nuovo grazie a te e a Paola.
    Abele

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  11. Grazie Villa Dominica e grazie Abele, avete preso lo sguardo e il bisogno di queste poesie e, senza nessuna ipocrisia sento di dirvi, che gli avete regalato quello di cui hanno bisogno, il vostro ascolto prezioso. Davvero di cuore.

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  12. Grazie a Paola per la bella presentazione di quest’autore che non conoscevo e che trovo perfettamente dentro i suoi versi quando scrive:

    ““Scelgo sempre la via più leggera con le parole. Secondo me la leggerezza libera il verso lasciandolo più alla portata di tutti, nel senso che si sveste un po’ dell’autore e rimane un vestito che si può indossare per chiunque.”

    perfetto!

    un caro saluto

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  13. Grazie Margherita, è vero la presentazione di Paola è bellissima, l’ho riletta 100 volte ma quello che trovo straordinario è la scelta delle poesie, certe vanno via chissà dove e certe invece te le porti addosso. Grazie per l’autore. ;O)

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  14. Sono molto grata ad Abele per avermi dato la possibilità di presentare le istantanee poetiche di Romeo e sono altrettanto grata a Romeo per essere stato disposto a lasciare un po’ di sé e a morirsi anche su questo foglio virtuale, nonché per avermi praticamente dato carta bianca, lasciandomi così libera di condividere con i sempre sensibili e attenti frequentatori di Neobar, i suoi miei versi preferiti e tutto, tutto il mio apprezzamento. Sono contenta e non poco onorata di aver potuto contribuire, nel mio piccolo, alla buona riuscita di questa pagina e mi ha fatto moltissimo piacere leggere i commenti di chi, come me, si è lasciato toccare dal lirismo così particolare dei versi di Romeo. Sono io, quindi, a ringraziarvi tutti e con tutto il cuore. Grazie!

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  15. “Non regalare un nome alle cose solo perché ti serve un nome, lasciagli il tempo, di diventare”…

    e io l’ho fatto con le tue poesie Romeo, ho avuto bisogno di tempo per riuscire a capire da dove chiamassero; chiamano sommesse da un sottotono che si mantiene noncurante di un dolore che altrimenti griderebbe troppo forte (e lui non vuole), vigile e misurato eppure disposto a lasciarsi scorrere di “lentezza” indefinibile, di senso libero dal guinzaglio, che si sparpaglia in cerchi larghi come segni sul lago di un modo di guardare alle cose contemplativo, capace di scovare ovunque il paradosso, o il lato buffo di ogni cosa, anche la più severa. Sono poesie da gustare piano, capaci di espandersi dentro, come un respiro senza tempo.

    Un grazie per avere dato carta bianca a Paola, capace di vincere sul tuo “perderti le cose “, e di regalarci questa bella sequenza di testi, uniti a una presentazione sensibile e attenta. Bravi !!

    Doris

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