6 risposte a "Girolamo Mario Gullace – Più su dei cocci rossi"
Il mio benvenuto a Girolamo Mario Gullace e grazie a Doris per la proposta. Una bella scoperta per me. Mi piace molto il lavoro sulla parola , l’andamento di prosa e la musicalita’, a costruire una narrativa sospesa sul filo della memoria.
Abele
Anche da parte mia il benvenuto a Girolamo Mario Gullace. Sette testi con un filo conduttore a unirli in viaggio circolare dove si toccano latitudini e longitudini quotidiane dell’animo; l’orientamento (e il suo contrario), il tempo e lo spazio, il loro rapporto, tutto -avviene- in un contesto che sa farsi voce plurale di un’identità capace di critica sociale e rilevamento del dettaglio umano (tra scorci sofferti, luminosi e nostalgici).
si grazie Doris, per queste letture freschissime nell’apparenza e giocate davvero bene nella misura e musicalità, in quel lasciarsi dall’io e abbraccio a un più vasto panorama.
Bellissima sorpresa, piacevole sorpresa.
romeo
Una buona poesia, così materica, che attraversa i luoghi della quotidianità e ne raccoglie gli oggetti che via via incontra, questi umanizzati e assemblati vengono trasformati in pensieri.
grazie per i commenti benevoli e positivi.
due parole su come penso, e, quindi, su come e cosa scrivo molto spesso. siamo intimamente legati al mondo, siamo quell’io-mondo, dove il trattino, rappresenta il cordone ombelicale, tagliato alla nascita, ma che continua ad esserci, come l’arto fantasma. siamo la natura, e stiamo nella comprensione del senso delle cose perchè siamo fatti del linguaggio che ci parla, che parliamo.
la spina dorsale dell’acqua
regge la pianura
il suo letto elettrifica
lampioni case filatoi carceri.
la sua corsa giù per i pendii
è l’affanno delle branchie
il mormorare degli argini.
il lessico la semantica la prosodia
dell’acqua
che non sa di parlare mondi liquidi
e muove le rotelle delle macchine
e fa le cose intraprendenti
dei suoi figli partoriti
tra i canneti di paludi arcaiche.
la grande ragnatela brilla argento
ancora,
poi, tra poco,
le sue rughe ghermiranno,
come artigli adunchi.
“chiedi alla polvere” le fonti
il senso della strada nell’ora
che si spegneranno.
“Chiedi alla polvere” il senso di lettura del macrocosmo, che tange l’anima perche’ fatto di polvere. Microcosmo di vite- le nostre – che vanno oltre la c-oltre epidermica, oltre il nostro perimetro fisico, per immergersi se si vuole, attraverso gli occhi nell’animo delle anime prossime a noi. Grazie. Lastregablu.
Il mio benvenuto a Girolamo Mario Gullace e grazie a Doris per la proposta. Una bella scoperta per me. Mi piace molto il lavoro sulla parola , l’andamento di prosa e la musicalita’, a costruire una narrativa sospesa sul filo della memoria.
Abele
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Anche da parte mia il benvenuto a Girolamo Mario Gullace. Sette testi con un filo conduttore a unirli in viaggio circolare dove si toccano latitudini e longitudini quotidiane dell’animo; l’orientamento (e il suo contrario), il tempo e lo spazio, il loro rapporto, tutto -avviene- in un contesto che sa farsi voce plurale di un’identità capace di critica sociale e rilevamento del dettaglio umano (tra scorci sofferti, luminosi e nostalgici).
Doris
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si grazie Doris, per queste letture freschissime nell’apparenza e giocate davvero bene nella misura e musicalità, in quel lasciarsi dall’io e abbraccio a un più vasto panorama.
Bellissima sorpresa, piacevole sorpresa.
romeo
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Una buona poesia, così materica, che attraversa i luoghi della quotidianità e ne raccoglie gli oggetti che via via incontra, questi umanizzati e assemblati vengono trasformati in pensieri.
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grazie per i commenti benevoli e positivi.
due parole su come penso, e, quindi, su come e cosa scrivo molto spesso. siamo intimamente legati al mondo, siamo quell’io-mondo, dove il trattino, rappresenta il cordone ombelicale, tagliato alla nascita, ma che continua ad esserci, come l’arto fantasma. siamo la natura, e stiamo nella comprensione del senso delle cose perchè siamo fatti del linguaggio che ci parla, che parliamo.
la spina dorsale dell’acqua
regge la pianura
il suo letto elettrifica
lampioni case filatoi carceri.
la sua corsa giù per i pendii
è l’affanno delle branchie
il mormorare degli argini.
il lessico la semantica la prosodia
dell’acqua
che non sa di parlare mondi liquidi
e muove le rotelle delle macchine
e fa le cose intraprendenti
dei suoi figli partoriti
tra i canneti di paludi arcaiche.
la grande ragnatela brilla argento
ancora,
poi, tra poco,
le sue rughe ghermiranno,
come artigli adunchi.
“chiedi alla polvere” le fonti
il senso della strada nell’ora
che si spegneranno.
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“Chiedi alla polvere” il senso di lettura del macrocosmo, che tange l’anima perche’ fatto di polvere. Microcosmo di vite- le nostre – che vanno oltre la c-oltre epidermica, oltre il nostro perimetro fisico, per immergersi se si vuole, attraverso gli occhi nell’animo delle anime prossime a noi. Grazie. Lastregablu.
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