Emilia Barbato – Capogatto

Estratto dalla prefazione di Elio Grasso: Il rigore di un assedio

Diverse ragioni, e diversi intenti, tutti terrestri, fanno parte della struttura di questo libro, se dovessimo intenderci di questioni assolutamente vitali. Che in termini di poesia siamo ben desti anche se l’accordo è raro alquanto. Ma Capogatto ha per sé gran parte degli strumenti (e delle controversie) che concernono lo scrivere versi, e anche qualcosa di più. Sulle prime, non è difficile ritrovare le forme novecentesche della “confidenza”, là dove ogni parola argomenta se stessa lasciando sospese le cause che l’hanno prodotta. Una certa grazia è requisito necessario, ma ogni tanto deve apparire un lampo simile a scarica elettrica.  […] Barbato stringe senza sosta l’emozione, le impedisce di alterare l’assetto della propria poesia: questa deve mantenersi orientata verso il faccia a faccia con il lettore. Poiché non si cerca assoluzione, cosa che nessun buon poeta dovrebbe fare. Non è possibile indagare per quali vicoli e anfratti Emilia sia giunta fino a quest’abbondanza di tormento creativo, e a dire il vero quel che importa è il risultato che legittima lo strano mondo di fertile scrittura. Se qualcosa si compie qui, è l’addentare la realtà umana a pieni morsi, anche quando non si tratta di polpa farinosa. Farlo pagina dopo pagina, senza esporre un pur minimo accadimento personale è qualcosa di inedito, tralascia l’attuale mitografia dell’ego e non fruga nei privati faldoni giornalieri, a tutto vantaggio della lingua e di quanto chiamiamo sostanza poetica. Un atteggiamento che allarga la profonda mania del poeta, facendola diventare esperienza umana, per gli umani dei villaggi, e capace di ampliare le facoltà percettive. Il “rigore di un assedio”, per Emilia Barbato, è legarsi alla propria lingua per poi lanciarla verso le porte prospicienti le strade. Per questo un discorso persuasivo spesso arriva a destinazione, se pur con avventata decisione. L’intero Capogatto può dare l’impressione di un piccolo impero psichico. Ma al suo interno, i lacci e le propaggini si muovono replicandosi senza sosta, spingendo sogni a diventare modelli, arditamente evoluti per il mondo degli uomini e delle donne.


Quel modo di essere luoghi

Quello che dovremmo recuperare con cautela
è il nostro modo di essere luoghi,
di raccoglierci e languire riflettendo l’aggressiva
decadenza delle cose, delle case, dei muri,
il progressivo franare dei margini delle strade,
dovremmo ammettere di contenere
la popolazione stanca di una baia
e il fastidio della sua aria salmastra, la noia
dei rami, capire di essere la riva dove si ripetono
le acque tristi e la terra, la solitudine
del bastione di Spa House che resta nell’incuria
e nel romanzo di quell’uomo che amava soltanto i bambini.

Un piccolo terremoto, un nido

Vedi, fatti bulbo,
contieni
luce e immagini, mondi,
un piccolo terremoto, un nido.
Fatti minutissima,
una viola,
racchiudi risonanze, il timbro
intenso del silenzio.

Natura illegittima di una poesia

Ogni minuzia si fa innaturale,
la sera entra a passi regolari
e occupa il suo posto,
riprendo la mia conta clandestina.
*
barcolli inerme,
restandomi negli occhi,
sei la materia che conosco
da tacere.
*
tutto è illogico, la corsia,
l’ago nella vena, lo scibile razionale
dei dottori che non si pronuncia
tenendoti in osservazione.
*
è un’allucinazione dolorosa
la mia distanza, l’inutilità
di questo scriverti la natura
illegittima di una poesia.

in centro

E se ombrosa e piccola giro
tra guglie e vetrine, se accordo
le sassaiole dei tacchi,
i passanti e i ritmi,
l’asfalto mi attira e trema
e la città colpisce con la mano
di un miserabile, un vuoto,
lì, dove ipotizzavo
dita tra i capelli e un fiato
per le nostre bocche,
pervade l’odore
di ferro metropolitano.

simurgh

Un ramo eterno
come posatoio
Simurgh dove
annullare l’instabile,
il tuo necessario
fuoco per liberare
i semi, le specie selvatiche,
l’idioma indecifrabile
della mia passione,
il rombo della tempesta
e dentro il suo silenzio,
l’antica via dei canti.

trotter

Sull’asfalto dell’area
agricola riconvertita
crescono filari
di pallidi mattini,
le rogge chiare scorrono,
immutabili come il tempo
che ha visto compiere
la ferrovia e se
nel bacino della sua manodopera
la misura degli eventi fulmina,
tra il tiglio selvatico, l’olmo
l’ailanto e l’ippocastano,
tutto è uguale,
sempre accolgono le pause
del volo tra i tetti dei rondoni,
sempre, i labili gridolini dei bambini.

.

Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971. Laureata in Economia ha pubblicato le raccolte di poesia Geografie di un Orlo (CSA Editrice, 2011), Memoriali Bianchi (EdizioniSmasher, 2014), diverse antologie con Fusibilialibri, Ursini, Aletti, Fondazione Mario Luzi Editore e  Capogatto  (Puntoacapo Editrice, 2016)

*

Elio Grasso (Genova, 1951), poeta, critico e traduttore, ha pubblicato le seguenti raccolte: Avvicinamenti (Salerno, Ripostes, 1983), L’angelo delle distanza (Modena, Edizioni del Laboratorio, 1990), Nel soffio della terra (Genova, Guardamagna, 1993), La prima cenere / Conservatori del mare. Poesia e prosa (Modena, Edizioni del Laboratorio, 1994), La soglia a te nota (Bologna, Book Editore, 1997), L’acqua del tempo (Caramanica, 2001), Tre capitoli di fedeltà (Udine, Campanotto, 2004). Tra le plaquettes: Acque territoriali (North, 1977), Trauma delle forme (Nuovo ruolo, 1981), Teoria del volo (Campanotto, 1982), Sulla stella (Ripostes, 1985), L’alleanza della neve (Laghi di Plitvice, 1996), Un mattino da esodo (Dialogo Libri, 2001). Della sua opera di traduttore e curatore ricordiamo: Four Quartets di T.S. Eliot (Bari, Palomar, 2000), Un solido nulla, passi scelti dallo Zibaldone di G. Leopardi (Genova, Pirella, 1992).

 

 


4 risposte a "Emilia Barbato – Capogatto"

  1. Bella l’intuizione di farsi luogo o bulbo, uno spazio nicchia ecologica pieno di vita, che mantiene una corrispondenza biunivoca con il resto del mondo, e per questo può essere mobile e a casa ovunque.

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