
SA SCAFA
“Tua mamma fa la puttana.” Così dissi a quello che sarebbe diventato il mio migliore amico tra i sei e i dodici anni.
Allora, le finestre dove abitavo donànta in sa bìa strìnta, avevo cinque anni e nei is bàscius, era arrivata a bìvi una nuova famiglia.
Avevo la fronte appoggiata a sa ringhèra e spuràmmu sa mia beriràri, con innocente atrocità tenendomi forte alle sbarre del balcone, verità che de sicùru avevo captato in casa.
Lui sìndi torrò aìntru de dòmu e riuscì fuori con la madre, signora Lina, dèu pùru mìndi sèu fuìu dentro casa mentre s’intendìri su nòmini di mamma zerrìài e lei con la sua solita cortesia che si affaccia.
“Buongiorno, signora Lina, ìta è suzzèrio?…”
Non ricordo la mortificazione di mia madre, ma mi rimbomba ancora òi su zèrriu chi m’àri donàu.
Con Pinetto, su fìllu de signora Lina, ci siamo poi ritrovati a scuola, in prima elementare in sa pròpia clàssi, e de inzàsa siamo diventati amicùsu pò sa pèddi.
Mia mamma non ci ha mai imposto amicizie o impedito de frequentài persone, io passavo is dìsi con Pinetto in giro e spesso andàmu a dòmu sua.
A casa sua, però, frequentavano anche altre amiche e amici della mamma di Pinetto, e si naràra che fossero colleghe de trabàllu. Le amiche di signora Lina, bestiànta a sa moda e fiànta sèmpri in minigonna. Ricordo di avere visto le prime minigonne in camoscio sfrangiàrasa, con l’apertura davanti e le lisce cosce, a casa di Pinetto e di Lorella mi fèmmu innamoràu, con quel suo trucco forte e i capelli sempre ben pettonàusu.
Dopo qualche tempo, mia madre iàra cumentzàu a mettere qualche paletto, anche perché mi portavano in giro, al mare e io non mancàmmu mai, con Pinetto avevamo giài sbertìu ùnu sàccu mànnu de gènti.
Un giorno stava passando un ragazzo di fronte al bar della piazzetta, vicino a Santa Croce, con Pinetto che gli si piazza davanti dèu du pàrtu alle spalle, portandolo a terra e tralascio il resto. Il bar fiàra prènu di gente che stava arrescinàta lì tutto il giorno, buffèndi bìnu nièddu e birra. Ricordo ancora, che per quell’azione siànta pùru cumbiràu su gelàu.
“Venite qui, lollò, tròppu togùsu, pùru a sà coàtta! Pigaisì un bel gelato.”
I miei mi avevano proibito di andare in macchina con gli amici della mamma di Pinetto, però ci andàmmu su pròpiu, e ricordo che una sera, tornando dal mare, andavano sotto il ponte de Sa Scàfa, e già lì mia madre mi avrebbe dato una bella sùrra e còrpusu, arrivati in Piazza Yenne, chiesi all’amico di tutte quelle donne, di fermare la macchina, che dovevo passare a prendere delle cose e sarei salito in Castello a piedi. Avevo il terrore che i miei potevano vedermi calèndindi da quella macchina, che tantissimi anni dopo scoprii che fiàra la stessa che aveva Pasolini.



Di questo frammento Maurizio ci dice: ‘un po’ il mio “mamma Roma” che ho conosciuto e frequentato da bambino che mi ha fatto capire che a tutti il cuore batte allo stesso e le aritmie sono a volte dove non ti aspetti.’
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Belle anche le sue foto.
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Ciao, grazie.
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L’ha ribloggato su ilcollomozzoe ha commentato:
Di questo frammento Maurizio ci dice: ‘un po’ il mio “mamma Roma” che ho conosciuto e frequentato da bambino che mi ha fatto capire che a tutti il cuore batte allo stesso modo e le aritmie sono a volte dove non ti aspetti.’
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