Paola Musa: Epifanie

Kazimir Malevich – party.

EPIFANIE

Di epifanie ne ho conosciute,
e tutte per logica sostanza
colpirono inattese,
come a mezza strada,
con fulminee sagome di sé
sfreccianti tra una curva scoscesa
e un semaforo rotto,
dissolte ancor prima
di disvelare un senso.
Arde anche questa
nel suo tempo breve
coi suoi fuochi fatui
nell’occhio impreparato,
e come nasce, dà commiato
alla vita che l’assedia.
Cogliersi è come strappare una radice,
è sapere di non poter fiorire
più in quel punto e in quell’istante,
precipitando nella brillante chiarezza
che già scolora, adombra, e ammutolisce.


3 risposte a "Paola Musa: Epifanie"

  1. poesia ispirata, un flusso di coscienza dotato d’una musicalità avvolgente. potente l’idea che comunque e in ogni caso, qualsiasi “rivelazione” circa il vero significato della vita o delle cose si dissolva “ancor prima / di disvelare un senso”. eh, mi verrebbe da chiosare che forse proprio l’assenza di un senso è la rivelazione colta (mmm… ficcante doppio senso), o meglio, il nostro pasto nudo, ma questa è un’altra storia. la lirica, per contro, direi che sembra porre l’accento sulla natura quasi *assassina* della rivelazione, nel duplice significato di morte come inevitabile compimento della vita, ma anche di scoperta che mummifica (cristallizza) il fertile terreno della penombra e del dubbio, assai più stimolante/avvincente da un punto di vista narrativo. e visto che, come scrisse Eduardo Galeano “gli scienziati dicono che siamo fatti di atomi ma un uccellino mi ha detto che siamo fatti di storie”, lasciamo che il velo di Maya conceda la maggiore libertà possibile alla fantasia: come diceva mio padre al cenone di Natale di fronte alla famiglia riunita “non tutto il male vien per suocere”.
    : )

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  2. volevo aggiungere a margine della poesia, una nota critica circa un dettaglio dell’immagine in incipit (il quadro di Malevich “alta società col cappello”, o qualcosa del genere) che spesso passa inosservato “nell’occhio impreparato”: in alto, c’è un omino bianco di spalle che fa pipì, uno sberleffo artistico politicamente scorretto che che rende – a mio modo di sentire – adorabile il dipinto.

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