“Andare per salti”, Annamaria Ferramosca. Nota di lettura di Franca Alaimo

Annamaria Ferramosca, Andare per salti, Introduzione di Caterina Davinio, Arcipelago Itaca 2017, Premio Arcipelago Itaca 2016, pp.80, € 13,00.

Nota di lettura di Franca Alaimo

La scrittura poetica di Annamaria Ferramosca, così limpida e intensa, si muove fra due poli estremi: la complessa (e per molti aspetti irredimibile) realtà odierna e lo slancio di un intimo nucleo di innocenza e gioia, che trova la sua ‘figura’ nella piccola e luminosa Nicole, a cui il libro è dedicato.

L’autrice tenta di armonizzare l’una e l’altro attraverso la libertà del canto con i suoi “salti” dal materiale all’immateriale lungo la traiettoria sonora delle parole “inturcinate”.

In altra sostanza, per non perdersi nello squilibrio e non naufragare nel malessere dei drammi più che ‘disumani’ della storia passata e contemporanea (dalla Shoah  alla morte di migliaia di extracomunitari affogati nel Mediterraneo), la Ferramosca sente il bisogno di porre al centro della sua prospettiva un processo di trasfigurazione, evitando la nuda rappresentazione dei suoi ‘oggetti’, che, invece, consegna al lettore già poeticamente ‘pensati’, assimilabili ad uno stato d’animo illimpidito, in cui il risentimento etico sia stato già filtrato attraverso il labor estetico.

Allo stesso modo la poeta opera nei riguardi della dimensione privata, così che, spesso, gesti quotidiani, incontri, paesaggi urbani ed extra-urbani si trasformano in epifanie, convertendo la loro precarietà in resistenza attraverso e dentro la parola.

C’è anche, talvolta, il salto di un distacco contemplativo, che, proiettando la pietas sul piano dell’universalità del sentimento e aprendo lo sguardo a tutte le creature e a tutti gli aspetti della vita con una sorta di divina imperturbabile accettazione, finisce con l’approdare alla visione.

Accade allora che la Ferramosca si spinga oltre, fin nei territori del mito, del sogno, e perfino in quelli della dimensione oltre la vita; e che gli interstizi, le crepe fra le cose reali e le cose immaginate, fra quotidianità e Assoluto, gli incanti della Natura  e gli orrori della Storia, vengano superati da una serie di  salti logico-verbali, quest’ultimi, però, solo apparentemente incongrui, essendo connaturati all’a-razionalità del sistema poesia.

All’interno della libertà versificatoria perfino il pensiero del nulla non ha alcuna sostanza inquietante, ché, pur restando insoluti l’enigma e il mistero struggente di ogni cosa, tuttavia la poesia appare ancora capace di farsi tramite, comunicazione profonda tra l’io e l’altro: la Ferramosca ricorre, spesso, al ‘tu’, a proposito del quale Caterina Davinio (autrice della prefazione di Andare per salti ) così scrive: «Questo multisfaccettato interlocutore con cui l’autrice si confronta, che chiama alla solidarietà con il poeta, alla vicinanza che accomuna tutti gli uomini, forse suo alter ego retorico, emerge compiutamente nella poesia».

Come sottolinea ancora la Davinio, la silloge Andare per salti della Ferramosca si impone all’attenzione anche per l’uso di un linguaggio misto che serve a dare colore e calore agli oggetti del canto, così come  per la presenza di figure e immagini classiche e nuovi miti della contemporaneità, che lasciano nel lettore l’impressione di un legame  vivissimo fra classicità e modernità, fecondo di ulteriori sviluppi.

Bellissima la definizione che Ivano Mugnaini ha dato di Andare per salti: «Annamaria Ferramosca in questo suo libro ha scritto un sobrio addolorato e gioioso inno alla vita. Insieme ad un ascolto dell’effimero che siamo”.
Franca Alaimo

Annamaria Ferramosca 

Andare per salti -Introduzione di Caterina Davinio, Arcipelago Itaca 2017

 

dalla sezione PER SALTI

 

esterno con pioggia   interno con acquario

 

è l’ora delle prove distratte di attraversamento
senza attenzione a strisce pedonali
zigzag sul bagnato senza ombrello
senza documenti né borsa né portafoglio

schizzo via dalla giunglamercato
obliquando rallento prendo fiato
rispondo alla domanda muta
del venditore ambulante
– è da un po’ che mi fissa perplesso –
sai la fine mi tiene d’occhio e voglio
andare senza direzione
come un bambino fare splash nelle pozzanghere
se vuoi se hai tempo   appena
il tiglio smette di gocciolare
ti racconto una stupida vita
come stupisce come istupidisce

sai non si vede   non si vede nessuno
nessuno è reale   piove sempre
nella pioggia sbavano i segni
ma le pagine   accidenti   quelle sono
insperate di bellezza
disperante bellezza irraggiungibile
poi i lampi i lampi
dall’oltre indecifrabili   martellano le tempie

e l’umano   l’umano nausea   fa barcollare
ma non mi arrendo
calpesto limiti recinti codici
e non mi perdono    ché anch’io sono umana

così mi lascio vivere
un vivere piccolo semplice che almeno
un po’faccia coesione
un rimpicciolirmi come
di seme tra i semi

ora che mostro viso e braccia aperte
e sento intorno accendersi le voci
più libero il pianto più intense le carezze
apro armadi nel petto e
vado per salti
dimentico zaino zavorra
virgole punti de-finizioni
tanto so che l’altrove
mi tiene d’occhio e

dorme la mia bambina delle meraviglie
ancora irrubata dal mondo
intatta nel suo pianeta
cosa devo farci io con questo spudorato pianeta
cosa devo farci con il terribile che infuria
con le solite frasi il solito sgomento
con quella spes ultima illusione
cosa devo farci pure con la poesia

tanto so che la nave
sta trascinando al largo
nel muto acquario dove ci ritroviamo
come all’origine   nudi
finalmente originali    miseramente
splendidi nel nulla

*

                                           a Nicole del mattino

bello vederti bere l’aria
mentre salti sul mondo
s’accendono le arance
ti svegliano ti svelano
una terra d’incanti di festa
senza ombre né memoria

ammutolisco sulle frasi che lanci
verso la mia disfatta geometria
mi indichi il segno del silenzio
io tua piccola alunna tu maestra
mi metti seduta spossessata di storia
sotto l’arco del tuo tempo abbagliante

vedo con le pupille lunari dei gatti
torcersi i meridiani unirsi i continenti
sotto i tuoi passi di conchiglia
brillano nel tuo mare
isole che non raggiungo
*

dalla sezione PER TUMULTI

 

taràn

tu non lo sai ma questa tua danzaturbine

ha parole paradossali d’invito ‘nturcinate

entra – mi stai dicendo – nel labirinto

ti lego il filo al polso   sarà

luce sui meandri   dal tetto aperto

t’investiranno vortici di cielo e

lu focu de artetica ti mostrerà

raggiante di geometria

tu non lo sai ma nel seguire ipnotico

lu caminatu tou  nel tempo retrocedo

fino al caos delle origini   non ho forma

mi vedo grumo felice di energia distratta

da costellazioni vaganti   senza nome

l’approdo    sarà altro labirinto ancora

ancora altri corpi danzanti

altra  inquietudine

 

nota:

taràn è termine arcaico messapico, il cui senso è moto circolare (danza misterica legata al mito del labirinto come ricerca del sé ancestrale, svelamento d’essere pura energia, del ritorno incessante al caos primordiale)

‘nturcinate: in dialetto salentino sta per “aggrovigliate”; lu focu de artetica: il fuoco del movimento convulso; lu caminatu tou: le tue movenze nel camminare

dalla sezione PER SPAZI INACCESSIBILI

 

etilità

molto vino è corso sotto i ponti
e il vaso davvero si è colmato
questa volta non posso  brindare    indosso
il mio enolico rosso
come un rabbioso vessillo   così

 
datemi vino sì, datemi vino
                      ma  ipnotico doc
ché  la rabbia deflagra
pure in risa convulse   
davanti all’homo sapiens
homo?  forse ancora per poco
ché humus e humour non più abbondano
sul sapiens vi sono seri dubbi
forse più consono insipiens  
o più esclusivo inquinans 
che poi annega  nelle sue discariche
sul capo la voragine d’ozono —

Datemi vino sì, datemi vino
                        nepente doc
ché voglio dimenticare
l’homo trivellans  sì   quello
della marea nera del golfo
mi  tremano le mani
forse uno tsunami
già prepara vendetta   farlo nero
come quei gabbiani così ben spalmati
di bitume   fossili già da vivi
 
datemi  vino sì, datemi  vino
nerissimo doc
ché vorrei accecarmi
mi  tremano le palpebre
sgomita l’homo tecnologicus
nella spirale d’iperproduzione
senza fine    la fine
da ogm   supertecnologia   putonio?
 
datemi vino sì, datemi vino
                                 euforico doc
ché voglio ridere
ah l’homo telephonicus
pure auricolatus, che parla parla
ostenta  privacy  urlando
parla soltanto   mai s’interroga
sul futuro dei figli dei nipoti
ah l’homo multimediaticus
che s’agita tra ipod  ipad
mi saltano i padiglioni
eustachio va in pezzi con le trombe
 
datemi vino sì, stavolta a bombe
ché scoppio di risa per quest’homo illusus
di vivere solo muovendo
le pupille sul monitor   sul mouse le dita
datemi vino sì, datemi vino
                            lacrima doc
ché ora davvero piango
per l’homo ipercomunicans     solo
sempre più solo    solo
sotto una luna ubriaca


2 risposte a "“Andare per salti”, Annamaria Ferramosca. Nota di lettura di Franca Alaimo"

  1. Mi ritrovo in pieno nella nota di Franca Alaimo che, secondo me, coglie gli elementi e i temi che più caratterizzano la nuova raccolta di Annamaria Ferramosca. All’interno di una poetica cristallina e dal grande respiro, la vicenda personale si misura con il destino dell’umanità stessa e segue un percorso che parte dalle proprie radici – il Salento mitico messapico di taràn – per interrogarsi su un presente che puntualmente appare frantumato in un vuoto desolante. L’autrice trova ispirazione (la musicalità giocosa del verso) nella grande figura della piccola nipote, Nicole, a cui il libro è dedicato. E così la nonna, che fa un po’ da angelo custode, saltella anche lei e ritrova coraggio (e l’umano l’umano nausea fa barcollare / ma non mi arrendo), offrendo alla nipote e alle nuove generazioni un viatico prezioso, l’invito a saper guardare alla vita e a cercarne la bellezza.

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  2. Questo sentirmi così profondamente compresa, come ci conoscessimo da sempre – un’intensa gioia di cui ti ringrazio, cara Franca – e grazie anche a te, amico Abele, per l’adesione a queste mie pagine. che hai percorso, da sincero amico e pure da fratello salentino, rivelandone i fuochi centrali.
    Il mio saluto caro a tutto il Neobar,
    Annamaria

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