Il disagio della tecnologia 2

Il disagio della tecnologia 2

La realtà è un’allucinazione
causata dal pensiero.
(nanoforisma n° 24)

Andrea siede di sbieco su un tag cloud e tira rapide boccate d’aria a labbra aperte, visibilmente sofferente.
Aida Dire, famosa youtuber del canale “Ehi tu, cos’Aida Dire?”, guarda in camera e inizia l’intervista.
– In apparenza, Andrea sembra un normale adolescente: va a scuola, si masturba su Iuporn, segue il calcio, lotta contro i brufoli e ascolta tecno su Spotifai. Ma c’è una differenza: facciamocela raccontare da lui!
Il ragazzo torce le dita, sospira e dà voce al suo disagio.
– Sono un avatar con milioni di follower…
Aida, con scenica scelta di tempo, riprende la parola.
– Andrea, all’anagrafe Andrea Perotti, ha un’identità transvirtuale: è Marco.net, un nick di Féisbu, Tuìte, Istagrà e Uotsà!!
La telecamera zooma sul ragazzo: pallido e cantonato, avvolto in un hashtag a forma di maglietta rossa senza un filo di retweet, pare un bimbo vittima di violenze. L’intervistatrice prosegue il suo galoppo di parole.
– Andrea fa parte del popolo in transito: persone che non si riconoscono nell’immagine allo specchio.
Pausa a effetto. Poi la domanda a bruciapelo.
– Come hai fatto a capire di essere un nick?
– Mi sono sempre sentito diverso – risponde con voce tremula, sebbene corretta al Fotoshò – entravo al supermercato, al cinema, e tra me e me pensavo: perché non ricevo l’ovazione che merito? Poi un giorno ho capito: sono un nick.
– Che lavoro fai?
– Sono un ingegnere informatico, mi occupo di internet marketing…
– Sei sposato?
– Sì, con la top model ucraina Leila Scöperey. Ho una bellissima figlia di tre anni, ti mostro la foto…

*

Stacco d’inquadratura.
– No che non lavora! Ha sedici anni, va a scuola e basta! – protesta la madre – un giorno mi fa, chiamami Marco, Marco.net. Gli dico: e chi sarebbe? E lui: sono io.
– Lei lo vede come un ingegnere informatico con milioni di follower?
– Certo che no: mica lo è! Cazzo, anche a me piacerebbe svegliarmi e dire “ciao a tutti, sono Candice Swanepoel”… ma non lo sono!
La signora mordicchia i guanti in gomma gialla e ricomincia a lavare i piatti, ingobbita, nella cucina di un anonimo ristorante.

*

– … e ho pure un cane: si chiama Bau Drillard – prosegue Andrea.
– Quando hai scoperto che qualcosa non andava?
– Avevo 11 anni, mi sentivo fuori posto – dice titillandosi l’account – così iniziai a passare sempre più tempo sui social network: Féisbu, Istagrà, Tùmble, Tuìte, Uotsà… ricordo che lessi un breve racconto su un blog che mi cambiò la vita, https://copylefteratura.wordpress.com/2017/06/01/il-disagio-della-tecnologia – gli occhi traboccano cristalli liquidi – è stata davvero dura: la mia famiglia ancora mi rifiuta, io cerco di chattare con loro, li taggo, provo a socializzare, ma niente. Ho cercato di omologarmi in ogni modo, di nascondermi, di fare l’Andrea, ma non ero vero, ero una maschera. Ero depresso, fuori dal coro, disconnesso…
– Ti sei fatto un’idea sul perché non ti capiscano? – lo incalza Aida.
– Non capiscono che l’identità è qualcosa di inventato. Sono cresciuti pieni di stereotipi, di etichette, sono migranti digitali… io… io non sono così, sono fatto di pensiero liquido, sono un tutt’uno: testa e corpo! Quando ho capito di essere transvirtuale ho smesso di distinguere soggetto e oggetto: quando chi sei è tanto lontano dall’immagine che dai, tutto diventa distorto. A quel punto, la chirurgia è l’unica salvezza, ti fa essere fuori quello che sei dentro, crea un’armonia, integra i due elementi, li riunisce in uno solo.
Troppo astruso. Aida, sempre attenta all’audience, tira le redini del caso umano.
– Aiutaci a capire, come esprimi la tua identità?
– Per strada non proietto l’ombra. Poi mi faccio selfie in un certo modo, posto foto, articoli, commenti, compro su ebay, gioco giorno e notte a Call of Duty e a World of Warcraft, guardo Alberico su Iutùb, cambio l’immagine del mio profilo sopra il letto. Vivo il tempo come un istante e moltiplico lo spazio. Sto facendo una dieta per diventare *transparente*…
– Come immagini la tua vita futura?
– Mi piace immaginare che dopo l’intervento in strada mi riconosceranno tutti: hey, ma quello è Marco.net! Dovrò girare col carretto per portarmi dietro i like…
– Dicevi che manca poco all’intervento…
– Già, ho lanciato una raccolta fondi su Ceinge.org: presto avrò abbastanza soldi per operarmi e completare la transizione.
Andrea è assorto. Sprofonda in un log-in di silenzio, mette le mani sotto le cosce e poi tira a sé un morbido peluche di Oggy, quello degli scarafaggi.
– Negli ultimi anni – chiosa Aida guardando dritta in macchina – il Cazzerbaigian, col suo servizio sanitario tecnologicamente all’avanguardia, è diventato la capitale mondiale del cambio di realtà. Andrea, come migliaia di altri transvirtuali, si affida al bisturi del professor Riko Mincio d’Azero.

*

Stacco d’inquadratura.
– Professore, è sicuro che Andrea cambierà completamente aspetto grazie alla sua procedura sperimentale, che diverrà in tutto e per tutto Marco.net?
– La procedura d’inversione transvirtuale è ampiamente testata ed efficace al 100% – precisa l’uomo in camice bianco – l’intervento chirurgico renderà tecnicamente impossibile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. Magari poi, l’aspetto di Andrea sarà parecchio… strano, ma garantisco che sarà in tutto e per tutto Marco.net.

*

Ultimo cambio d’inquadratura. Voce fuori campo: “Ma finché Andrea non avrà completato la sua transizione fisica, ogni giorno dovrà combattere contro derisioni e discriminazioni…”
– E’ terribile, sai… quando cammini per strada e il vicino di casa ti fa un cenno, come a dire “ciao bello, sei uno di noi”. Dopo un po’ mi sono arreso. Non cerco più di convincerli che sono Marco.net. La strada da fare è ancora tanta, ma sono certo che le cose miglioreranno, non voglio morirmi dentro…
– Vorresti dire qualcosa agli altri transvirtuali in ascolto che magari stanno vivendo la tua stessa situazione?
– Siate voi stessi, a tutti i costi – due lacrime bidimensionali colano dall’occhio destro, poi si riscuote e aggiunge quasi urlando – l’uomo usa la realtà per ingannare se stesso!! Io… io sono il vostro Marco.net!


7 risposte a "Il disagio della tecnologia 2"

  1. Pirandelliano, direi 🙂 l’identità …metatestuale.. autoriflessivo… l’opera nell’opera (galeotto fu il ‘il disagio della tecnologia 1’ , bel tocco!)… la risata amara, infine, che di tragedia si tratta e non possiamo non provare pena per tutti gli andrea/marco.net esangui ed emaciati di questo mondo e per quello che è in noi. Degno del grigentino questo passaggio: “Non capiscono che l’identità è qualcosa di inventato. Sono cresciuti pieni di stereotipi, di etichette, sono migranti digitali… io… io non sono così, sono fatto di pensiero liquido, sono un tutt’uno: testa e corpo! Quando ho capito di essere transvirtuale ho smesso di distinguere soggetto e oggetto: quando chi sei è tanto lontano dall’immagine che dai, tutto diventa distorto. A quel punto, la chirurgia è l’unica salvezza, ti fa essere fuori quello che sei dentro, crea un’armonia, integra i due elementi, li riunisce in uno solo.”
    Bella lettura, “necessaria” direi. Sperano ne seguano altri (tanti marco.net che si moltiplicano?)! Thanks!!!

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  2. eh, hai ragione Abele. in fondo – Vico docet – siamo condannati a ripeterci: per quanto il palcoscenico, lo sfondo e il periodo storico siano diversi, in scena vanno sempre gli esseri umani… Pirandello è un filosofo, oltre che un grande narratore.
    però.
    però a volte ho la sensazione che esistano dei pericolosi elementi di novità. ad esempio, se nel mio piccolo mi guardo intorno e allo specchio, vedo riflessi onani e bidimensionali anche dove in teoria non dovrebbero esserci. e la consapevolezza che più uno strumento è complesso, più agisce in modo da plasmare il funzionamento del nostro cervello, m’ingenera non poco smarrimento: in pratica salta la classica distinzione dicotomica tra soggetto e oggetto, tra attivo e passivo, tra fine e strumento…
    sì, insomma, se da un lato internet e i social network sono diventati ciò che sono perché vengono incontro a bisogni del cervello umano, dall’altro affermano una realtà virtuale così articolata e pervasiva da diventare *soggetti attivi* nel sovrascrivere/ridefinire realtà, abitudini e bisogni del nostro cervello. e siccome qualsiasi realtà sufficientemente collettiva è indistinguibile dalla finzione, in giro stanno accadendo cose davvero molto strane. ad esempio, nessuno (a meno che non lo sobillino le ONG di Soros) scende più in piazza o occupa scuole e università, neppure se in 10 anni in un paese viene distrutta più ricchezza di quanta ne era distrutta durante la seconda guerra mondiale: meglio condividere un selfie incazzato. ad esempio, decine e decine di scrittori coi controcazzi, che erano in grado di scrivere racconti forti, spiazzanti, coraggiosi, passano il tempo a postare frasette aforismatiche su facebook e a racimolare centinaia di “mi piace”. ad esempio, il dissenso politico viene calmierato mediante partiti virtuali come il M5S o En Marche, oppure lanciando un nuovo iPhone, o anche invadendo gli spazi “pubblicitari” di Féisbùk. ad esempio, twitter ha largamente contribuito alla trasformazione del dibattito argomentato in scontro tra battute a effetto. ad esempio, ragazzi e giovani genitori invece di parlarsi passano ore ad accarezzare il touchscreen del loro cellulare (non è infrequente vedere 4 persone a tavola al ristorante, 2 genitori e 2 figli, che non si calcolano minimamente perché tutte e 4 smanettano con lo smartphone).
    boh.
    vedi? alla faccia dei miei “però” il cerchio si è chiuso e in pratica – Marx docet – non dico comunque nulla di nuovo quando affermo che internet e i social network sono l’oppio dei popoli…

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  3. Letto e approvato. Così ironicamente, filosoficamente, sociologicamente aderente ai tempi attuali. Insomma, nulla mente, la mente riflette. Ho letto anche l’interessante commento e approfondimento della’autore. Che altro dire? Fori campo e dentro ogni inquadratura, Malos sa far ri_flettere.

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  4. Mi sono venuti i brividi. Mio dio come stiamo. E stiamo proprio così! Riguardo agli scrittori feisbuk e cinguettìo, purtroppo case editrici che una volta pubblicavano Pavese e Calvino, ora, a partire dai “mi piace”, creano casi editoriali. Che poi portano nelle scuole. Che poi spacciano per cultura. Grazie Malos ❤

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  5. @Dorinda: grazie di aver letto e commentato. in effetti, in tempi in cui i sindacati sono diventati mediatori culturali di flessibilità, ri_flettere un minimo potrebbe consentirci di scostarci anche solo di qualche grado dai perigliosissimi 90 gradi : )))

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  6. @roberta de luca: in effetti, come diceva zio Kurt, si ride amaro e a denti stretti per esorcizzare una realtà scomoda, che d’altro canto potrà soltanto peggiorare poiché i nativi digitali dominano l’etere mentre i migranti digitali sono una specie in via di estinzione. figurati che la settimana scorsa, al supermercato, ho visto un incidente tra due tipe che mentre smartphonavano, hanno fatto un frontale nella corsia della frutta e verdura. non mi stupirei se nei prossimi anni le assicurazioni si buttassero anche in questo florido ramo di mercato : )))

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