27 ore per la libertà. Radio Libera Partinico
“A vegliare a Partinico stanotte e’ la coscienza dell’Italia, una coscienza che e’ per cosi’ poca parte rappresentata dalla classe dirigente, e che e’ amaro privilegio dei poveri”.
(Italo Calvino)
È il 25 marzo 1970, ore 19.00; un flauto suona il segnale dell’S.O.S.; una voce irrompe all’improvviso. Inizia così l’avventura pioneristica della prima radio libera italiana, la radio clandestina della Nuova Resistenza, Radio Libera Partinico. L’esordio è già una denuncia senza preamboli: nella valle del Belice si sta consumando un delitto di stato. L’intera popolazione della Sicilia occidentale è abbandonata a se stessa in condizioni inaccettabili per un paese civile. In tanti vivono ancora nelle baracche invivibili e precarie del post terremoto e i tanti miliardi spesi in ricoveri di fortuna non sono stati utilizzati, come sarebbe stato logico, per costruire case, ospedali, scuole. Radio Libera Partinico, voluta da Danilo Dolci, realizza per la prima volta in Italia il diritto all’espressione “con ogni mezzo di diffusione” sancito dall’articolo 21 della Costituzione, e rompe di fatto il monopolio di stato. È la radio dei poveri cristi che trasforma l’ascoltatore in fornitore e consente ai figli di nessuno di svolgere un ruolo da protagonisti del proprio destino:
“Non mi sorprenderei
quando i poveri cristi si decidono
a montare una radio per sentirsi
e per farsi sentire – una radio
anche piccola
come in montagna per la resistenza
oppure a Praga -,
non mi sorprenderei se corazzate,
elicotteri vispi si lanciassero
cercando di afferrarla e denunciarla
‘per avere tentato di turbare
l’ordine pubblico’”.
(da Il Limone lunare. Poema per la radio dei poveri cristi)
La radio, dal forte carattere militante, dalle inchieste scottanti, scomode, eretiche, viene spenta e sequestrata dopo appena 27 ore di trasmissione, per fortuna senza conseguenze giudiziarie per i promotori, a parte una denuncia per violazione della legge sulle comunicazioni. L’esperimento di Dolci è rivoluzionario. Esso dà voce a chi non aveva altra possibilità di comunicare la propria condizione, rovescia il rapporto tra tecnologia e potere, povero e ricco, basso e alto, mette la tecnologia della comunicazione al servizio del bene comune. L’incipit affidato alle note del flauto, come pure la messa in onda del poema Il limone lunare accompagnato da musiche di Alessandro Scarlatti, dimostrano ancora una volta l’importanza della musica nel suo percorso, e il suo valore etico, in un quadro generale in cui ogni tassello ha una sua coerenza col tutto. Marco Tullio Giordana, regista de “I cento passi” in un’intervista dichiarerà che se non avesse girato il film su Peppino Impastato, l’avrebbe girato su Danilo Dolci. In effetti l’esperienza di “Radio Aut” segue idealmente quella di Radio Libera Partinico, a sette anni di distanza.
27 ore, solo 27 ore, che rimarranno scolpite nella storia di questo Paese.
Continua il nostro lavoro sull’opera di Danilo Dolci. Grazie a Roberta per aver ricordato questo evento davvero epocale, molto più importante di quanto le sole 27 ore di trasmissione possano far pensare. Evento che era stato preannunciato dando la possibilità a molti, e non solo in Italia, di ascoltare i programmi.Cosa ne sarebbe stato se non fosse stata chiusa? Dolci vedeva nella radio libera la possibilità per la gente di farsi sentire, incontro di voci che vengono “dal basso”, confronto capace di incidere sugli altri, presa di coscienza e conseguente mobilitazione.
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Grazie a te Abele. Danilo Dolci, un antesignano che merita di essere riscoperto in tutte le sue sfaccettature.
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davvero un grande. ringrazio Abele e Roberta che con generosa ostinazione danno corpo a questa preziosa opera di recupero storico e *culturale*. c’è da chiosare, amaramente, che con la scomparsa delle sinistre su scala europea (se non mondiale) e con l’avvento dell’internazionalismo liberista a blindare la dittatura neocoloniale dei grandi capitali, voci come quelle di Danilo Dolci sono sempre più rare e più flebili.
chi potrei citare oggi? forse Sergio Cesaratto, che comunque non possiede neanche l’1% della capacità tipica di Danilo Dolci di saper passare dalle parole ai fatti.
addirittura, la mia sensazione è che il sistema abbia operato nei confronti di Danilo Dolci una sorta di “shadow-banning”, cancellandolo dalla storia italiana semplicemente evitando di nominarlo e pertanto di ricordarlo (ah, quanto aveva ragione quel geniaccio iconoclasta di Rodari in “c’era due volte il Barone Lamberto”)…
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Sì Malos, la rimozione è un fenomeno molto italiano. La damnatio memoriae è una delle forme più gravi di condizionamento culturale. Grazie
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Ecco quando i fatti contano davvero e certi esempi fanno capire bene tutto ciò che ci circonda.
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