Si scioglie al sole di un fiore e si ricompone basalto per assorbire le cime dei boschi e farne dono. Così Amina Narimi prende e cede le armi della parola sussurrata e poi scritta, a quel quotidiano che ci vede succubi di una realtà largamente fraintesa e deformata dal disamore, e ci difende e si difende da tutte quelle frivolezze che riempiono di niente il sorriso altrimenti confortante.
Dal suo mondo intriso di fiaba, ma non ingenuo, colmo di quella speranza che ognuno dovrebbe tenere stretta cercando ogni strada per riportarla incanto e desiderio di riscatto, Amina grida i sentimenti e li spinge oltre i sordi rumori del potere, della corruzione e dell’ipocrisia.
Il suo sogno poetico sorge dalle “foreste appena nate” e si propaga attorno al mondo intriso del profumo del bosco vecchio, si tende fino al sale e si bagna d’amore, poi, ci dona l’arco intero della passione attraverso la parola, colta da quella sua anima immensa. Lei, è la sua stessa poesia e sorride… di Sebastiano A. Patanè-Ferro
Un vento favorevole
Là sulla cima qualcuno si addolora.
Se la casa traboccasse di fiori
l’uccello azzurro in lontananza
gonfierebbe nel petto i profumi ?
Mi chiedo se curi ancora i tuoi bachi da seta.
Da noi è nato un nuovo pinocchio,
dalla casa di ogni regalo.
È così commovente-
come la pioggia alla quercia dello stabat
sui pini slanciati, invece, ci faceva sorridere.
L’ho rivestito con i fogli del domenicale,
solo un lembo di stoffa, il tuo rosamacchia,
per l’abbecedario.
Si guarda intorno così stupito,
come se cadesse dalle nuvole
il magenta che mi colora il viso
quando lo accarezzo.
Ha le fontanelle aperte, sai?-
una traccia lieve sotto il cappello
per sentirti arrivare fin qui,
nei due bracci del fiume,
come un ruscello
sopra i frutteti del cuore.
Ci vorrà un vento favorevole
ad asciugare i suoi occhi,
per stare nella luce
che la luce scopre.
*
Un buco è tutto per la luce
Benedetto dall’esistenza, e dal suo peso,
l’oceano pur immenso resta calmo,
tra le infinite madri della terra,
facendo boschi nuovi di ogni onda,
spingendo sulle palpebre le mani
nel luogo più profondo, il più elevato,
per sbucare nei polmoni di un fratello
con l’odore delle lettere del pane.
Dove l’acqua va nel bianco e si ritira
attaccheremo noi al seno la sua voce,
la coveremo come un fuoco, a cielo aperto,
muovendo l’aria, e fosse solo un goccio,
la saliva, è quello che ci serve,
per la limpia tra il sambuco e il falso pepe,
a risalire i pozzi insieme al canto
del più piccolo respiro della polvere –
perché tutto è una ferita,
e un buco è tutto
____________________per la luce.
*
Una foresta appena nata
È solo umano, dici,
separare i vivi e i morti,
solo umano.
Questa la trasformazione?
Imprimersi la terra dolorosa
e divenire quelle api trasparenti
che posano al riparo il latte d’oro
dalla perdita?- La casa e il fontanile,
la baracca per dipingere di babbo,
la cassetta per i merli ai ripostigli della neve-
L’amigdala dei padri è nostro mantello?
Il vaso umano il frutto e il grappolo,
la speranza? Ti ho lasciata andare via
proprio ieri sera, e tu
sei tornata indietro, in una notte,
come quell’amica alla radura
portando in mano doni antichi,
dal di dentro. Sul tuo fiato
trema, la mia mano, più vicina
al piccolo seme ridente-
se il caldo del sole
che avverto in preghiera
è il mite fruscio di ogni radice
il peso dei passi alla fontana,
le piccole ombre ricche di voci.
Ubbidiente al bruno splendore
della tua forza,
al mantello nel vento
della tua lamentazione,
sprofondo,
nell’infinita richiesta di questo silenzio,
e respiro, respiro
come una foresta appena nata.
*
Amina Narimi (Claudia Sogno) si racconta… Concepita all’Isola d’Elba, ho trascorso i primi anni dell’infanzia nella pianura bolognese, una casa modesta circondata da piramidi di alberi uccisi per la grande falegnameria. Ogni pomeriggio andavo da loro, dai tronchi distesi senza vita apparente, da quelli più vecchi e nodosi ai giovanissimi lisci e brillanti, gli ultimi in cima, dove salivo con mio fratello per farli ruzzolare fino a terra insieme a noi. Una relazione con gli alberi_distesi che è continuata andando presto a vivere definitivamente, dall’età di sette anni sulle “montagne” dell’Appennino bolognese, dove i tronchi stavano in piedi, avevano le gambe per terra i capelli in aria. Poi sono giunte le prime letture importanti, gli studi classici , la passione per la storia delle religioni, la lingua ebraica, Rilke, la letteratura russa, e poi l’incontro con Simone Weil e Cristina Campo, con Elemire Zolla e Renè Char, Maurice Blanchot, Pannikar Florenskij, andando via via formandosi la visione di un punto profondissimo in comune a tutte le fedi, di un Unico Dio che noi siamo, che non siamo mai nati che non siamo immortali ma eterni. Ultimavo gli studi classici intraprendendo l’università ad indirizzo giuridico, cercando di unire la legge alla libertà. A ventiquattro anni la mia pancia si è fatta fiorente in attesa di Luca, ma il cielo me lo ha lasciato soltanto il tempo di pochi respiri. Lunghi esercizi e tanta obbedienza, mi hanno fatto salva la vita, permettendomi di strappare al buio la luce, l’invisibile dello splendore… continua qui […]
Sorprendente la poesia di Amina Narimi in questi tempi di solitudine e aridità, di sfiducia e di malcontento! i suoi versi disegnano uno scenario di luce che esalta l’unione, la comunione tra natura e uomo, tra il tempo e il fluire degli eventi che non si perdono in esso, ma si conservano e traspaiono dal passato al presente al futuro; dalla vita alla morte e viceversa. C’è un’armonia nel ritmo e nei contenuti che esalta l’equilibrio, che riconduce alla fusione del particolare al tutto affinché possano illuminarsi vicendevolmente.
Grazie a Sebastiano A. Patanè-Ferro per questa sua lettura e a Doris Emilia Bragagnini per la proposta.
Un saluto,
Rosaria
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Grazie a te, Rosaria, per l’apprezzamento.
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Amina Narimi (Claudia) è tra le più belle poesia della mia vita.
Grazie Doris, e a tutto lo staff di Neobar, per la pubblicazione. Sono contento davvero!
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In queste belle poesie le cose del mondo sono viste con una certa dolcezza materna,
e pervase da una religiosità lieve, ” la quercia dello stabat” e “ la preghiera”.
In sintesi mi sembra che l’occhio poetico scorge nel mondo l’azione di una divinità che è madre, ma soprattutto immanente, e che forse è l’interlocutrice della terza poesia.
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Ringrazio profondamente il profumo della casa che mi ospita, Neobar, il cuore generoso di Doris, e la splendenza delle parole, la vera poesia, di Sebastiano che amo chiamare Samech.
Grazie infinite alle parole luminose di Rosaria e di Giancarlo, la timidezza magenta il mio viso in un’onda di gioia..
Grazie di cuore
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Ha una luce interiore potente, lei – Amina -, e i suoi versi ne raccolgono la scia.
Si legge la dolcezza ma anche la determinazione, quella di non farsi sconfiggere dal buio, ma di rendere anch’esso amico lucente.
Convincente poesia la sua.
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