LA TOPA
caverna oscura
che in grembo femminil natura ha posto
ove dannato all’amorosa arsura
il membro peccator si cuoce arrosto.
Bolle mai sempre
in quella tana impura
di liquefatta pece un fier composto.
Gorgogliano là dentro in rea mistura
fetida bava e sanguinonso mosto.
L’orlo dell’ampia grotta è un taglio immondo
che quanto grande sia non si decide
né Archimede trovò quant’è profondo.
Amor vi gettò l’arco e più nol vide.
L’ancora Tifi e non trovo vi ‘l fondo.
Gettò la clava e la perdette Alcide
Oh va a ripiglialla.(Roberto Benigni da uno dei suoi spettacoli live negli anni ’80)
Lo cinsi con le braccia e con le gambe, aggrappandomi a lui mentre mi perforava, raggiungendo posti dentro di me che non sapevo nemmeno di avere. Suscitava sensazioni così intense che mi misi a urlare e lo strinsi forte mentre il primo orgasmo mi esplodeva dentro.
«Sì, Mia, dài. Mi stringi così bene. Ancora, tesoro.» Wes mi cavalcò per tutta la durata del mio orgasmo, ma ancora non aveva raggiunto il suo. Merda, quell’uomo era uno stallone.
Prima che potessi protestare, mi fece girare e mi sollevò i fianchi. «Hai un culo perfetto.» Mi schiaffeggiò una natica, poi affondò nel calore tra le mie gambe, prima ancora che il bruciore dello schiaffo svanisse. «Oddio, tu sì che ci sai fare» ansimai, lasciandomi cadere sugli avambracci.
Mi prese per la vita e iniziò a pompare a un ritmo incalzante. Sentivo il rumore dei nostri corpi nudi che sbattevano l’uno contro l’altro.
E questa roba vende bene, ma volete una banalità d’autore? Eccola:
Vieni, entra e coglimi
Vieni, entra e coglimi, saggiami provami…
comprimimi discioglimi tormentami…
infiammami programmami rinnovami.
Accelera… rallenta… disorientami.
Cuocimi bollimi addentami… covami.
Poi fondimi e confondimi… spaventami…
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami… ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami…
dissociami divorami… comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra… riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
(Patrizia Valduga, ha dimenticato di inserire il predicato verbale “manomettimi”)
In definitiva, la distinzione tra erotismo, pornografia e banale noia (tra ciò che può urtare o meno la sensibilità di chi legge, o provocare un buon sonno profondo) sta tutta nella mente d’ogni lettore. Una carellata di brani di genere, lascio a Voi il commento.
Invitatemi a trascorrere la notte nella vostra bocca
Raccontatemi la giovinezza dei fiumi
Premete la mia lingua contro il vostro occhio di vetro
Datemi a balia la vostra gamba
E poi dormiamo, fratello di mio fratello,
ché i nostri baci muoiono più veloci della notte. (Joyce Mansour)
*
Il suo alito è aroma di miele ai chiodi di garofano,
La sua bocca, deliziosa come un mango maturo.
Baciare la sua pelle è assaggiare il loto
L’incavo del suo ombelico è un ricettacolo di spezie.
Quali altri piaceri vi si adagino, lo sa la lingua,
Ma non può dirlo. (Srngarakarika, Kumaradadatta, XII secolo d.C.)
*
Le tirai giù le mutande
ma avevo anche una mezza idea
di ritirargliele su
quella tristezza
che ti assale all’improvviso
con quelle persone che dicono
adoro Van Gogh
stavamo con la porta chiusa
nella sua camera cattolica
e lei mugolava
senza che avessi ancora fatto nulla (Alberto Calligaris)
*
Lui le assegna tutte le conformazioni
dell’Europa.
Lei gli offre un’esplosione di pappagalli.
Lui le regala lisci capelli biondi
e una bianca frenesia.
Lei gli dà lana nera. L’oscurità dei suoi frutti gemelli.
Lui le dona uranio, platino, alluminio
e concordia.
Lei le sue “natiche Bantu”.
Lui celebra la spina dorsale sotto la pelle di lei.
Lei canta il suo alabastro e glielo accarezza.
Lui fa come Colombo
Che cade sulle rive intricate del suo frutteto riccio.
Lei gli consegna di nuovo le Indie tutte
ma questa volta chiude le lunghe gambe
piano piano
facendo della testa di lui il trono d’oro del suo impero.
(Grace Nichols “Conformazioni”)
*
Separare il tatto dalle mani
verso un repertorio differente
di esercizi di sottrazione
Toccare solo la tua voce
Poi: solo il tuo odore
Poi: solo la tua luce
Poi:
l’incompiuto in tua presenza
non conoscere
E calzare di nuovo il tatto
per toccare il tuo corpo
per toccare nella tua nudità
là nudità stessa della nudità (Ulalume González De León “Corpo Intero)
*
Celebrazione
Quando ti inginocchi sotto di me
e nelle tue mani
tieni la mia virilità come uno scettro,
Quando avvolgi la lingua
sul gioiello d’ambra
e solleciti la mia benedizione,
Capisco quelle ragazze romane
che danzavano attorno a una verga di pietra
e la baciavano finchè la pietra non era calda.
Inginocchiati, amore, mille metri sotto di me,
che a malapena possa vederti la bocca e le mani
che celebrano il rito,
Inginocchiati finchè non mi rovescio sulle tue spalle
con un rantolo, come quegli dei sul tetto
che Sansone fece crollare. (Leonard Cohen)
*
Il cervo
mi sveglio con la calda lingua di un cervo tra le gambe.
attraverso la porta aperta penetra la piana luce della sera.
il cervo mi punzecchia lievemente i seni leccandoli. lascio
che con la ruvida lingua mi lambisca il sesso,
il petto e il viso, m’inebria il suo profumo,
profumo di terra, di muschio, di fradicio e di paura.
odore d’istinto.
poi mi si sdraia accanto, accanto al mio ventre, da poter
accarezzare i suoi peli setolosi, ha la testa vigile sollevata
e lo sguardo fisso lateralmente, nel bosco.
nell’oscurità risalta il suo nudo pene rosso.
quando il tempo si addensa e tendo il braccio nel buio, sfioro
un corpo maschile. la mia smania d’amore è cocente.
mi ama con naturalezza e da vicino.
nelle mani ha i venti del nord e del sud.
attraverso il suo corpo scorrono i fiumi e si muovono gli oceani.
la bocca è calda e piena come la pioggia estiva,
la stanza è colma di voci terrestri ed extraterrestri.
a volte qualche raggio smarrito della luna gli scopre il volto.
non mi guarda negli occhi come se volesse difendermi da se stesso.
talvolta mi ama con trasporto da non farmi sentire più la gravità.
talvolta la voluttà sgorga dal suo ombelico come una piccola
sorgente limpida, talvolta dal suo interno vomita la lava,
ma non mi ferisce mai.
sempre con immensa attenzione mi posa con il ventre sulla terra,
e quando mi morde il collo e fiuto il suo caldo alito, lo so
che verrò inevitabilmente risparmiata.
ai primi albori nei suoi capelli tasto due cornetti
le setole dalla testa si allargano sulla schiena, fino al coccige.
sul ventre gli spunta la soffice erba animale.
all’alba mi scruta una testa di cervo con occhi ormai appena umani,
con occhi di là del confine.
le sempre più coriacee mani mi accarezzano assenti.
gli cresce una corona.
nel capanno si fa strada la fragranza del mattino e il cervo si alza.
quando esco davanti alla porta, mi guarda in maniera
da spaccarmi in due pezzi sull’istante e bruciarmi.
e mentre ascolto frusciare l’eco dei suoi veloci passi animaleschi,
sento che dalle mie due riarse metà crescono fiori
selvatici. Voglio parlare di te notte.
Monologhi, a cura di Jolka Millič (Multimedia Edizioni, 2013)
*
Mi poserò sul tuo ventre
come una salamandra al sole
che dalla bocca effonde
lieve svaporio di rugiada
Mi poserò sul tuo pube
come una fata morgana
e tutto il fiammato delle stelle
dentro di me carezze a fuoco (Assunta Finiguerra)
***
Siete arrivati/e vivi fin qui? Bene, un vostro contributo è bene accetto.
https://ilcollomozzo.wordpress.com/2013/05/15/volumi/
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Riporto qui di seguito il commento di malos, inizialmente pubblicato in un altro post:
nitida e calzante la distinzione tra erotismo come percorso di conoscenza e la pornografia come ripetizione stereotipata di una meccanica. mi piace l’idea. e hai ragione a sottolineare che la poesia erotica spesso e volentieri scade in volgarità leziosa. forse l’erotismo poggia su un linguaggio molto soggettivo e troppo silenzioso per prestarsi alle parole. chissà. eh, in effetti anche solo il pensiero di “verbalizzare mentalmente” l’eccitazione e l’amplesso mentre li viviamo, scimmiottando la voce fuori campo del Piero Angela di Quark, rischia di risultare etologicamente fridigizzante : )) e d’altro canto sebbene l’immaginario erotico si collochi principalmente nella neocorteccia, esso deve poi “scendere a patti” con strutture cerebrali molto più arcaiche, ovvero la dimensione affettiva/amorosa nel sistema limbico e la dimensione sensoriale/corporea nel cervello rettiliano (strutture che si collocano, evolutivamente, in epoche antecedenti allo sviluppo del linguaggio umano e quindi poco inclini a venire a patti con esso)…
comunque, al di là di vacui sproloqui da neuroscienzato ormai in disarmo, visto che in chiusa esorti i lettori a dare un loro contributo, innanzitutto come primo contributo, la mia reazione personale ai testi letti qui: eccitazione prossima a zero, godimento letterario mediamente basso o bassissimo (non me ne vogliano gli autori, che in larga parte non conosco). bella e evocativa, invece, anche se di un erotismo marginale (a nanomodo di sentire) “Volumi” linkata da Maurizio.
come secondo contributo, copio-incollo questa vecchia poesia “abbastanza” erotica (sempre a nanomodo di sentire) scritta qualche decennio fa quando ero ancora giovine e trasgressivo : )) s’intitola “13 secondi di preghiera”…
so che ti eccita guardare su Rai 3 / l’accoppiamento dei bonobo / ma adesso non ho tempo, sto morendo / voglio soltanto liberare il cazzo / dai pensieri umidi e la lingua / da parole roche //
leccami lentamente le parafrasi / sono la vita incatenata / a questo vecchio letto (ad occhi chiusi) / la mia anima ha la fica / e gode a recitare il padre nostro / mentre i bonobo cantano / sbavature d’amore
malos
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Malos è un lucido, come sempre
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Per quanto apprezzi la poesia erotica di alcuni autori, in generale e soprattutto in quei casi dove si fa un uso compiaciuto di fiche culo ectcetera, mi risulta svenevole.
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anche a me
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