Paolo Vincenti: A ogni giorno il suo affanno – Il politico di paese (4)

Il politico di paese

Pesti della convivenza civile, vergogna di una comunità, sono i politici di paese. Seminatori di sospetti e dicerie, più doppi di una moneta fuori corso, più falsi di una Lacoste contraffatta, più puzzolenti di un caprone, più rapaci di un condor, più furbi di una volpe, più menagramo di un gufo, più viscidi di un serpente, ciarlatani, masanielli, fanfaroni, arruffapopolo, pettegoli.  Il politicante spende molto del proprio tempo in giro per il paese ad intercettare bisogni, difficoltà, problematiche della gente, che egli si offre prontamente di risolvere. Di ogni accadimento si interessa. È amico di tutti, tutti saluta, a tutti stringe la mano, dà un buffetto ai bambini, una pacca sulle spalle al giovanotto, una carezza alla beghina, fa un fischio di approvazione alla bella donna, strizza l’occhio a quello che gli ha confidato un segreto (che quindi tale non sarà più), mostra il pollice alto al tifoso del Milan e  il dito medio al tifoso dell’Inter, o viceversa, si prostra di fronte all’aristocratico, riverisce il parroco, si genuflette e bacia l’anello al vescovo, si mette sull’attenti di fronte al maresciallo, batte il  cinque al cretino tutto muscoli e tatuaggi, riverisce il superiore e incoraggia il sottoposto, si esprime in italiano con il professionista e il borghese e in dialetto con l’uomo della strada, usa un linguaggio alto con l’intellettuale e il turpiloquio con il malavitoso. Preferibilmente fa il medico di base, oppure l’infermiere professionale (e può quindi largire analisi del sangue a domicilio e anche gratis all’enorme pletora di potenziali elettori), il sindacalista (quindi con un grosso bacino di utenza fatto di pensionati e disoccupati che pendono dalle sue labbra), o l’agente di pratiche automobilistiche. Insomma svolge delle professioni che lo portano a contatto con la gente, funzionali a quella politica di piccolo cabotaggio, fatta di favori, disbrigo di pratiche, voto di scambio, in cui egli è maestro.

Il politicante non è longanime. Di fronte ai drammi e agli eventi luttuosi, simula solidarietà, scorcia compartecipazione, commozione. Si veste a lutto nei funerali a cui partecipa, dispiaciuto, compunto, ma la sua è affettazione, finto cordoglio, ipocrisia. Il politico di paese è vendicativo, quando giunge al potere si ricorda di chi lo ha osteggiato e non perde occasione per fargliela pagare. Raramente accade quanto Baltasar Gracian riferisce a proposito del re Giovanni II d’Aragona che, conquistata Barcellona, perdonò tutti i catalani che avevano preso le armi contro di lui.  È un essere multiforme, che cambia pelle all’occorrenza, un Proteo della simulazione e dissimulazione, double face man, l’uomo per tutte le stagioni. Si contraddice spesso perché segue gli umori del momento e ciò che era buono poco prima non è più valevole dopo. Appare docile, arrendevole, mellifluo in certe circostanze, e duro, severo, indisponibile in altre, solo per il calcolo delle convenienze. Ha la schiena dritta oppure a 90 gradi, si vende la camicia e il culo, venderebbe anche la madre, rinnegherebbe il padre. Lo trovi in piazza che arringa le folle, al bar che offre il caffè a tutti, alla sala giochi che se la fa coi ragazzi, al centro anziani che gioca a carte coi pensionati. È invitato ai matrimoni, fa il padrino di cresima e di battesimo, interviene quando c’è una rissa per sedare gli animi, si presta ad accompagnare il malato terminale nei viaggi della speranza, a testimoniare (a favore del proprio elettore) quando accade un incidente automobilistico. Il politicante parla per frasi fatte, inserisce nei suoi interventi espressioni idiomatiche, termini abusati. Gli studiosi hanno scritto interi saggi sul linguaggio della politica.

Questi imbroglioni sono mossi solo dalla loro ambizione smisurata, dall’interesse, dall’odio per gli avversari. La loro predeterminazione al compromesso, all’intrigo, al calcolo però a volte è un’arma a doppio taglio. Quando la fortuna muta i suoi favori, il politicante può finanche diventare sgradito a tutti, e finire abbandonato e dimenticato.


12 risposte a "Paolo Vincenti: A ogni giorno il suo affanno – Il politico di paese (4)"

  1. Una politica senza ideali…ma se in politica ci fossero uomini con idee vere per le quali fossero invece disposti a recepire un normale stipendio di lavoratori ?
    Uno stipendio da misurare, equo e giusto e le acrobazie siano per cause di civiltà e conduzione, miglioria e progresso? Troppo utopico? Sarà la rivoluzione mentale più grande dopo quella tecnologica che non ci fa più uscire senza fare un post? ….

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  2. il disprezzo per la politica (da quella di paese a quella mondiale) è un frame potente nella narrazione emotiva dei media di regime, essendo uno strumento ideale per delegittimare la democrazia rappresentativa (che è la forma più evoluta di democrazia http://almancoprov.blogspot.com/2011/07/due-saggi-di-nadia-urbinati-sul-vero.html).
    il diprezzo per la politica è il cavallo di Troia delle élite, lo strumento ideale per blindare e ampliare il potere economico delle oligarchie.
    dunque mi chiedo… se non fai parte dell’élite e non aspiri alla direzione di Repubblica o di Rainews24, perché????
    boh… hai un’ottima testa e un’ottima penna. continua a sfuggirmi quale obiettivo ti poni e al fianco di chi combatti.
    mmmm….

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    1. Una disquisizione su piani alti non del tutto sempre pienamente comprensibili ma poi si arriva al piano religioso che tutto racchiude, racchiude la visione della vita, delle persone, delle situazioni. Credo sia una lente per cui, alcune manifestazioni sono percepite quali parusie in altra voce invece delle banalità e diametralmente opposte economicamente redatte. Discrasia di pensiero che non congiunge. Ma mai dire mai asservendo proprio in una libertà di pensiero e società democratica la funzione della parola scritta e orante.

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  3. e lo so che non avere nessun messaggio è disarmante e fa impazzire chi legge o recensisce, ormai lo so per esperienza dopo tanti anni, ma purtroppo è così. non mi pongo nessun obbiettivo, non aspiro a nessuna carica professionale o politica, sparo sovente sul pueblo,quindi non posso essere accusato di populismo ma detesto anche certe elites.. sono spirito burlone e cinico, come i vecchietti del Muppet Show che dal loggione sbeffeggiano tutti. Piuttosto, come vogliamo collocare chi si dedica alle dietrologie, chi vede un secondo fine dietro alle azioni degli uomini, un interesse concreto dietro ad uno sberleffo, ad un cazzeggiare senza iscopo quale il mio? Dal Medioevo ad oggi, ancora a leticare fra guelfi e i ghibellini? Fortuna (per loro) che i miei genitori da piccolo non mi hanno posto la fatidica domanda: “a chi vuoi più bene a mamma o a papà?”. Altrimenti gli avrei risposto, come nel film degli Squallor: “a Pippo Baudo!”, e avrei aggiunto di mio: “a nessuno dei due, mi state sulle palle allo stesso modo”.

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    1. perdonami, Paolo, ma c’è un’evidente contraddizione nelle tue parole. affermi di “non avere nessun messaggio” da comunicare e che “non ti poni nessun obiettivo”. per contro, le tue parole comunicano numerosi e chiari messaggi, primo fra tutti un profondo disprezzo verso il politico di paese. poi, quando prendi la mira e spari “sovente sul pueblo” non è self-evident che il tuo obiettivo è il pueblo, cioè il popolo? e quando precisi “detesto anche certe élite”, anche qui non solo indichi un ulteriore obiettivo, ma nel contempo suggerisci usando la parola *certe* che invece alcune élite ti piacciano. e, ancora, se i tuoi scritti dicono “mi state tutti sulle palle allo stesso modo” non è forse anche questo un preciso messaggio? come pure, quando affermi di voler prendere di mira e di sbeffeggiare tutti, ecco che ti poni come obiettivo di *colpire tutti* con le tue parole.
      circa le dietrologie, in effetti mi interessano molto. sono un ricercatore: dissezionare, analizzare, studiare, pensare, ripensare, ipotizzare, provare e riprovare fanno parte della mia natura umana. mi piace cercare di capire cosa c’è dietro e dentro alle parole (nonché tra le righe), e mi piace cercare di capire le persone (spesso ci riesco, perché mi soffermo a pensare).
      non condivido molti tuoi obiettivi (amo gli esseri umani), ma questo non mi impedisce di leggerti, di pormi delle domande e di cercare di capirti.
      mentre scrivevo questo commento mi è venuto in mente un nanetto, tipo quelli di Sani Gesualdi narrati da Frate Antonino da Scasazza: le parole sono un’arma potente (ne uccide più la penna che la spada) e, quando le imbracci, spari contro un obiettivo; scegli liberamente se puntarle contro una fila di barattoli, contro il cielo o contro la belva feroce che avanza, ma ricorda: le tue scelte hanno diverse conseguenze.

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  4. Puntarle contro la belva feroce che avanza ” è il fine che giustifica il mezzo” e salva quale sia l’obbiettivo che ci ripropone in lode al Cielo.
    Ps: mi sono permessa di entrare nella discussione perché queste righe mi hanno colpita proprio come ke parole, arme potenti, fanno!
    Ad maiora Monica

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  5. Allora Malos, le tue osservazioni hanno una chiara evidenza. intanto con “certe elite”, volevo solo dire che detesto particolarmente alcune ( quelle radical chic di sinistra, per intenderci), fermo restando che tutte le elite non mi piacciono, essendo io da sempre un propugnatore della democrazia della cultura, della partecipazione, della libera circolazione del sapere e quindi intimamente avverso alle caste e ai circoli chiusi. Non potrei mai essere populista, perché io disprezzo il popolo quando questo è correo di certe anomalie, discrasie, tipiche del nostro Paese. Nessuno meno consentaneo di me, alla becera demagogia utilizzata da buona parte dei politici e degli anchor men televisivi. Del pari, disprezzo le elite, quelle che ritengono di farsi carico del pensiero comune e di indicare la via, tracciare la rotta. Se per populismo, come sostiene il professor Richard Baldwin dell’Università Bocconi di Milano, si intende l’idea che il popolo sia puro e le elite corrotte, allora io non sono affatto un populista perché ritengo, in linea con Riccardo Ruggeri su “La Verità” del 17 marzo 2017, che anche il popolo sia abbastanza corrotto, anzi intimamente corrotto. Ma al tempo stesso, come Ruggeri, non credo in nessun uomo della provvidenza, sono convinto che non esiste nessun Mandrake che ci possa salvare, semmai dobbiamo accontentarci di qualche Lothar.

    è evidente poi che affermare di voler colpire tutti senza nessuna preordinazione è questo stesso un programma di battaglia, solo che la battaglia viene condotta nel segno della satira e del puro divertimento.

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    1. capisco.
      però pensavo… il “puro divertimento”… eeeh… beato chi può permetterselo, il puro divertimento!
      logico che se non ho un tetto, un lavoro o uno stipendio dignitoso, potrò abbandonarmi al “puro divertimento” solo vivendo fuori dal tempo! mmmm, e infatti, parapapààà: ecco a “noi” i social network!
      : )
      ma andando oltre la realtà (e la verità) virtuale qui presente, la domanda che mi sorge spontanea è: possiamo abbandonarci sereni e tranquilli al puro divertimento nel 2019?
      probabilmente no.
      viviamo in un momento storico drammatico dove le costituzioni socialdemocratiche del secondo dopoguerra sono sotto attacco (come apertamente dichiarato da JPMorgan: “troppe tutele dei diritti dei lavoratori” e “troppa libertà di protestare per modifiche dello status quo”). su scala globale, le élite mondialiste e le oligarchie finanziarie sono così potenti da imporre agli stati democratici ex-sovrani la propria agenda economica (come apertamente dichiarato dal commissario UE al Bilancio Gunther Oettinger: “i mercati insegneranno agli italiani a votare nella maniera giusta”). la popolazione è bombardata a tappeto dalla narrazione dominante dei media, docili holding del potere finanziario, chiamati a radere al suolo la capacità critica (come ci insegna il bispensiero di Orwell: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”) e ad instillare nella popolazione una totale sfiducia verso le istituzioni democratiche (antipolitica e qualunquismo) e verso gli esseri umani (corruzione e autorazzismo). un vero e proprio lavaggio del cervello.
      sono dietrologo se mi guardo intorno e vedo un disegno ben organizzato? chissà… forse no, se chiediamo conforto ai dati numerici degli ultimi tre-quattro decenni, che mostrano un enorme aumento del “wealth gap” per effetto di una continua redistribuzione verso l’alto della ricchezza. tale fenomeno non ha nulla a che fare con la corruzione o con la purezza, cosa che Richard Baldwin dell’Università Bocconi di Milano – come pure qualunque altro economista – sa benissimo. e d’altro canto non c’è bisogno di scomodare l’erudito professore quando lo stesso concetto piuttosto banale viene espresso dal tassista plebeo di Torvergata che si autoflagella giaculando “semo tutti corotti!”. beh, cheddire? a me sembra un’evidente e logica tautologia: come dire “siamo tutti esseri umani”, nel bene e nel male. e allora? il fatto che il popolo e le élite siano poco, molto o troppo corrotti, cosa cambia?
      la Costituzione afferma senza mezzi termini all’articolo 1 che “la sovranità appartiene al popolo”, non alle élite (cosa che indispettisce non poco l’élite e il potere finanziario). tenendo ben saldo tale presupposto, il termine “populismo” diventa un’entità astratta che non esiste: esiste forse il “democrazismo”? esistono il popolo e la volontà popolare, almeno in democrazia.
      certo, possiamo tirare i remi in barca, pensare al “puro divertimento” e distrarci ascoltando l’orchestrina del Titanic, ma la storia ci insegna che poi le cose tendono a finire male…

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  6. scusa malos, ogni volta ribalti le cose che dico. se dico che il mondo è una cloaca, come faccio spesso, tu subito a parlare di pessimismo cosmico e misantropia, ed affermare che la vita è bella. se la metto sul ridere e sul divertimento, tu subito a fare l’apocalittico e a ricordarmi che siamo sull’orlo del baratro. mannaggia tua…

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  7. Cerco di essere serio, anche se non mi riesce bene. La dittatura dei mercati, di cui parli, mi fa pensare immediatamente a quei piazzisti del signoraggio bancario che riempiono i teatri col solo scopo di vendere paccate di libri ai beoti che li ascoltano. Così come pure non mi fanno scaldare il cuore le teorie cospirazioniste, le dietrologie, insomma, il potere invisibile cui tu fai riferimento. Voglio dire, queste cose vanno bene per vendere i libri e farci le trasmissioni televisive alla Giacobbo. Non so se hai letto il libro di Vincenzo Sorrentino “Il potere invisibile. Il segreto e la menzogna nella politica contemporanea” (Dedalo nel 2012) in cui parla della manipolazione della verità a tutti i livelli, dei crimini di stato, delle stragi, di tutti i segreti custoditi dal potere e resi inaccessibili ai comuni cittadini, insomma del potere invisibile, che, secondo l’autore, mette seriamente in pericolo la qualità della vita dei cittadini e il futuro stesso della democrazia. A me è venuto di pensare al “Panopticon”, il carcere progettato nel Settecento dal giurista Jeremy Bentham che poi ha ispirato proprio George Orwell per il suo Grande Fratello, di cui tu parli, che controlla e indirizza le scelte di tutti noi, attori inconsapevoli di questa sorta di prigione, come nel carcere dell’opera di Michel Foucault “Sorvegliare e punire”, metafora di un potere ecatonchiro, occhiuto, onnisciente, pervadente, che plasma la vita dei cittadini (in questo caso non dall’alto ma dal basso). Voglio dire, come si fa a farsi irretire da queste teorie? Di questo passo, si finisce con il credere anche ad Agharti e al Re del Mondo, solo che Renè Guenon è stato sostituito da Giacobbo.

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    1. non sono religioso e non amo i misticismi narrativi. la sola idea di un “potere invisibile” mi fa sorridere: quando gli occhi sanno cosa cercare, il potere è sempre ben visibile (come l’imperatore nudo di Andersen nella fiaba “i vestiti dell’imperatore”). certo, serve un minino di ecatonchiropratica per riuscire a passare dal romanzo all’economia (hai presente la formula finale dei saldi settoriali? la separazione tra tesoro e bankitalia? la sovranità e la politica monetaria? il pareggio di bilancio? il rapporto deficit/PIL < 3%? il target2? il mef? la finanziarizzazione dell'economia? etc etc etc).
      lascia stare Giacobbi e giacobbini: viviamo in un sistema di mercato, non in un romanzo. cerchi il potere? fòllo zè mani…
      : )
      fuor di "metafora", la democrazia è politica economica. tutto il resto è narrazione emotiva.

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