Sotto l’albero di Natale…

bonino

sotto l’albero, è rimasto un pacchetto scartato. nessuno lo ha voluto: non era abbastanza trendy e stonava col buonismo natalizio che oggi si vende bene in tutte le stagioni.
l’ho raccolto da terra. trasudava parole “sinistre”: non c’era l’amore, il sentimento magico con cui gli imbonitori ecumenici e i servi del globalismo progressista seducono le anime belle. non c’era la pace, quella che affratella tutti i popoli in un unico centro commerciale mondiale. non c’era la durezza del vivere, la giusta punizione che consente alla plebaglia peccatrice di espiare le proprie colpe. e non c’era nemmeno la cristiana rassegnazione di fronte alla volontà divina del dio mercato, che pare sempre essere l’unica scelta possibile priva di alternative.
insomma, il pacchetto scartato era pieno di parole socialiste e scomode, di pensieri non in linea con la narrazione dominante dispensata a piene mani dai mass media: si trattava di vere e proprie riflessioni dissonanti, quindi assai preziose.
per questo voglio regalarle a voi.

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Paolo Cinanni (Gerace, 25 gennaio 1916 – Roma, 18 aprile 1988), partigiano, comunista e fondatore della Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie, descrive il fenomeno migratorio come una delle componenti che rinfocola la guerra tra poveri e accresce il divario tra i paesi ricchi e paesi poveri (con la definitiva subordinazione dei primi ai secondi).

“Il trasferimento del lavoratore è consentito e promosso non per venire incontro ai suoi bisogni individuali o alle necessità di occupazione delle regioni dell’esodo, ma esclusivamente per le esigenze di valorizzazione dei capitali disponibili dei paesi d’immigrazione, nel tempo e nella misura medesima di tali loro esigenze: il solo bisogno dei lavoratori non determina il fenomeno migratorio, così come, nei momenti di congiuntura economica sfavorevole, non sono i bisogni dei lavoratori e dei loro paesi che determinano le scelte del capitale, o che possono impedire il licenziamento e il rimpatrio dell’immigrato.
In regime di piena occupazione nei paesi industrialmente più avanzati, la classe dirigente promuove, inoltre, l’immigrazione non solo per il tornaconto economico, ma altresì per le sue manovre politiche contro la propria classe operaia, tendendo a dare alla massa dei lavoratori immigrati la funzione dell’“esercito di riserva” per “attenuare le tensioni sociali”, come si dice con un eufemismo che vuole nascondere il ricatto implicito verso i propri lavoratori, e suscitando essa stessa le ricorrenti campagne xenofobe per impedire lo schieramento unitario di tutti i lavoratori nelle lotte sociali.
Con l’annunciata costituzione dell’Unione Europea, che già oggi vede al suo vertice i grandi paesi d’immigrazione del continente, noi possiamo facilmente prevedere la tentazione della classe dirigente a seguire il modello americano nella costruzione di una società a piramide, a strati etnico-sociali sovrapposti, incomunicabili fra loro, che avrebbero alla loro base gli immigrati dei paesi più lontani, e poi quelli dei paesi “associati” e poi ancora quelli “comunitari”, e in seguito i lavoratori locali e su di loro, man mano, gli altri strati superiori. La classe operaia resterebbe così divisa in tanti tronconi che si distinguerebbero per le loro origini etniche e non per i loro comuni interessi di classe, proprio così come oggi in America.
https://sollevazione.blogspot.com/2018/09/che-cose-lemigrazione-di-paolo-cinanni.html

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Ha-Joon Chang, economista sudcoreano, specializzato in economia dello sviluppo. Insieme a Robert Rowthorn, un importante economista marxista britannico, ha elaborato la teoria della “politica industriale”, una sorta di via di mezzo tra pianificazione centrale e libero mercato. Ha-Joon Chang è stato consulente della Banca mondiale, della Banca asiatica di sviluppo, della Banca europea per gli investimenti, nonché di Oxfam oltre ad essere membro del comitato consultivo di Academics Stand Against Poverty (ASAP). Nel suo trattato “23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo” (2012), scrive:

“Nei paesi ricchi i salari e il tenore di vita della stragrande maggioranza delle persone sono determinati più dai controlli sull’immigrazione che da qualsiasi altro criterio. Nonostante ciò, il controllo dell’immigrazione è minimizzato da molti e deliberatamente ignorato da altri, quando parlano delle virtù del libero mercato “.
https://www.benecomune.net/rivista/rubriche/opere/ha-joon-chang-23-cose-che-non-ti-hanno-mai-detto-sul-capitalismo/

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Costanzo Preve, (Valenza, 14 aprile 1943 – Torino, 23 novembre 2013) filosofo, saggista, insegnante e politologo “marxiano” (preferiva non definirsi marxista, ma “marxiano” nel senso di appartenente alla “scuola di Marx”, ovvero, allievo indipendente di Marx).

“Il pensiero unico delle oligarchie finanziarie transnazionali che dominano il pianeta non è di destra né di sinistra, e non è neppure di centro. Se si vuole provvisoriamente mantenere questa obsoleta e fuorviante metafora spaziale, esso è di destra in economia (potere del denaro), di centro in politica (potere del consenso) e di sinistra in cultura (potere dell’innovazione del costume). Lo smantellamento (di sinistra) delle vecchie forme conservatrici delle forme di vita tradizionali borghesi e proletarie, fatto in nome della modernizzazione nichilisticamente permanente, è funzionale ad un allargamento globale del mercato e del connesso potere del denaro che questo comporta (di destra). La sinistra progressista è il luogo culturale dello sradicamento, e perciò il referente culturale privilegiato per l’attuale globalizzazione capitalistica. Questo è il punto essenziale da capire.” – (“Intellettuali e cultura politica nell’Italia di fine secolo”, Rivista Indipendenza n.° 3 , novembre 1997/Febbraio 1998).
“In conclusione, destra e sinistra non esistono ormai più, perché all’atto pratico esse applicano le stesse ricette economiche e sociali, ricette che non risultano più da una negoziazione politica democratica effettiva, a causa del venir meno della sovranità economica e monetaria degli stati nazionali tradizionali, ma che vengono di fatto imposte da organismi finanziari sovranazionali, a loro volta non democraticamente legittimati.” – (“La Questione Nazionale alle soglie del XXI secolo”, Editrice C.R.T., 1998)

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Sergio Cesaratto, professore Ordinario di Economia della crescita e dello sviluppo e di Politica monetaria e fiscale nell’Unione Monetaria Europea. Dipartimento di Economia Politica e Statistica (DEPS), Università di Siena.

“In questo breve saggio esaminiamo l’importanza attribuita da Friedrich List allo Stato nazionale nell’emancipazione economica di un paese a fronte della visione cosmopolita del capitalismo e degli interessi dei lavoratori che Marx gli contrappone. Rifacendoci a uno spunto di Massimo Pivetti sosteniamo che lo Stato nazionale sia lo spazio più prossimo in cui una classe lavoratrice nazionale può legittimamente sperare di modificare a proprio vantaggio i rapporti di forza. Nell’aver sostenuto lo svuotamento della sovranità nazionale in nome di un europeismo tanto ingenuo quanto superficiale, la sinistra ha contribuito a far mancare a sé stessa e ai propri ceti di riferimento il terreno su cui espletare efficacemente l’azione politica contribuendo in tal modo allo sbandamento democratico del paese.
http://www.hyperpolis.it/online/fra-marx-e-list-sinistra-nazione-e-solidarieta-internazionale/

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Lelio Basso (Varazze, 25 dicembre 1903 – Roma, 16 dicembre 1978), socialista, padre costituente nonché avvocato, giornalista, antifascista, politico e politologo italiano- Di seguito il suo attualissimo intervento dove parla dell’Assemblea Costituente e del senso profondo della Costituzione e della democrazia.

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Ho ancora vivo il ricordo dell’applauso quasi unanime che salutò all’Assemblea Costituente l’approvazione del primo articolo della Costituzione Repubblicana. In questo applauso, indubbiamente in gran parte sincero, era contenuta la superstite illusione settecentesca che bastasse fare delle leggi “giuste” in luogo di quelle “ingiuste” del caduto regime, per seppellire definitivamente la vergogna fascista, perché un’era nuova nascesse finalmente nel nostro paese. I vizi di un popolo – aveva scritto Helvetius alla vigilia della rivoluzione francese – stanno nascosti al fondo della sua legislazione… Una nuova legislazione avrebbe dovuto darci una nuova umanità monda dalla corruttela del fascismo e nuovi rapporti umani ispirati a giustizia.
Pochi intesero, pochissimi dissero allora quello che Mari aveva così chiaramente detto ai giurati di Colonia che dovevano giudicarlo, che le leggi e le costituzioni sono il riflesso dei rapporti sociali, per cui esse sono vitali e suscettibili di applicazione nella misura in cui interpretano il reale equilibrio delle forze sociali esistenti nel Paese in quel determinato momento. Sicché il significato di questo articolo poteva essere grande o meschino – preannuncio di un radicale mutamento delle nostre strutture sociali o semplice espressione di un desiderio o addirittura affermazione poco più che retorica – a seconda che le forze nuove che si erano espresse nella Resistenza e che avevano vinto il 2 giugno la battaglia repubblicana, avessero la volontà e la possibilità di abbattere non soltanto la facciata del fascismo ma altresì gli interessi economici che all’ombra protettrice di quella facciata avevano dominato il Paese durante vent’anni.
Erano gli interessi dei gruppi monopolistici, gli interessi del grande capitale che costituivano, ancor più di Mussolini e dei gerarchi, un ostacolo reale a fare dell’Italia una repubblica fondata sul lavoro. Ed erano precisamente quegli interessi che, mentre la Costituente approvava articolo su articolo, una Costituzione avente un fondamento democratico, operavano il loro trasferimento dalle fila del fascismo a quelle della Democrazia Cristiana, vittoriosa il 2 giugno, preparandosi così a riempire di vecchio contenuto totalitario la nuova forma repubblicana. Così quell’articolo, e gli altri che da esso discendono e ad esso si ricollegano (il diritto al lavoro, il diritto a un salario vitale, il diritto al controllo delle aziende, ecc.), rimanevano come sospesi in aria senza una base reale su cui poggiare. La Repubblica Italiana è rimasta purtroppo una repubblica fondata non sul lavoro, ma sullo sfruttamento del lavoro, o peggio ancora, sulla disoccupazione e sulla miseria.
Ma appunto perciò non è ancora una Repubblica democratica. Parlando il 6 marzo 1947 all’Assemblea Costituente a nome del Gruppo Parlamentare Socialista, in sede di discussione generale della Costituzione, io così illustravo il pensiero del Gruppo in ordine a questi articoli: “il senso profondo di questi articoli nell’armonia complessa della Costituzione, dove tutto ha un suo significato, e dove ogni parte si integra con le altre parti, sta proprio in questo: che finché questi articoli non saranno veri, non sarà vero il resto; finché non sarà garantito a tutti il lavoro, non sarà garantita a tutti la libertà; finché non vi sarà sicurezza sociale, non vi sarà veramente democrazia politica; o noi realizzeremo interamente questa Costituzione, o noi non avremo realizzato la democrazia in Italia”. A distanza di tre anni queste parole sono più che mai attuali. Proprio perché le forze monopolistiche hanno potuto in questi anni continuare a dominare l’Italia all’ombra dello scudo crociato, e sono riuscite a svuotare del suo contenuto sociale le speranze della Resistenza vittoriosa, proprio perché le riforme di struttura preannunciate in quegli articoli della Costituzione sono rimaste fino ad oggi lettera morta, proprio per questo abbiamo ancora oggi in Italia le leggi fasciste di polizia, proprio per questo abbiamo oggi in Italia sempre più lavoratori uccisi in un tragico rosario che si sgrana da Melissa a Celano.
Tutto ciò non significa però che la Costituzione sia da considerarsi oggi, un semplice pezzo di carta. Anche se i principi da essa proclamati non hanno avuto attuazione, essa racchiude ancora in sé le speranze tradite della Resistenza, documenta l’ansia di rinnovamento del nostro popolo, testimonia la volontà dei lavoratori e dei democratici italiani di darsi un nuovo ordinamento politico e sociale. Le ideologie, ci ha insegnato il marxismo, non sono un passivo riflesso del mondo sottostante, non sono un semplice peso morto; frutto del mondo sottostante, reagiscono su di esso, e quando esprimono la coscienza delle contraddizioni in cui si dibatte la società, sono il faro che guida la classe oppressa verso il superamento delle contraddizioni.
Se anche la classe dominante si ostina a considerare la Costituzione come un ingombrante pezzo di carta, i lavoratori italiani sapranno fare di essa la carta delle loro rivendicazioni, sapranno lottare per dare attuazione ai suoi principi, sino a quando diventi realtà e non semplice enunciazione astratta, la proposizione con cui la Costituzione comincia, e che significa abbattimento del dominio dei monopoli e del regime di polizia che lo accompagna. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
http://www.leliobasso.it/documento.aspx?id=9474aa729a56606352c0d6292fa28015

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Buon Natale 2019.


5 risposte a "Sotto l’albero di Natale…"

  1. E’ ancora più sconcertante constatare che tali attuali e tristi previsioni sul futuro della democrazia fossero così chiare fin dall’inizio delle “buone” intenzioni democratiche stesse. Ci vorrebbe prima la costituzione della mente democratica e poi quella sulla carta e nei fatti. D’altronde è palese fin da bambini come sia più facile tenersi due caramelle per sé piuttosto che darne una all’amico.

    Bel regalo grazie, Buon Natale.

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    1. beh, sì, indubbiamente può apparire “sconcertante”, ma lo diventa molto meno se consideriamo che il modello economico liberista affonda le sue radici addirittura nel tardo 1800!!! poi possiamo far finta – come millantano i sinistrati moderni – che “non si potesse prevedere” ciò che già sapevamo benissimo e che oggi tutto sia nuovo per via della “globalizzazione finanziaria”. possiamo addirittura nasconderci dietro a un *neo* ed etichettare quello contemporaneo come “neo-liberismo”, ma la sostanza, ahinoi rimane sempre quella… ecco perché le parole di Cinanni, di Basso e di tanti altri suonano così attuali.
      : ((
      ricambio gli auguri e aggiungo un abbraccione a te e a Imma.
      : )

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      1. “hai perfettamente ragione: la “precarizzazione” di chi il lavoro ce l’ha è l’altra colonna portante del sistema ordoliberista. disoccupazione e precarizzazione (“flessibilità” nella neolingua delle élite) puntano al medesimo obiettivo: ridurre il potere contrattuale dei lavoratori. e se pensiamo che in Italia sommando, disoccupati + inoccupati/inattivi (scoraggiati che hanno smesso di cercare lavoro) + sottoccupati (precari, lavoratori a tempo parziale o a chiamata che vorrebbero lavorare di più), viene fuori la cifra monstre di *oltre* il 35% (dati ISTAT),”

        Ci pensavo l’altro giorno a questa cosa e tiravo le somme…come scrivi ci sono milioni di persone disoccupate e sottoccupate, giovani che non trovano lavoro a nessun livello, ma ci sono pure milioni di lavoratori sottopagati e sfruttati che ugualmente non arrivano a fine mese e si devono regolarmente indebitare per provare a crearsi una famiglia, e non parlo di lavori precari ma piuttosto buoni, tipo autista, operaio di fabbrica, dipendente delle cooperative ecc… aggiungendo che in questa categoria oltre ai lavoratori dipendenti ci sono pure piccoli e medi imprenditori, negozianti, baristi, panettieri, ecc…che falliscono a migliaia o nel migliore dei casi senza prendere dei prestiti avrebbero già chiuso, e infine direi che ci sono pure milioni di pensionati alla fame e qui non occorre dire altro. Se poi per sport sommiamo chi lavora a casa e non prende un soldo, mi chiedo quanti sono quelli che stanno bene, ovvero lavorano e sono pagati il giusto o anche di più, rispetto alla popolazione globale? Io credo davvero un mucchietto di lavoratori di elité e di super-pensionati intorno ai quali ruota una carneficina di poveri. Si parla di una percentuale esagerata rispetto al totale, deducendo che non è più facile distinguere se siamo in un sistema democratico fallimentare oppure in una oligarchia di successo.

        Abbraccione ricambiato da parte nostra a tutti voi.;-)

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  2. Grazie per il regalo dissonante, poche osservazioni, giusto il discorso di Cinammi, aggiungo che oltre agli immigrati « l’esercito di riserva » è composto da tutto il persistente precariato che purtroppo ci ha regalato anche la sinistra, ( ricordo bene i cococo che venivano a lavorare con l’influenza, perché non avevano diritto alla malattia), come il job act (che anche la destra ovviamente si è guardata bene dal cancellare).
    Qualche anno fa dovevo andare a Napoli per lavoro, invece dell’aereo ho preso il vagone letto, la mattina, un’ora prima dell’arrivo, ho sollevato la tendina del finestrino, e non credevo ai miei occhi, ho visto una miriade di persone che raccoglievano pomodori nei campi, tutti di colore, il treno andava, e non finivano mai, mi sembrava di essere negli stati americani del sud con gli schiavi che invece del cotone raccoglievano i pomodori. Saranno stati anche un migliaio, ho pensato che una presenza così non può essere che cercata e studiata a tavolino.
    (il warning di Marx sui sarti inglesi collega immigrazione e precariato, e sembra scritto oggi).

    Non ho capito la logica che lega in Ha-Joon Chang il tenore di vita nei paesi ricchi con il controllo dell’immigrazione, ma dal link
    mi sembra un autore interessante, ho anche comprato il libro “ le 23 cose…”, aspetto che mi arrivi.

    Faccio mia l’ultima frase di Lelio Basso, esprime quello che spero di aver contribuito a fare con la mia attività sindacale.
    Auguro a tutti un Buon Natale e buone feste.

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    1. prego! grazie a te dei commenti sempre ponderati nonché densi di spunti.

      hai perfettamente ragione: la “precarizzazione” di chi il lavoro ce l’ha è l’altra colonna portante del sistema ordoliberista. disoccupazione e precarizzazione (“flessibilità” nella neolingua delle élite) puntano al medesimo obiettivo: ridurre il potere contrattuale dei lavoratori. e se pensiamo che in Italia sommando, disoccupati + inoccupati/inattivi (scoraggiati che hanno smesso di cercare lavoro) + sottoccupati (precari, lavoratori a tempo parziale o a chiamata che vorrebbero lavorare di più), viene fuori la cifra monstre di *oltre* il 35% (dati ISTAT), beh, ci rendiamo conto che non può mancare molto alla ciclica implosione del sistema. leggevo giusto oggi che nel 2019 i più ricchi del pianeta hanno aumentato il loro patrimonio del 25% e che negli USA lo 0,1% più ricco possiede percentualmente più ricchezze rispetto a qualsiasi altro momento dal 1929 in poi (e cosa accadde nel 1929 dovrebbe essere noto a tutti…) https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-12-27/world-s-richest-gain-1-2-trillion-as-kylie-baby-sharks-prosper

      scrivi: “ho visto una miriade di persone che raccoglievano pomodori nei campi, tutti di colore”
      ti credo. ricordo un’inchiesta terrificante su l’Espresso verso l’inizio degli anni 2000, intitolata “oro nero”. ecco perché è INACCETTABILE (ma logico) che il Presidente del Consiglio Conte dica nella conferenza stampa di fine anno del 28/12/2019: – “Lo vediamo tutti che abbiamo bisogno anche dei migranti. I migranti sono quelli che ci aiutano in tante attività che molti nostri concittadini non sono più disponibili a svolgere, non abbiamo sufficienti forze lavoro.”
      ecco, quando nel 2000 sentivo i sinistrati di turno fare tali affermazioni scuotevo la testa sconsolato per mostrare il mio disappunto. oggi, quando sento ancora ripetere a pappagallo siffatte idiozie, m’incazzo davvero di brutto e mi scappa pure qualche stampatello: NON ESISTONO, ripeto NON ESISTONO “attività che molti nostri concittadini non sono più disponibili a svolgere”… ESISTONO “attività che molti nostri concittadini non sono più disponibili a svolgere” IN CONDIZIONI DI SCHIAVITU’, cioè venendo pagati meno di 2 euro l’ora e in assenza di qualsiasi tutela.
      non mi pare che sia una differenza da poco o una questione di lana caprina. e, anche alla luce di quanto tu scrivi (“una presenza così non può essere che cercata e studiata a tavolino”), ritengo doveroso lottare contro il disegno colonialista e immigrazionista sostenuto dai vari Soros e dal grande capitale (l’uccisione di Gheddafi e la destabilizzazione della Libia non sono certo avvenute per caso https://it.insideover.com/politica/sarkozy-gheddafi-la-storia-degli-interessi-francesi-libia.html; https://it.insideover.com/politica/le-vere-ragioni-della-guerra-libia-gli-interessi-della-francia.html). ACCOGLIERE IMMIGRATI CLANDESTINI PER USARLI COME SCHIAVI (O COME MANOVALANZA DELLA CRIMINALITA’) NON E’ CARITA’ CRISTIANA, checché ne dica il vassallo dell’internazionale liberista presso il soglio pontificio. non bastasse, essendo più di 1/3 degli italiani disoccupati/inoccupati/sottoccupati, tale strategia ha come conseguenza inevitabile ed *auspicata* (da “essi”) la guerra tra poveri e la divisione del popolo “in tanti tronconi che si distinguerebbero per le loro origini etniche e non per i loro comuni interessi di classe, proprio così come oggi in America” (per dirlo con le parole di Cinanni).
      ma davvero qualcuno può credere che coloro che depredano l’Africa e finanziano le ONG impegnate nella tratta degli schiavi siano benefattori dell’umanità??? ma avete sentito parlare Soros? avete letto le sue mail sull’Ucraina? sono illuminanti (e noi siamo dannatamente ingenui) https://www.zerohedge.com/geopolitical/american-oligarchs-dirty-tale-corruption …insomma, esisteranno le doverose eccezioni (pronte a confermare la regola), ma in genere i magnati della finanza sono sociopatici invasati affetti da deliri di onnipotenza. provate a riflettete e a unire i puntini.

      scrivi: “Non ho capito la logica che lega in Ha-Joon Chang…” beh, ne riparliamo dopo che hai letto il libro (hai fatto un ottimo acquisto). insieme ad “Anschluss: l’annessione” di Vladimiro Giacché è uno dei libri che più mi ha aperto la mente nell’ultimo decennio.

      buone feste, un super-abbraccione e grazie ancora per la tua presenza (una delle poche cose per cui vale ancora la penda di condividere pensieri su Neobar).

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