Paolo Vincenti: Napoli silenzio e grida

Pablo Picasso_ Parade (1917)

 

NAPOLI SILENZIO E GRIDA

“Stanca, rassegnata, innocente, invasata
Nuda, svergognata, tradita, condannata
Ma è la mia città
Sporca, avvelenata, incivile, incendiata
Sempre affollata, devota, ammutinata
Ma è la mia città”

(Edoardo Bennato – “La mia città”)

A Napoli, tre ragazzi, definiti dal Questore “un branco di lupi”, hanno aggredito ed ucciso un vigilante, Francesco Della Corte, “colpevole” soltanto di svolgere il proprio lavoro. I tre minorenni, presso la stazione metropolitana di Piscinola, hanno confessato l’omicidio senza mostrare nessun segno di pentimento. Volevano rubargli la pistola d’ordinanza per rivenderla al mercato nero e di fronte alle resistenze del vigilante lo hanno trucidato con un bastone, infierendo anche sul cadavere. Il problema delle baby gang a Napoli è diventato urgente quasi quanto quello della Camorra, anche perché i piccoli criminali usano gli stessi metodi dell’organizzazione malavitosa. Lo Stato ha risposto incrementando il numero delle forze dell’ordine, istituendo 10 distretti di polizia nelle zone maggiormente a rischio, – Pomigliano D’Arco, Casalnuovo di Napoli, Volla, Casoria, Scampia, ecc. -, e con un programma di “tolleranza zero” nei confronti delle squadre di baby criminali, come quelli che un anno fa hanno sfregiato lo studente Arturo, nella centralissima Via Foria. Napoli è ogni giorno agli onori delle cronache per fatti negativi, casi di nera, di morti violente, droga, corruzione, contrabbando. È sempre stato così. Ma l’iper-informazione oggi penalizza maggiormente la città, che da questa sovraesposizione mediatica trae cattiva pubblicità nel mondo. I tanti casi di delinquenza minorile, la dispersione scolastica, il racket del pizzo che soffoca la libera impresa, gli episodi di malasanità, lo scempio urbanistico, la lentocrazia degli uffici pubblici, l’assenza dello Stato, specie in certi rioni, tutto ciò ha finito per far passare in secondo piano “l’oro di Napoli”, per dirla con Marotta, per oscurare quello che di buono c’è in questa grande e splendida città. Una città che è un microcosmo, coacervo di spinte centrifughe e centripete, mix di impareggiabile bellezza artistica e paesaggistica ed incorreggibile degrado, cuore grande, generosità e ospitalità, sconforto dell’abbandono e dell’incuria, amore e odio, ragione e sentimento.  “Il Continente Sud, il più antico Deep South del mondo”, scriveva Aldo Bello negli anni Settanta, “concentrato nel ventre di una metropoli che può esplodere da un momento all’altro, con la sua fame che è un dato permanente della storia, con la rabbia inespressa, con la miseria elevata a sistema, con la tecnica aberrante dell’assistenza pubblica e privata che nega ogni diritto al cittadino, con le cosche politiche pronte a muovere le masse secondo il proprio tornaconto”. E ha voglia il Sindaco De Magistris a gridare che oggi le cose si sono invertite. Purtroppo “Il Mattino” (nel senso del quotidiano, fondato nel 1892 da Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, il più antico e prestigioso del Meridione) non porta “l’oro in bocca”, secondo il noto detto popolare, ma notizia la città dell’ennesimo scannamento, dell’ultima bomba esplosa, del millesimo atto intimidatorio da parte della camorra, di arresti eccellenti fra notabili e faccendieri, della milionesima retata della Guardia di Finanza o dei Carabinieri. Ancor peggio: apri e leggi di un ventenne arrestato a Scampia per spaccio di eroina e crac, oppure di una diciottenne a Procida arrestata per spaccio di hashish. La situazione è inquietante; dal Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio D’Alessandro, viene addebitata alla rabbia sociale e alla deprivazione della speranza che vivono le periferie urbane del Napoletano, vuote di stimoli, di segnali di sviluppo, di occasioni di aggregazione (“Avvenire”, 17 gennaio 2018). Luci ed ombre: è la dicotomia che ha sempre caratterizzato la metropoli partenopea, dicotomia oggi più che mai emblematica di un presente selvaggio, svangato, in cui le ombre hanno preso il sopravvento e lo skyline della città è oscurato da una fosca nuvolaglia che si addensa minacciosa, incombente.  Forse quello che presenta Napoli come città di contrasti non è soltanto uno stereotipo, è cosa vera. Cioè, il male è talmente consustanziale alla città che sembrerebbe che essa non possa farne a meno, per ritrovarsi buona, forte, solidale. Forse, cioè, v’è bisogno della Camorra, del sangue sulle strade, delle faide e delle connivenze, insomma del cuore nero della città, perché si possa sentire battere anche l’altro cuore. “ Dateci una guerra”, sembra voler dire la parte buona della città, usando le parole di Carlo Bernari, “ dateci una rivoluzione, un’eruzione, un colera, e vi si fa vedere se siamo o non siamo un popolo unito, che dico popolo, una famiglia, una ciurma ammutinata… ma ci occorre un pericolo contro cui batterci”.

PAOLO VINCENTI


9 risposte a "Paolo Vincenti: Napoli silenzio e grida"

  1. Purtroppo si rotola verso il peggio…le baby gang sono la zizzania in mezzo al grano …sono una crepa…sono una goccia che scava nella roccia già levigata …sono il riflesso di un male che macchia anche la purezza ….mi auguro non siano però il punto della nostra storia.

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  2. intanto complimenti per l’articolo di cronaca nera: urgente, ben scritto e non pregiudizialmente auto-razzista.
    : )
    vorrei farti notare, tuttavia, che rinunciando ad additare come causa intrinseca d’ogni male l’italiano o il napoletano in sé (nel senso di essere umano *geneticamente* delinquente/corrotto, quindi colpevole ab initio in sé e per sé), viene a mancare totalmente un’analisi critica della situazione che svisceri le cause di “fatti negativi, casi di nera, morti violente, droga, corruzione, contrabbando”.
    intendo, “il male”, “il cuore”, le “ombre”, la “fosca nuvolaglia” che si addensa “minacciosa, incombente” su Napoli (o sull’Italia) sono astrazioni scenografiche che mi hanno ricordato mostri soprannaturali tipo Stranger Things.
    per contro, comprendere le cause di un evento è un passo indispensabile per provare ad agire sull’evento stesso: “incrementare il numero delle forze dell’ordine” o giocare al “tolleranza zero” sono specchietti per le allodole del tutto inutili se prima (o nel contempo) non si individuano le cause non si agisce su di esse.
    dunque?
    dunque proviamo ad andare oltre i limiti del campo visivo particolare: chiediamo aiuto al metodo sperimentale, ovvero, analizziamo se il dato fenomeno si modifica (ed eventualmente come) cambiando le condizioni sperimentali. infine, una volta raccolti i risultati, potremo interpretarli.
    ad esempio, proviamo a vedere cosa accade in altre metropoli d’Europa.
    andiamo in Svezia. e ascoltiamo la viva voce del capo della polizia nazionale: “In Svezia esplodono centinaia di bombe, non c’è nessun altro paese occidentale in cui capiti una cosa del genere. E la violenza si estende ben oltre le bombe. Ci sono centinaia di conflitti a fuoco. Ieri ad esempio è stato assassinato un ragazzo di 15 anni e un altro è stato gravemente ferito in un locale, qualche minuto dopo l’ennesima esplosione a Malmö” https://quillette.com/2019/11/15/abandoning-malmo-to-its-criminals/
    c’è tutto no? la guerriglia urbana, le baby gang, nonché il “nessun altro paese occidentale”.
    la stessa retorica che viene propinata a noi su Napoli. ma magari sarà un caso.
    andiamo a Londra. anche qui centinaia di morti ammazzati ogni anno. nel solo 2018, 345 persone tra gli 11 e i 25 anni sono ricorse a cure mediche per accoltellamenti o gravi ferite (in più di 150 casi si trattava di ferite da armi da fuoco). la polizia si è ritirata, lasciando il campo ad una vera e propria guerra per il controllo del territorio tra gang rivali https://www.theguardian.com/society/2018/aug/26/death-toll-london-reaches-100-knife-crime-gang-violence. addirittura, l’anno scorso, in un raro slancio di vero giornalismo, Panorama ha pubblicato qualcosa in materia https://www.panorama.it/news/londra-viaggio-nelle-baby-gang-che-uccidono
    e se vuoi farti un’idea *visiva* della periferia di Londra, ti suggerisco l’ottima serie TV “Top Boy” che segue le vite criminali di un gruppo di giovani coinvolti nello spaccio di droga e nelle lotte tra gang rivali.
    ormai tra Londra e New York è un sostanziale pareggio, in termini di violenza e criminalità.
    ti basta? vuoi che facciamo un giro anche nelle banlieue francesi, ovvero nelle “working-class areas that encircle Paris and other French cities”? anche qui baby gang e morti ammazzati. nel 2017 si contano 158 scontri a fuoco tra bande e “circa” 10 morti http://www.rfi.fr/en/20181028-teens-charged-after-2-gang-related-killings-paris dati più recenti parlano di 35.000 denunce per violenza da gennaio a ottobre 2019 nella sola Parigi e di un aumento del 70% dei crimini violenti in alcuni distretti, cui va sommata la “guerra civile” dei gilet gialli https://www.dailymail.co.uk/news/article-7635301/Paris-sees-violent-crime-rise-70-CENT-areas-police-say-struggling-cope.html
    ordunque?
    la cruda verità potrebbe essere che in tutti i luoghi – qualunque sia l’etnia coinvolta – quando la povertà dilaga tra i “socio-economically weak groups” la criminalità conquista terreno. eccole, dunque, le cause: disoccupazione, sottoccupazione, immigrazione clandestina, mancanza di investimenti nel sociale e assenza dello stato (costretto ad arretrare dalle politiche di austerità imposte dall’ordoliberismo), con conseguente aumento della disuguaglianza sociale (ah, il magico mondo capitalismo finanziario).
    tranne sociopatiche rarissime eccezioni, quando hai ricevuto un’istruzione solida, quando hai un lavoro dignitoso e onestamente retribuito, quando lo stato sociale funziona e sostiene le famiglie e il territorio, nessuno si mette a spacciare droghe o a sprangare vigilanti.
    il problema era, è e resta il modello neoliberista imposto dal potere economico per via tecnocratica alla società civile. un modello che redistribuisce ricchezza dal basso verso l’alto e impedisce allo stato democratico di svolgere la sua funzione sociale in difesa del popolo e del lavoro.

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  3. Ci sono stato diverse volte a Napoli e la trovo una città splendida, mi sono trovato sempre come a casa mia, sappiamo dei problemi, come la camorra, ma anche la grande difficoltà di trovare lavoro credo abbia una parte enorme nello stendere quell’ombra nera che descrivi, che poi alla fine è la povertà.

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  4. sono assolutamente d’accordo con voi, e come si potrebbero smentire i numeri e le fonti di malos? ma la mia, almeno nelle intenzioni, voleva essere una analisi più sottile, psicologica e, si parva licet, in fondo più poetica. In definitiva, io sono innamorato della città, dove ritorno anche abbastanza spesso.

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    1. Pensando alle baby gang …è comunque innegabile che siano un problema..non solo napoletano quindi..
      Ma la poesia che ruolo potrebbe giocare? Potrebbe inserirsi tra i giovani ed educarli?
      Con il presupposto che la violenza dilaghi per mancanza di denaro e sopravvivere in alcuni casi ed altri forse per un seme malavitoso che permane nell’animo da tempi antichi e non si arresta ma.anzi si rinnova in forme nuove come fanno i virus.
      Quindi la poesia non come impiego ma come veicolo verso i giovani a contrastare il male, potrebbe essere uno strumento di novità nelle scuole?

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  5. Le baby gang le ho sempre percepite come il fiore all’occhiello della criminalità, la medaglia d’oro del degrado sociale. Giovanissimi non solo indottrinati al crimine ma già in attivo a spadroneggiare con la capacità dei più efferati criminali, a distribuire violenza e sopraffazione con l’esperienza di spietati serial killer. Sorvolando su cosa per me ci farebbero con un testo poetico, credo che siano la conseguenza logica di una situazione sociale che non vuole funzionare come dovrebbe. Nelle cause vedo abbandono, rabbia, delusione, ignoranza, sofferenza, fragilità, ecc, tutte quelle innocenti situazioni individuali che se non vengono accolte da una famiglia e una società civile e democratica, non possono che finire nel carniere di un sistema opposto. Su Napoli niente da dire ovviamente, città meravigliosa, difatti concordo in pieno sia un problema diffuso ovunque e certo sarebbe un aiuto dare un’occhiata nei posti dove la diffusione del problema è minore per capire se ci sono motivi particolari e applicarli.

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