Conti senza marchesi

Conti senza marchesi

Nello studio scientifico “Le vere dimensioni dell’epidemia” si è cercato di valutare l’entità dell’epidemia da SARS-CoV-2 in Italia basandosi solo sui dati ad oggi disponibili, ovvero su dati che sappiamo essere inadeguati e incompleti.

Infatti, per poter calcolare in modo affidabile quale sia la percentuale di popolazione generale che ha superato l’infezione da SARS-CoV-2, sarebbero necessari studi scientifici *sierologici* randomizzati che verifichino la presenza di immunoglobuline G dirette contro SARS-CoV-2 nel sangue della popolazione generale.
Per contro, il calcolo della percentuale di popolazione generale immunizzata usando i dati sui contagi acuti (i tamponi) è assai approssimativo, soprattutto perché in Italia (come nel resto del mondo), la penuria di tamponi e di personale medico ha fatto sì che fino ad ora siano stati testati *solo* i casi sospetti, quindi un campione di casi pre-selezionati (ovvero non randomizzato e dunque inattendibile per calcolare la prevalenza dell’epidemia nella popolazione generale).
Tuttavia, mentre in uno studio scientifico la presenza di dati inadeguati e incompleti non ci autorizza a lavorare di “intuito” o di “fantasia” (dobbiamo attenerci ai dati disponibili pubblicati e punto), in questo contesto informale possiamo prenderci la libertà di fare i conti senza i marchesi.

La questione di quale percentuale di popolazione generale sia già immunizzata non è di poco conto, soprattutto perché le pressioni esercitate dal sistema economico-finanziario sui governi dei vari stati del mondo affinché vengano rimosse (o non vengano imposte) limitazioni e quarantene è fortissima.

Gli argomenti portati da chi esercita tali pressioni sono i seguenti:
(1) la popolazione ormai è già ampiamente contagiata e dunque *immune* con percentuali così elevate da poter confidare a brevissimo nell’immunità di gregge
(2) non appena arriverà il caldo, l’epidemia rallenterà e si fermerà, e poi arriverà il vaccino
(3) comunque l’epidemia, anche se contenuta, farà il suo corso, quindi meglio una botta e via invece di una lunga agonia.

Ora, in primis, vorrei sottolineare che:
il punto (1) è già stato ampiamente confutato in “Le vere dimensioni dell’epidemia” usando i dati finora disponibili in letteratura medica
il punto (2) è in palese conflitto con il dato di fatto che, ad esempio, nella Repubblica Dominicana, nonostante le temperature massime siano da tempo oltre i 30°C, l’epidemia da SARS-CoV-2 non accenna a rallentare.

casi repubblica dominicana

Anche a Jakarta, in Indonesia, temperature massime fino a 31,4°c non hanno mostrato di modificare in modo significativo l’epidemia (Tosepu et al., Sci Total Environ 4 Apr 2020; 725:138436). Non bastasse, un test dell’università francese di Aix-Mrseille ha dimostrato che SARS-CoV-2 è in grado di resistere almeno in parte al protocollo di inattivazione di laboratorio (usato per Ebola ed altri virus) che porta i campioni biologici a 60° per un’ora.
il punto (3) determina migliaia di morti in eccesso per superamento delle capacità ricettive dei sistemi sanitari
i punti (2) e (3) sono in parziale conflitto tra loro

Detto questo, è bene tenere a mente che il sistema economico-finanziario, come la storia ci insegna, sa ragionare solo sul breve/brevissimo periodo e che, proprio per questo, nell’ultimo secolo si è schiantato più volte innescando crisi cicliche. Inoltre, com’è evidente, il sistema economico-finanziario se ne frega della vita degli esseri umani (intesa sia come possibilità di restare in vita che come qualità di vita) avendo come unico obiettivo il maggiore profitto possibile e non certo la salute della popolazione.
Ovviamente, quando e qualora diventassero disponibili dati diversi sulla prevalenza dell’epidemia nella popolazione generale, se ne prenderà atto, ma fino ad allora il principio di precauzione che anima le cure mediche (“primum non nocere”) *deve* essere fatto proprio dai governi affinché la popolazione sia tutelata.
Non essendo però questo un articolo “scientifico”, come si sottolineava più sopra, possiamo in questa sede permetterci ragionamenti logici deduttivi e provare a calcolare “a intuito” quanti siano davvero i contagiati da SARS-CoV-2 in Italia. Poiché la situazione è molto diversa da regione a regione, ed in particolare è molto diversa in Lombardia rispetto alle altre regioni, è opportuno che il calcolo sia sviluppato su base regionale.

Nel frattempo è stato pubblicato il primo studio che mette a confronto il numero di tamponi positivi nella popolazione generale e nella popolazione dei “sospetti” (Gudbjartsson et al., NEJM, April 14, 2020 DOI: 10.1056/NEJMoa2006100). Lo studio di Gudbjartsson e colleghi ha raccolto i dati sulla popolazione islandese di cui era stata data parziale anticipazione dai media. Tra i sospetti (“mainly those who were symptomatic, had recently traveled to high-risk countries, or had contact with infected persons”), su 9199 tamponi eseguiti, sono stati riscontrati 1221 positivi (13,3%). Tra la popolazione soggetta a screening randomizzato, su 13080 tamponi eseguiti, sono stati riscontrati 100 positivi (0,76%). Quest’ultima percentuale rappresentava pertanto un buon indicatore di quanta parte della popolazione generale era stata contagiata alla data dello studio (che basandosi sulla curva dei casi positivi, si riferisce circa allo 02/04/2020). I dati totali dall’Islanda in tale data erano dunque di 1221+100 / 22279 (5.9%), ovvero, rapportandosi alla popolazione generale si ottiene una sottostima di 1321 positivi su una popolazione complessiva islandese di 364134 (0,36%). Si riscontra dunque una quota di asintomatici o paucisintomatici non diagnosticati circa pari o poco superiore alla quota di contagiati diagnosticati (0,76% – 0,36%= 0,40%). Alla data del 16/04/2020 i positivi sono saliti a 1739, ma calati percentualmente (1739/38204 tamponi = 4,55%), ovvero, rapportandosi alla popolazione generale si ottiene una sottostima di 1739 positivi su una popolazione complessiva islandese di 364134 (0,47%). Per calcolare la percentuale mancante al computo complessivo dovuta ad asintomatici e paucisintomatici non diagnosticati, è necessario aggiungere i 418 nuovi casi alla prevalenza calcolata nella popolazione in data 02/04/2020, che equivalgono allo 0,11% della popolazione totale (418 / 364134). Dunque abbiamo che 0,76% + 0,11% = 0,87%. Anche qui, se vogliamo verificare quanti siano gli asintomatici o paucisintomatici non intercettati: 0,87% – 0,47% = 0,40%. Dunque, la quota di asintomatici o paucisintomatici non diagnosticati è ancora circa pari a quella dei casi positivi diagnosticati.

islanda 2 aprile

Passiamo ora ai dati italiani.

tabella italia correttaUtilizzando un algoritmo di correzione che pesa lo scostamento dei morti sui positivi in percentuale (m/pos), la percentuale di tamponi positivi sui tamponi effettuati (pos/tamp) e i tamponi eseguiti rispetto alla popolazione (tam/pop), è possibile ottenere una stima di quanti siano i veri casi positivi nelle diverse regioni. La bontà delle correzioni effettuate è corroborata dal ripristino di una buona omogeneità nelle percentuali della mortalità in atto (m/pos*, ultima colonna) tra le diverse regioni.
Come si osserva, i casi positivi *reali* al 16/04/2020 sarebbero dunque 488735 (e non i 168868). La prevalenza nella popolazione dei casi positivi aumenterebbe oltre due volte e mezzo, passando dallo 0,28% allo 0,81% (488735/60360378), un valore vicino a quello calcolato nel test randomizzato sulla popolazione islandese (0,76%).
Il parallelo con i dati islandesi è calzante, infatti la percentuale di positivi nel campione di sospetti è 13,3% per l’Islanda (come riportato nello studio di Gudbjartsson e colleghi) e 13,1% per l’Italia: anche in questo caso buona corrispondenza.
Purtroppo il parallelo Italia-Islanda mostra una scarsissima corrispondenza passando alla mortalità in atto: la mortalità “corretta” in Italia sarebbe di circa il 5,62%, mentre in Islanda si contano solo 8 morti su 1739 casi positivi (0,46%). Tuttavia, come sottolineano Barone-Adesi e colleghi (Disaster Med Public Health Prep 16 Apr 2020; 1-4): “regarding the definition of COVID-19-related deaths, the criteria used by each country are often not clearly defined, making comparisons difficult.” Inoltre, osservando la mortalità nei diversi paesi del mondo in data odierna, possiamo facilmente concludere che è l’Islanda a fare eccezione e non l’Italia. Anche la Germania fa eccezione, ma sappiamo che i bravi e meticolosi tedeschi si sono mostrati assai “distratti” nel testare e rendicontare gli anziani contagiati e deceduti per COVID-19 (al 30/03/2020, l’età media dei casi positivi confermati era 47 anni in Germania e 63 anni in Italia).
In proposito, può essere istruttivo confrontare i grafici di Italia e Germania che mostrano l’andamento dei “casi chiusi” (ovvero i decorsi clinici che si sono già conclusi con morte o guarigione). Guardando il grafico tedesco, mi sono tornati in mente i dati sulla mortalità forniti dal governo cinese all’inizio dell’epidemia dove per settimane comunque variasse il riscontro di nuovi casi, la mortalità in atto restava millimetricamente fissata al 2,1%, una mortalità ovviamente “decisa a tavolino”.
Con l’aiuto sempre prezioso di Worldometers vediamo i grafici dei casi chiusi in Italia e Germania.
Una serie di dati è ovviamente manipolata, l’altra no. Indovinate quale. Notevole, eh? Ma che bravi, i tedeschi…

covid casi chiusi italia

covid casi chiusi germania

Per ovviare alle differenze tra i criteri usati dai singoli paesi per definire le morti da COVID-19 è opportuno confrontare i dati italiani “corretti” con quelli di tutti i paesi del mondo nel loro insieme.
In un recente studio, Meo e colleghi (J King Saud Univ Sci. 2020 Apr 9) hanno messo in relazione il numero di decessi da COVID-19 nel mondo e la prevalenza dell’infezione da SARS-COV-2 nella popolazione mondiale. I dati si riferiscono al 31 marzo 2020, quando il virus aveva contagiato 750890 persone nel mondo, causando 36405 decessi (mortalità in atto in tale data: 4.8%). Gli autori hanno trovato una correlazione positiva tra mortalità e prevalenza dell’infezione (R2=0.996 ).

decessi su cai nel mondoVisto che il 31 marzo in Italia i decessi erano 12428, il grafico di Meo e colleghi stima che ciò dovrebbe corrispondere a un numero di circa 300000 contagiati (mentre i dati della protezione civile parlano di 105729 positivi). Dunque i contagiati sarebbero circa il triplo di quelli rilevati. Alla data del 16/04/2020, in Italia, i decessi erano 22170 e “dunque” secondo il grafico di Meo e colleghi ciò dovrebbe corrispondere a un numero di contagiati pari a circa 480000, vicinissimo ai 488735 casi calcolati mediante l’algoritmo di correzione. In Cina, un paese dove l’epidemia è (per ora) in fase di stand-by, la stima della mortalità dopo l’ultima correzione dei dati, corrisponde ad una percentuale del 5,60% (4632/82692). Un valore identico a quello della mortalità italiana ottenuta mediante l’algoritmo di correzione (5,62%).
Peraltro, tornando alla tabella dei casi italiani corretti, non sfuggirà agli occhi più attenti che le regioni maggiormente colpite dall’epidemia risultano avere una mortalità in atto più bassa delle altre regioni (Lombardia 4,11%, Emilia Romagna 4,39%, Piemonte 4,88%). Tale apparente controsenso diventa subito chiaro alla luce del fatto che i dati sono stati corretti rispetto al numero reale di casi totali nella popolazione, ma non per le morti in eccesso dovute al superamento della capacità ricettive dei sistema sanitario. Tali decessi, come già dimostrato dall’Istituto Cattaneo di Bologna e dall’Istat, si sono concentrati soprattutto nelle regioni (Lombardia in primis) dove l’epidemia è stata più violenta, con annesso aumento dei decessi avvenuti presso il domicilio o presso residenza per anziani e NON rendicontati nei numeri della protezione civile. Tanto per fare un calcolo approssimativo, è probabile che, confrontando la Lombardia corretta con la mortalità media corretta in Italia (5,62% – 4,11% = 1.51%), circa 1/3 delle morti totali da COVID-19 (1,51% su 4,11%) non siano state correttamente riconosciute come tali in Lombardia.
Tirando le somme, la stima del vero numero di contagiati in Italia ottenuta in questa sede mediante l’uso di algoritmi di correzione e di ragionamenti logici deduttivi appare abbastanza credibile. Dunque, anche se per una via diversa, come in “Le vere dimensioni dell’epidemia”, arriviamo a calcolare una percentuale reale di Italiani contagiati da SARS-CoV-2 alla data del 16/04/2020 inferiore o tuttalpiù vicina all’1% della popolazione totale. Fino a prova contraria (restiamo in attesa di studi sierolgici randomizzati), alla luce di una tale esigua percentuale, l’immunità di gregge è distante anni luce e l’epidemia è destinata a continuare ancora per molti e molti mesi.
Non prendere atto di tale dato di fatto equivale a scavarsi una fossa ancora più profonda di quella in cui siamo caduti, ovvero, in altre parole, si rischia di conteggiare a fine anno un crollo del PIL non di 8-9 punti percentuali, ma di 12-15. Sono necessarie misure drastiche ed immediate: il governo italiano deve essere completamente libero di sostenere l’economia del paese con migliaia di miliardi di euro (sì, avete letto bene: serviranno più di mille miliardi di euro) al di fuori di qualunque assurdo vincolo di bilancio o condizionalità del MES. Purtroppo, invece, ad oggi, anche se l’Italia è il paese europeo che più precocemente e più violentemente è stato colpito dall’epidemia di SARS-CoV-2, l’intervento del governo è stato a tutt’oggi insignificante. Nel seguente grafico, ben comprensibile nonostante non sia in italiano, in rosso vedete quanto i governo abbiano effettivamente erogato a sostegno dell’economia a fronte (zona grigia) di quanto promesso.

soldi effettivamente stanziati

Se osservate i vari paesi, osserverete che tutti quelli legati al cappio dell’euro hanno potuto erogare un sostegno minore all’economia rispetto a paesi non legati da una moneta unica.
Nel meraviglioso mondo dell’euro, dove il mercantilismo del “beggar thy neighbour” è filosofia di vita e dove si compete mediante deflazione salariare, non c’è alcuna possibilità di intervenire in modo adeguato di fronte a quella che appare fin da oggi una crisi economica di dimensioni epocali.
L’unica realtà che possa agilmente e incisivamente far fronte alla situazione è una banca centrale italiana che emetta titoli italiani. Qualsiasi soluzione alternativa (MES, SURE, Eurobond) gestita al di fuori dell’Italia e gravata di condizionalità equivale alla messa in schiavitù del popolo italiano, come già accaduto per la Grecia.
Delle due l’una: o salta l’euro o salta l’Italia. Preferirei di gran lunga la prima opzione.

*

(in caso di cose da dire all’autore: malosmannaja@libero.it)


4 risposte a "Conti senza marchesi"

  1. Mi sembra brillante e ragionevole il modo che usi per calcolare approssimativamente le persone infette non diagnosticate,
    (trovi il numero di infetti previsti dallo studio « randomico » attraverso la percentuale rapportata all’intera popolazione , e sottrai il numero delle persone diagnosticate, a una certa data), dunque la percentuale è circa dell’ 1% della popolazione infetta.

    1) Questo significa che non è così infettivo come supponevo ? ( mi aspettavo almeno il 10%)
    2) Mi sono scaricato il lavoro di Gudbjartsson & c., li si osserva che i bambini sotto i 10 anni e le donne sono più protetti : « In a population-based study in Iceland, children under 10 years of age and femalesad a lower incidence of SARS-CoV-2 infection than adolescents or adults and males”. Io ho una mamma, una moglie e due figlie, quindi mi rassicura(non più di tanto), però mi incuriosisce il meccanismo di infezione, che distingue il genere, e per alcuni è micidiale e per altri molto meno.
    3) Ci sono studi sui modelli matematici per tentare di descrivere il decorso dell’infezione, ho sentito intervistare diversi studiosi in teelvisione, ma nessuno ha mai detto come potrebbe essere una curva che descrive questo contagio nel futuro, tu hai qualche info in proposito.
    Sono completamente d’accordo con te sul fatto che il capitalismo ha la vista corta e il suo unico iteresse è l’incremento del capitale, l’america ne è l’esempio più eclatante, vedremo come finirà, anche noi con la nostra confindustria. Grazie per le info, un caro saluto.

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    1. 1) in Lombardia e in altre zone molto colpite non posso escludere che i contagiati siano attorno al 10% (o anche di più), ma *i dati attuali* non consentono né di dimostrarlo né ipotizzarlo. la difficoltà è sempre quella di restare il più possibile aderenti ai dati di cui disponiamo. se fossi il ministro della sanità, invece di perdere tempo a giocare con le app (non c’è limite all’idiozia), con una spesa irrisoria rispetto a tutto il resto avrei già testato random la sierologia di 10000 abitanti di Bergamo, 2000 abitanti di Rovigo, 5000 abitanti di Ancona e 10000 abitanti di Napoli. per quanto riguarda la contagiosità, il virus è molto contagioso (vedasi i dati qui https://copylefteratura.wordpress.com/2020/04/13/la-contagiosita-di-sars-cov-2/) ma l’R0 stimato nei diversi studi e in diverse condizioni (libertà di movimento o lockdown) è molto variabile, quindi difficile poter fare previsioni sulla prevalenza dell’infezione in data odierna a partire da tale dato.
      2) le complicazioni nei casi severi di COVID che portano al decesso, sono dovute soprattutto a microtrombosi da danno endoteliale (attivazione del complemento e infiammazione rendono il sangue “più coagulabile”). nelle seguenti contrapposizioni, i primo gruppo è più suscettibile del secondo a tale eventualità: uomini vs le donne, obesi vs magri, anziani vs giovani e malati con patologie vascolari (diabete, ipertensione etc) vs sani. in più, poiché esiste una importante variabilità genetica nel modo in cui il singolo individuo risponde all’infezione (minore o maggiore attivazione del complemento e infiammazione) esiste anche una forte variabilità tra i sintomi (da nessuno a sintomi gravi) all’interno del singoli gruppo.
      3) la curva è esponenziale senza lockdown (quindi conduce al contagio di oltre 60%-70% della popolazione in pochi mesi), ma cambia in funzione delle contromisure messe in atto nei vari paesi. non esiste una curva dell’infezione in assoluto, esistono tante diverse curve al variare delle condizioni sperimentali
      ricambio il saluto con un abbraccio a te alla tua bella famiglia
      : )

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  2. Leggo oggi che l’indice di contagiosità R0, che indica il numero medio di persone che una persona malata infetta scende tra 0,5-0,7 . Però i positivi continuano ad aumentare, oggi sono 2645 in più, e 464 morti. mi sembra una situazione con tanto sommerso che non si conosce. Il mio paese Samarate, in provincia di Varese non è particolarmente colpito, però ci sono già 8 morti, e in tutto 19 infetti noti, questi numeri non fanno statistica, però è una mortalità elevatissima.

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    1. hai più che ragione: il sommerso c’è ed è sicuramente rilevante. però basta un sommerso dell’1% su scala nazionale per mantenere l’R0 sopra a 1 in condizioni normali. se in aree molto colpite continuano a salire i contagi in condizioni di lockdown (sempre tenendo conto che il nostro lockdown è un po’ all’acqua di rose) è possibile – ma come già detto non ho dati che possano supportarlo – che in tali aree molto colpite continui a sfuggire alla diagnosi anche un 10% della popolazione locale. insomma, come scrivevo sopra, la situazione può differire in modo sostanziale a seconda dei contesti. ad esempio, la nostra azienda sta facendo un mini-screening tra il personale sanitario (medici, infermieri, oss) e le positività misconosciute sono inferiori all’1% a fronte di lavoratori che possiamo considerare ad alto rischio. per contro in due RSA della provincia sono stati contagiati quasi il 50% degli anziani e degli operatori.
      la mortalità, in effetti, è molto elevata. ma la letalità, per contro, potrebbe essere molto bassa se il sommerso è significativo. e si torna al commento precedente: bastava meno di una settimana per condurre uno studio sierologico randomizzato su 30000 persone ripartito su diverse città… perché diavolo non l’hanno ancora fatto, mi domando…

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