Amami almeno una volta e soltanto nel ricordo
quando verrai da sola a vedere il mio tramonto in ginocchio,
ma sul trono hai il volto fuso con un tragico diadema
che per una solitudine regale
vomita nel calice una gorgiera di detriti e di rubini.
Dietro una palizzata di macerie le coronarie danzano con la Morte
e già sanguinano in un quadro ancora non finito…
l’ultimo artista del potere ha negli occhi mistici ferro e fuoco
e secolari cecità - e nella sua fogna mistica menzogne e inganni.
Le mani dei poeti contro il muro segreto non minacciano il perdono,
né chiedono soltanto mutilati ovunque e impietosi
di restare invano nei sottosuoli
per onorare muti le proprie parole… ma vivi!
Antonio Sagredo
(19 marzo 2022)
2 risposte a "Antonio Sagredo: Ogni mattino, di grazia, una nemesi…"
riporto un giudizio del poeta Steven Grieco-Rachteb:
—
Steven Grieco-Rathgeb 20 Marzo 2022 alle 14:53
Con l’andare degli anni, questo poeta affina le sue armi, il tono rimane rabbioso come sempre, ma qualcosa in lui si è addolcito, lo senti nel sottofondo, quasi stesse per raggiungere una sorta di riconciliazione con se stesso, e con il mondo che sempre rimarrà incomprensibile.
Così mi ha scritto Emerico Giachery a proposito di questi versi miei:
Caro Antonio, grazie per aver pensato a questi due ultranovantenni. In questi tempi di crudeltà e di contagi mortali, sentiamo molto pertinente la tua parola di “ferro e fuoco”, i suoni spietamente metallici, l’atmosfera da danza macabra di Breughel, l’esigenza struggente di sentirsi disperatamente “vivi”, tra macerie e cimiteri, restando inaccessibile e pur desiderata una “regina” lontana, di cui soffriamo l’aspra estraneità. Un abbraccio e molti auguri affettuosi da Emerico e Noemi
riporto un giudizio del poeta Steven Grieco-Rachteb:
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Steven Grieco-Rathgeb 20 Marzo 2022 alle 14:53
Con l’andare degli anni, questo poeta affina le sue armi, il tono rimane rabbioso come sempre, ma qualcosa in lui si è addolcito, lo senti nel sottofondo, quasi stesse per raggiungere una sorta di riconciliazione con se stesso, e con il mondo che sempre rimarrà incomprensibile.
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Così mi ha scritto Emerico Giachery a proposito di questi versi miei:
Caro Antonio, grazie per aver pensato a questi due ultranovantenni. In questi tempi di crudeltà e di contagi mortali, sentiamo molto pertinente la tua parola di “ferro e fuoco”, i suoni spietamente metallici, l’atmosfera da danza macabra di Breughel, l’esigenza struggente di sentirsi disperatamente “vivi”, tra macerie e cimiteri, restando inaccessibile e pur desiderata una “regina” lontana, di cui soffriamo l’aspra estraneità. Un abbraccio e molti auguri affettuosi da Emerico e Noemi
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