“Parola poetica difforme quella di Loriana D’Ari, dalla natura lancinante, magmatica che si addensa nelle polarità del tragico in cui depositi di rifrazioni dolorose, memorie offuscate di formazione fetale e di decomposizione mortale, sedimentano in una componente linguistica fluida, affannata appena dietro il nodo di un dolore senza possibile via d’uscita.”
“[…]…una mescolanza impura, che ha la forza di divenire impulso illimitato verso l’inviolabile riserva della solitudine, separando i nodi magnetizzanti della ragione, rivelandone la realtà tragica, per strappare all’oscurità ciò che si nasconde oltre le contraddizioni e le ferite della quotidianità.” Antonella Pierangeli

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Inediti di Loriana d’Ari
Il divenire umano (Pu Yi Aisin Gioro, Lenin, Hirohito)
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Kāngdé
c’è voluta intera la vita a divenire un uomo
appreso il peso del corpo perdere i fili uno a
uno, del fantoccio ammucchiato all’angolo
rimane il sorriso sghembo, lo slargo dell’occhio
scucito dalla luce. quanto tutto è reale, adesso
che anche l’aria potresti toccarla, e nulla
più a lungo trattenere.
la frana dei sensi cede calore alla terra
ne drena la linfa, non rimargina
.
Volodja, 1924
fa musica la pioggia, di questo cristo ammaccato
un suono bianchissimo e cavo. la coperta appesa
di sbieco, la scapola esposta uno spigolo inerme
nel buio. ma può ancora apprezzare da solo
la dismisura della compromissione, così trascina
l’arto inerte, finché l’accoglie la pietà dell’erba.
domani lo porterà il vento
il sole asciugherà le ossa fradicie
il partito vedrà di accordare il permesso di morire
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Gyokuon-hōsō
il passo è quello dell’ultimo miglio
un lento biascichio di sassi
l’uniforme allo schienale ha ceduto
tutto il rigore, orfana del dio uscito di scena
ma questo è l’uomo, e parlerà.
possa la voce resistere alla notte
calare sui feriti a morte come
un velo sulle stanze sventrate dalla luce
.

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Trittico senza titolo
mare io t’abbracciavo in un lampo
forse troppo azzurro quando
mi voltai e c’era lei al mio fianco
un sobbalzo non tanto la morte
quanto lo spavento che potesse
d’un tratto gli occhi fissi a un orizzonte
verticale che potesse finalmente
parlare da quest’altra dimensione che
sta qui accanto
che se allungo la mano anche l’ultima
parete di cartone potesse crollare.
basterebbe una parola soltanto, quella
che tace. laggiù in fondo, se guardi bene
c’è un’aura di luce attorno a un lampione
spento
.
ma l’inorganico è poi così distante
o siamo tutti sepolcri brulicanti sottratti
al tempo? se solo mi desse tregua questo mare
perché la vista ha saturato la visione
e ogni bagaglio è un ingombro innecessario
quando m’immergo e il mondo
fuori asse capovolge fino a deragliare
i sensi. così a tentoni raccolgo i frammenti
di un dio che ha cessato d’esistere spargendo
dappertutto questo sale e io
cieca dalla nascita lo sento di qua
da vederlo e muoio
di sete, con tutto questo mare addosso
.
chissà se i pesci sono muti davvero o noi
non li sentiamo.
stamattina aprendo l’ombrellone, ne è volata
una rondinella, quasi covata nel sonno dall’ala
di un pipistrello, e resa al giorno.
serve forse uno sguardo incorrotto
dalla luce? e se il futuro non fosse di là da venire
ma qui che addensa, ciecamente? un richiamo
dell’oltre a portata di mano a perdere
gli occhi come le foglie, per una stagione soltanto
scordare tutto tranne la pelle
come aquiloni che nient’altro sanno che tenersi
al vento, e al polso sottile di un bimbo
.
*________*
Loriana d’Ari vive a Genova, dove lavora come psicoterapeuta. Ha pubblicato su diverse riviste e blog letterari e ricevuto riconoscimenti in occasione di vari concorsi, tra cui il premio Gozzano, Bologna in Lettere, Poesia di Strada. La sua silloge d’esordio, silenzio soglia d’acqua (arcipelago itaca ed. 2021) è risultata vincitrice del VI premio Arcipelago Itaca per la raccolta inedita di versi (opera prima), ed è stata anche segnalata al premio “Lorenzo Montano.
notevolissime.
il trittico iniziale sonda l’umano inteso come essere in conflitto non solvibile (in eterno divenire) tra le realtà dei fatti e i mondi soggettivi. in parallelo, divenire umani (inteso come *diventarlo*) implica anche un processo di accettazione (1) della propria intrinseca fragilità, nonché (2) della vocazione al fallimento di qualunque astrazione/idealizzazione (sensi compresi, visto che la vita “un senso non ce l’ha”).
degna di nota l’allitterazione p/pr del secondo verso di Kāngdé che conferisce – lasciando una ferita aperta “non rimarginabile” – meccanica e peso fisico a tutti noi imperatori bambini-burattini e ai vari fili (conduttori) mentre si strappano.
ottima anche la scapola in “sineddoche” del corpo umano e fisico (di Cristo): esposta e costretta a subire passivamente il tempo a mo’ di collina erosa dagli agenti atmosferici (pioggia, e-venti, ect). il candore assoluto della compromissione…
poi mi ha colpito e affondato (in mare aperto) la prima del trittico, in particolare la chiusa acapàta di “spento” dopo il “se guardi bene” – a chiedere una più accorta complicità al lettore – propedeutico alla visualizzazione soggettiva di un’aura di luce attorno… a un lampione, per l’appunto, *spento*.
post haec intelligens, cui titulum prodest?
il *mare* di vivere che non ci dà tregua, ovvero il peso fisico di un *mare* che ci scende “addosso” (ma nel contempo sale, sulla ferita di cui sopra) è la “parete di cartone” avvolgente a 360° che ci separa dell’inorganico brulicare di altre forme di non vita (e di vita). “bagaglio” e barbaglio, fischi e fiaschi, ohi… dei nostri sensi (attribuiti alle realtà dei fatti) quello che più ci inganna pare che sia proprio la vista: la pelle, il tatto, il *contatto*, “l’oltre a portata di mano” sono più schietti (id est, meno *artefatti*) e quindi più sinceri.
ebbenesì, c’è molto più futuro nell’adesso che nel poi: con il cartone di cui sopra, mi faccio un aquilone, lo regalo a un bambino e domani vado sulle “banche dell’Adige” alla 61esima edizione della sagra nazionale degli aquiloni
: ))
un abbraccio a Doris che ci ha presentato Loriana d’Ari e grazie e complimenti a Loriana d’Ari che, oltre ad essere poetessa sarà di certo, coerentemente, valida psicoterapeuta.
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