Elio Coriano: per una poetica del materialismo storico – di Anna Rita Merico

Elio Coriano, Pane, lavoro e sangue, Musiacaos Editore, 2020

Elio Coriano: per una poetica del materialismo storico

di Anna Rita Merico

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Noi alla scuola del pane e della parola non ci siamo mai andati

ce lo impediva il padrone e l’economia

ce lo impedivano secoli di ignoranza di testa bassa a faticare

eravamo stati condannati all’ergastolo della carne e dello spirito

non potevamo alzare la testa

non potevamo dire noi non potevamo dire io

non potevamo sapere non potevamo capire

non potevamo esistere[1]

Abbiamo sempre pensato alla letteratura working class come pagina narrante la classe operaia il cui salario è legato all’industria. Madre della letteratura working class è stato quanto si è mosso in storia e in letteratura in Gran Bretagna nel corso del XIX sec. In Italia abbiamo “superato” il problema non nominandolo, invisibilizzandolo e, doppia invisibilizzazione, non ci siamo dati l’opportunità di dirne molto se non in pagine di letteratura meridionalistica o di settore, pagine storicizzate perchè tenute nello spazio del tempo andato trasformato in tempo sospeso. Intellettuali hanno detto di operai, lo hanno fatto con uno sguardo situato al di fuori della realtà di cui dicevano o dall’interno di un processo politico di cui i sogetti interessati (gli operai) non sempre erano consapevoli.

Noi, intanto, lungo tutti gli anni ’70 dello scorso secolo, nelle nostre case, ci liberavamo felici di una stampa di Sant’Antonio o di una matthrabanca appena sghemba che era lì da mezzo lustro.

Intellettuali che hanno detto dei contadini a Sud sono un’altra pagina. Scrivere dei contadini a Sud ha significato dire di ritardi legati a domini, a durate lunghe del periodo feudale, all’analfabetismo. Con la poesia di Elio Coriano questo Sud si dice in prima persona, l’io poetico diviene radice di testo che indica fibre sfatte dalla fatica. L’occhio, in questi versi, è catapultato dentro il significato del farsi dei corpi e dei pensieri soggiogati dal lavoro. L’io poetico non è esterno al mondo rappresentato, universo salentino.

Elio Coriano con le Sue liriche torna potente e lucido a dirci che questo tempo non è tempo andato ma è tempo che ci riguarda, è tempo della memoria di ognuno di noi, è tempo di quella storia vicina che ancora brucia sotto la pelle e dentro le vene. I contadini di cui Elio ci indica pensiero e gesto non sono né a Liverpool né nell’ex triangolo industriale del nord Italia. Elio ci indica le nostre storie, le nostre espropriazioni che non sono state espropriazioni di terra ma di voce, di pensiero, di libertà.

Elio Coriano parla di lavoro. Il lavoro di cui Elio dice, lo dice in potente poesia. Il lavoro così come emerge dai Suoi testi è lavoro di cui si colgono mancanze, ferite, impossibilità, lacrime, rabbie. Il Poeta dà voce alla Ferita di un’umanità rimossa, un’umanità povera nei gesti e nei possessi. Non ci sono equivoci, tutto è detto con il lucore di un poetare che indica precisa la denuncia e il dolore. Il lavoro è dietro foglie di tabacco, dietro la pelle indurita cui è sottratta anche la possibilità di donare carezza. E’ lavoro.

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Gli sparvieri del latifondo banchettavano

con la poca carne dei contadini

i contadini non dovevano far altro che lasciarsi spolpare

e continuare a sorridere senza labbra

alzare la testa non si poteva

bisognava guardare a terra e poi piegarsi piagarsi

ma sempre in silenzio sempre rispettosi ad ossequiare a salutare

coppola in mano il padrone[2]

Francesco Jovine, Vincenzo Buccino, Corrado Alvaro, Ferdinando Camon, Rocco Scotellaro, Carlo Levi, Ignazio Silone e, dietro, sino a Verga a dirci di realismo a sud. Qui, con Elio Coriano, sentiamo una dimensione precisa, quella salentina: è canto di vita nei “magazzini del tabacco”. E’ storia di venti umidi, quelli che portano il freddo nelle ossa, quelli che entrano all’alba portandosi via i moribondi, è storia che dà voce a chi la voce l’ha persa, è storia che esce dalle pieghe del desiderio di chi non ha acceso al proprio desiderio.  Quella di Coriano non è narrazione o denuncia. Quella di Coriano è poesia civile intrisa di memoria. Non è poesia popolare,  non è elegia, è poesia che dice –con un solo gesto- umanità, politica, bestemmia, rassegnazione e lo fa non collocandosi fuori dalla storia ma dentro le pieghe più intime dello stare dentro la storia. La poesia di Elio pulsa di storia e di battito di vita, nulla è incantato, sospeso, immobile. Tutto rimanda alla gestione del quotidiano, al vissuto.

Simone Weil entra, volutamente, per un’esperienza di lavoro all’interno della Renault e lì cerca comprensione della catena che rende schiavi: è il suo modo di porsi dinanzi all’indagine per un pensiero filosofico che, giunto al suo epilogo, annulla la possibilità all’essere umano di essere. E’ il Leviatano, il potere, che è giunto all’apice del proprio agire. I versi di Coriano, dinanzi alla sparizione mai nominata del desiderio che il potere ha, bucano muri di silenzio, trafiggono sospensioni, lasciano grondare nuove sorgive di parole e ci indicano sentieri attraverso cui il pensiero illumina esistenze “non degne”.

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Le mie figlie continueranno la mia miseria?

perpetueranno le attese senza speranza?

o andranno a scuola

si forgeranno strumenti da utilizzare

                                       oltre alle mani e alla schiena

sapranno distinguere

sapranno scegliere tra varie possibilità

o saranno condannate come me

                                            incatenate senza catene

                                            prigioniere senza prigioni[3]

Ciò che nei fotogrammi poetici di Elio Coriano emerge, è la dimensione del conflitto: è conflitto mai urlato né espresso. E’ conflitto che non accede alla soglia della consapevolezza. Il conflitto è un silenzio da controra estiva nei vicoli. Il conflitto è mano tesa a cercare un cambiamento che non ha orizzonte oltre la richiesta per una figlia o per un uomo: è orizzonte ristretto, è impossibilità di sguardo all’interno di un universo in cui “mesce” e “signurini” allenano al timore per la delazione, al controllo del pensiero.

La Poesia di Elio Coriano non vuole elaborare un nuovo immaginario. La Poesia di Elio vuole riflessione intorno al tema del lavoro, intorno al tema dello sfruttamento quello che fa tornare l’essere umano all’essere bestia annullando umanizzazione e bellezza. E’ poesia di grande realismo così come solo l’autentica poesia sa essere. La poesia di Elio Coriano ci consente affondo nel ventre dei motori della storia e lo fa a partire da un angolo visuale periferico e pulsante.

La poesia può mutare i rapporti sociali?

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Cercare verità

dire verità

arrivare insieme ala verità

è un vero atto rivoluzionario

più sai più puoi[4]

I rapporti di forza si perpetuano nel tempo e, il Leviatano, muta sempre le proprie forme seduttive o il suo sfamarci di quel tanto che basta, ovvio. Leggere Elio è confrontarsi su come è storicamente avvenuta una precisa modalità di sfruttamento a Sud. E “più sai più puoi” è per dire che abbiamo bisogno di storia, una storia agita in una dimensione materiale. La bellezza del poetare di Elio è nel fatto che i Suoi versi agiscono sulla temeraria linea in cui simbolico e materialità si fronteggiano, per Elio la trasposizione poetica è nel fatto che il Suo modo di dire di storia materiale è carico di significato simbolico e di allusioni alla condizione umana. La Sua poesia trasfigura il tozzo duro di pane in bene universale, di tutti. Nelle pagine di Pane Lavoro e Sangue spariscono tutte le latitudini e, al posto dell’essere umano vi è il Lavoro, quello che denuda, quello che scortica, quello che immobilizza intenti e progetti esistenziali, quello che cuce i destini addosso come sbarre di ferro alle finestre dell’esistenza.

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Scrivere delle mani spaccate dai calli

dei disastri della candeggina a mani nude

della terra che non riuscivi a togliere dalle unghie

scrivere delle mosche che danzavano impazzite                 attorno al secchio del latte

scrivere degli sguardi rassegnati

                          illuminati da un’altra alba di fatica[5]

La bellezza di questi versi è anche nel fatto che, questa umanità di cui Coriano mostra l’anima, non è immobile, fasciata in sé stessa. E’ umanità pulsante di cui si respira movimento. Ciò a dirci che un Poeta sa cogliere anima anche lì dove il Leviatano ha tolto sangue ai corpi, un Poeta sa vedere senso nella scarnificazione perché la Poesia è per chi ha occhi nella storia oltre che nell’anima. Di ciò Elio Coriano ci dà lezione attraverso un gesto di profondo e poetico sentire.


[1] Elio Coriano, Pane lavoro e Sangue, Musicaos ed. 2020, pg. 19

[2] ivi pg 37

[3] Elio Coriano, A nuda voce, Musicaos ed. 2017, pg 43

[4] Elio Coriano, Fur Ewig 3, Lupo Editore 2013, pg 37

[5] Elio Coriano, A nuda voce, cit. pg 70

Elio Coriano è nato a Martignano nel 1955. Poeta e operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’Istituto Professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato “A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso meccanico” (Three deserts from the shadow of the last mechanical smile – Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con “Le pianure del silenzio” tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore, E 800 – European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per “I Quaderni del Bardo”, “Dolorosa Impotenza. Il Mestiere delle Parole” con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato “Scritture Randage” con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 è “H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001)” con ‘i libri di Icaro’. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare “Stella Grande e Anime Bianche” di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, intitolata FÜR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aluisi. Nel 2010 pubblica, per Lupo Editore, “Il lamento dell’insonne”, vincitore nel 2012 del premio nazionale “Città di Mesagne”. Nel 2013, pubblica “Für Ewig 3” (Lupo Editore), presentato per il “76° Gramsci, Pensatore Unitario” il 27 giugno 2013 presso la Biblioteca della Camera dei Deputati.
Nel 2014 (poi ristampato nel 2015, e pubblicato nel 2017 in una nuova edizione) esce “A nuda voce. Canto per le tabacchine” (Musicaos Editore), opera che intende restituire una voce alle tabacchine morte il 13 giugno 1960 a Calimera, a causa di un incendio nei locali della ditta Villani e Franzo. I testi di “A nuda voce. Canto per le tabacchine” fanno parte di uno spettacolo teatrale e musicale realizzato da Elio Coriano, con Stella Grande e Vito Aluisi, rappresentato ancora oggi in tutta Italia, dall’ottobre del 2014. Il 29 settembre 2015 “A nuda voce. Canto per le tabacchine” è stato ospitato presso La Biblioteca della Camera dei Deputati.
Nel 2018 pubblica la raccolta in formato ebook “La solitudine del giostraio” (a cura di Stefano Donno). Nell’aprile del 2018, con Stella Grande e Vito Aluisi realizza il recital “Galatina 1903, Pane lavoro e Sangue”, i cui testi confluiranno in questo volume.
Nel 2019 riceve il Premio Nazionale di Letteratura “Memorial Salvatore Bonatesta” e il premio “Voci a Sud Est”, assegnato dal Comune di Uggiano la Chiesa (Le). Il 16 novembre 2019, riceve il Premio Martora d’Oro del Comune di Martignano.
“Pane lavoro e sangue” (Musicaos Editore) è la decima raccolta pubblicata da Elio Coriano.
“Pane lavoro e sangue” (Musicaos, Collana Poesia, 22) nel 2021 è la raccolta terza classificata alla 18sima edizione del Premio “Città di Mesagne”.

https://musicaos.org/elio-coriano


2 risposte a "Elio Coriano: per una poetica del materialismo storico – di Anna Rita Merico"

  1. Quanto nitore in questa poesia che scava/incide con tratto fine e fluido (l’orizzontalità senza interpunzione del verso) per farsi voce, prima persona, di un mondo – il nostro ieri – di contadini del Sud, che come dice Anna Rita Merico, in questa illuminante lettura, ci proietta “dentro il significato del farsi dei corpi e dei pensieri soggiogati dal lavoro”. Tengo ad aggiungere, come dicono le note che accompagnano il libro, che “’Pane lavoro e sangue’ nasce nel 2018, su iniziativa del Club per l’Unesco di Galatina (Le), che chiede a Elio Coriano di ricordare “I Caduti del Cristo Risorto”, del 19 aprile 1903, […] quei giovani galatinesi che in quella data vennero uccisi, vittime della miseria e dello sfruttamento, contribuendo con il loro sacrificio al risveglio della coscienza civile nel Salento che portò alla pronuncia di uno dei Primi Contratti di Lavoro tra Contadini e Agrari.” Una poesia che richiama Rocco Scotellaro e a me ricorda il compianto e caro Franco Corlianò, calimerese, a due passi quindi da Martignano, tanto da chiedermi se Elio ha avuto modo di conoscere Franco.

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