
‘La Conoscenza della sera’ è l’unica opera poetica di Joë Bousquet, il titolo riprende la nomenclatura sui gradi della conoscenza, stabilita da Agostino nella sua opera di commento ed interpretazione della Genesi: ‘Genesis ad litteram’.
Secondo Agostino vi è una conoscenza mattutina, quella delle cose nel “verbo”, nella legge imperscrutabile, ed è la conoscenza propria degli angeli, vi è poi la conoscenza meridiana, nella pienezza della luce, la conoscenza delle cose prima della loro creazione, una conoscenza che appartiene solo a Dio, infine vi è la conoscenza vespertina, quella delle cose in sé, così come vengono sperimentate, ed è questa la conoscenza che compete all’uomo.
Queste ‘cose’ di per se extra verba una volta entrate nell’orbita conoscitiva dell’autore, secondo una mia interpretazione, vengono trasformate in oggetti puramente verbali, e nel loro insieme danno origine al mondo di parole che, progressivamente, nel corso di decenni l’autore si è costruito come esoscheletro di un corpo alternativo.
Della conoscenza notturna Agostino non parla, che sarebbe una conoscenza demoniaca.
Ma sia il mattino che la sera hanno anche loro porzioni di tenebra che devono essere sondate.
Joë Bousquet è nato a Narbonne il 19 marzo 1897, partecipa alle vicende della prima guerra mondiale, durante la quale viene ferito a Vailly il 27 maggio 1918, e rimane da allora paralizzato “dai pettorali in giù”. Si stabilisce a Carcassonne in una camera con le tendine sempre abbassate, in una penombra artificiale, piena di libri, intrattiene relazioni epistolari e di amicizia con i principali scrittori del suo tempo, e incessantemente scrive. Muore il 28 settembre 1950.
Negli stessi anni Proust costruisce il suo mondo su una porzione ristretta di realtà, il suo disprezzo e lo sguardo acuto si posano e avvolgono fatti e persone nella storia e nel tempo,
Bousquet invece costruisce il suo con le parole che avvolgono le cose senza tempo, anche le piccole cose che girano intorno alla sua stanza, che diventa un mondo puramente verbale. Tutte le parole sono strumenti di scavo, il suo buio è composto da raggi di luce nera, non da privazione di luce, tanto basta ad un uomo del sottosuolo, al suo erotismo dello sguardo, che cerca la comprensione del mondo femminile ossessivamente, ricostruendolo a partire dal fantasma del suo corpo disgregato. Mi sembra che ci siano due personalità contemporaneamente attive in Bousquet, una attaccata alla vita, che cerca la gioia, anche nella fisicità, e l’altra disperata che cerca la morte.
Tante sue frasi o versi sembrano composti per metà dall’una e per metà dall’altra personalità, e la fine di una frase sembra negare il suo inizio. Un approdo finale del surrealismo. Questo è particolarmente evidente nei romanzi, ad esempio “La tisane de sarments” , che in realtà sono raccolte di aforismi, e descrizioni delle percezioni del mondo esterno, dalle parole non intese, ai rumori del vento, e poi l’apparire e lo scomparire, l’entrare e l’uscire dalla stanza delle persone che lo accudiscono, l’amore che cerca di leggere negli sguardi e nei gesti.
Penso per analogia ad un proto surrealista come Aloysius Bertrand ed al suo Gaspard de la nuit, un altro mondo notturno costruito con ragni fantasmi e fantasie infantili, come rifugio nel sogno tra parnasse e un realismo magico. In comune hanno il fatto di essere mondi fittizi, non di materia solida come quello Proustiano.
Il mondo non è concepito come composto da oggetti, come i sassi o gli elementi della scala periodica, ma dalle relazioni: il mondo è ciò che accade, e quello che accade è il ‘sussistere di stati di cose’ come suggerisce Wittgenstein nel Tractatus.
Di ciò di cui non si può parlare Bousquet continua sempre imperterrito a farlo, e le sue parole hanno le complicazioni tecniche di una tragica estenuazione del romanticismo che insegna per prima cosa a leggere nella lingua la musica della lingua.
E’ una mia fantasia quella di associare l’opera di Bousquet all’ultimo movimento (Scarbo) del trittico per piano di Ravel sul Gaspard de la nuit.
Di seguito quattro poesie nella mia traduzione.

L’una Guarda, da tempo l’avremmo presa per l’altra quella la cui parola sarà pura invenzione: la vita stessa. Attraverso il suo corpo entrerà nella dolcezza che contiene l’universo senza che il tempo si svegli senza che lo spazio scalpiti. Una donna folle della sua voce sarà luce per tutti i ruscelli. Da tempo avrebbero dovuto annunciare la sua venuta ma le loro parole si beavano di circondare solo le loro voci e i loro occhi e la terra continuava a volteggiare nello spazio avvolta da un vento che non amava il linguaggio umano. La contemplo ogni istante con tutta la mia carne i miei sguardi la scacciavano dal mio amore i miei occhi di sale la rimuovevano dalla mia vista. Ombrina la regina nemica della musica una bellezza di velluto dalla quale le apprensioni mi separano e sorella della morte che mi farò arrivare. L’une Longtemps on l’aura prise pour une autre Celle dont la parole sera pure invention étant la vie même Elle entrera par son corps dans la douceur de contenir l’univers entier et sans que le temps s’éveille sans que l’espace frémisse Une femme la folle de sa voix qui sera la lampe de tous les ruisseaux Depuis longtemps ils auraient dû annoncer sa venue mais leur parole n’avait fait le tour que de leur voix de leurs yeux et la terre évoluait dans l’espace enveloppée d’un vent auquel le langage des hommes n’était pas interieur Je la regarde avec toute ma chaire à chaque istant Mes regards la chassaient de mon amour mes yeux de sel l’avaient ôtée de devant moi Ombrine la reine et l’ennemie de la musique Une belle en velours dont mes soupirs me séparent Et la soeur de la mort qui me viendra de moi L’una o l’altra La lampada della camera oltre i vetri della porta aveva curato tutta la sera la triste luce di tutti i venti una voce voleva afferrare chissà cosa dentro se stessa e improvvisamente fuori da ogni parola la voce ora domina il suo amore come se attorno non ci fosse che un cielo vivente dove il minimo gesto spremerebbe lacrime dal tutto Ma dov’è dunque lo spazio che sa leggere l’esilio nelle lacrime Un’acqua sussurra. L’ultima parola ragionevole è per constatare che si è fatta morire la ragione Aprendosi attraverso te uno sguardo penetra nei tuoi occhi e fa nuda la carne di quello che sei La tua bocca nella notte bianca di un sorriso la faccia traccia tutte le prove del tuo pensiero Il volto aperto alle mani dei tuoi segreti pioggia d’argento dove bere al silenzio Un fratello pallido attraverso la felicità guatava tristemente la strada di altre felicità Il tuo cuore ha preso la sua pena i suoi occhi prenderanno tutta la sua vita Cosa avrai mai fatto tu che hai voluto alla tua innocenza aprire prima dei giorni con le mani tutta la vastità del desiderio L’une o L’autre La lampe de la chambre à travers les vitres de la porte avait regardé tout le soir la triste lampe de tous les vents Une voix voulait atteindre on ne sait quoi en elle même et soudain hors de toutes paroles Domine son amour comme s’il n’y avait autour d’elle Qu’n ciel vivant où le moindre geste tirerait des larmes de tout Mais où donc est l’espace qui lirait l’exil dans les larmes Une eau chuchote La dernièr parole raisonnable est pour dire qu’on a fait mourir la raison S’ouvrant à travers toi un regard pénètre tes yeux déshabille ta chair de celui que tu es Ta bouche dans la nuit blanche d’un sourire ta face tous les gages de ta pensée Visage descélle aux mains de tes secrets pluie d’argent où boire au silence Un frère pâle à travers le bonheur regardait tristement La route du bonheur Ton coeur a pris toute sa Peine ses yeux prendront toute sa vie Qu’auras-tu fai stoi qui voulus à ton innocence d’avant les jours ouvrier avec tes mains toute l’étendue du désir

Galante di neve
Anche un desiderio menzognero del suo lutto fa lamento
l’istante non nato è pianto ogni giorno nel tuo cuore
dove la carne orfana s’inganna in un tormento
al nulla materno d’un amore senza amore
Le galant de neige
Même un désir menteur de son deuil se chagrine
l’istant qui n’a pu naître est pleuré dans tes jours
ou ta chair trompait-elle un tourment d’orpheline
au néant maternel d’un amour sans amour
Congedo
Nell’attesa nel fiacco sopportare
il mio cuore stanco di vivere dimezzato
possa morire ascoltando il frusciare
che tiene ciò che ama addormentato
Envoi
Puisse en l’attente qu’il endure
Mon coeur las de vivre à demi
Mourir d’entendre le murmure
Qui tient ce qu’il aime endormi
“La camera in cui mi trovo immobile ha toccato il fondo dei miei occhi. Accade che entri con me nel sogno: orbene, aprendo gli occhi sui quadri che vi sono appesi, ignoro se sogno oppure no. Essa è penetrata in me come io m’introdussi in lei; ma questo mutamento non ha agito sul mio linguaggio.” J.Bousquet ❤
(da "Il silenzio impossibile" Via del Vento edizioni, collana Ocra Gialla, a cura di Antonio Castronovo)
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stavo scrivendo un bel commento articolato, ma mi è saltata la connessione ed è andato perso. in breve, riprendo il filo dei pensieri.
belle, come sempre le parole di Giancarlo, forse addirittura *troppo* ricche di argomenti, tanto che giungo ai versi di Bousquet carico di grandi aspettative e resto un po’ deluso (manca una vera traspirazione poetica, a mio umile modo di sentire).
: )
anche se non amo in modo particolare sant’Agostino (le mie simpatie filosofiche vanno più che altro a Eraclito, Schopenhauer, Derrida, Nietszsche, Popper e Zizek per citare i primi nomi che mi vengono in mente), mi piace l’idea d’un esoscheletro fatto di parole, le cui scaglie siano utilizzabili anche a mo’ di mini-pale per scavare.
epperò se la realtà è soprattutta accadimento relazionale (e siamo d’accordo con Wittgenstein) ciò che accade alla fine della mia lettura è che mi resta in testa poco, oltre al sofferto romanticismo del tutto. ecco, sì, almeno questa coppia di versi… me la porto via:
“una voce voleva afferrare chissà cosa dentro se stessa
e improvvisamente fuori da ogni parola”.
il solito grazie gigante a Giancarlo che con generosità non comune continua a nutrire di parole la nostra piccola “comunità neobarista”.
: )
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Sopravvissuto, e male, alla Grande Guerra, la sua relazione con il tempo, soprattutto con quello della fine, non può non essere un tema evidente. Anche la durata del tempo interiore. Da Agostino a Bergson e Proust. Se per quest’ultimo la stanza era più o meno una scelta, per questo poeta sepolto vivo, una prigione letterale. Nato pochi anni dopo la morte di Rimbaud guarda però, a quel che sembra a me, più verso i suoi contemporanei Èluard e Prévert. Lo trovo un poeta molto musicale e aggraziato. grazie per averlo proposto e per le traduzioni che tradiscono un poco, come è giusto che sia.
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