Sabatina Napolitano: Cantico degli amanti – prefazione Pasquale Vitagliano, postfazione Gianpaolo G. Mastropasqua – I Quaderni del Bardo Edizioni 2024
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Prefazione
L’estasi amorosa è imponderabile. Il sentimento amoroso è indomabile. Le forme più comuni per rappresentarlo riempiono di sabbia le mani di chi voglia comprenderlo realmente. Non bastano le frasi rimate nascoste nei cioccolatini, neppure le meccaniche del sesso epigrammatico. Per fare un’esperienza di quanto rovente possa essere la materia dell’amore e nello stesso istante vibrante di una tensione mistica estrema fino al punto in cui dolore e piacere si toccano sorpresi, si può leggere questo Cantico degli amanti – dal lato del marito di Sabatina Napolitano. Come precisa la stessa autrice, la raccolta è un poema che rilegge (e riscrive) il Cantico dei Cantici di Salomone. Si divide in sei sezioni. In una di queste l’amante-marito diventa eteronomo della stessa poetessa. Mario Luzi, Herman Hesse, Özdemir Asaf, Hafez, ci accompagnano con i loro testi in questa inchiesta amorosa.
Mentre mi spogli diglielo a dio/ che per te sono la California, New York./ Diglielo a dio che io sono tutte le tue città. Prima e fuori da ogni lettura allegorica, ammesso che ce ne sia una, la sorgente di questo testo è il profondo desiderio amoroso dell’autrice. Sgorga dal profondo, l’eco risale da distanze lontanissime che non serve né colmare né esplorare, in quanto contengono la matrice da cui tracima il magma poetico, un mistero che invita alla conoscenza, non al disvelamento. Di questo fuoco scuro/possa bruciare il tuo desiderio/ fin tanto che non lo spegni a me vicino./ (…) Sono una stella dal fuoco scuro,/ bevo vino dormendo con santi e poeti. Il fuoco è l’elemento che alimenta la vis poetica della Napolitano. Scuro, non oscuro, ma mediterraneo, anzi meridiano, è il suo corpo che, come quello della Sulamita, si confonde tra le pieghe delle tende bronzee dei nomadi del deserto. Il suo corpo detta al suo corpo che scrive. Condividiamo uno stato di trance lucido che ipnotizza il lettore ma lo conduce anche ad un più sensibile e ubiquo contatto con la realtà circostante.
Solo in apparenza la sensualità orante dell’autrice può, in qualche modo, richiamare l’antico gnosticismo e il suo rapporto sapienziale ed eversivo con la sessualità. Andando in profondità, sembra ri-suonare l’ardente misticismo di Teresa di Lisieux – Se io avessi commesso tutti i crimini possibili/conserverei sempre la stessa fiducia. Alla fiducia di Teresa e alla pace che procura la Sulamita – questo è il significato del suo nome – si aggiunge la devozione di Sabatina. Questo sentimento totalizzante verso l’amato finisce per assumere un significato metafisico, non possiede un nome proprio, o li possiede tutti, diventa figura, amante-marito-padre, col quale persino scambiarsi identità e ruolo; diventa topos, gesto, azione. Il catalizzatore di questo processo è un’indomabile devozione alla poesia. L’io poetico diventa un dio poetico generoso e accogliente. Posso dire mie tutte queste cose mie, perché sono una donna intessuta di dio. Posso dire ogni cosa sua mia,/ perché nella mia anima ci sono almeno cento chiese,/ perché sono fatta di letteratura,/ perché il mio sapore dell’amante è dentro di lui, su di lui, intorno a lui. Disancorato da ogni archetipo – nello stesso istante in cui lo sperimenta – il corpo-poetico della Napolitano aderisce ad un tutto che gioca con tutto/ nella universale danza (Luzi). Allo stesso modo la sua poesia – fuori da ogni canone post-ermetico o neo-sperimentale – è in un perenne e antistorico transito.
Questa è poesia della crisi. Ci muoviamo come dopo una catastrofe. È diventato impossibile parlare di poesia e di amore perché tutti ne parlano. Hanno raggiunto il punto zero della significanza nel momento stesso in cui sono state riempite di significati. Restano parole “solitarie” – direbbe Barthes – e in questa solitudine la loro tenerezza è terribile. La cosa che ti riesce meglio è anche quella che fa più male. Non sono una madre, non sono una sposa, io sono un re, canta Florence and the Machine. Non è un semplice cambio di ruolo, neppure uno scambio di persona, Sabatina Napolitano azzarda un’eteronomia di genere che rende obsoleto e inutile ogni discorso sul patriarcato. Sposta molto in avanti il punto di equilibrio, anche se la sua ispirazione è antica. In questa anabasi dal particolare all’universale non conosciamo più i nomi degli amanti ma attraverso il loro corpo a corpo finalmente sappiamo dove siamo. Come nel film di Alain Resnais Hiroshima mon amour, lei sussurra, Hiroshima è il tuo nome. E lui risponde, Sì, e il tuo nome è Nevers, Nevers in Francia. Finalmente, la poesia non è più sola. È in buona compagnia, sullo scaffale giusto. Ti ho svegliata dal sonno di una vita,/ ti ho fatto nascere da dove sei nata,/ti ho fatto nascere da dove sei mia.
Pasquale Vitagliano
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Nota dell’autrice
“Cantico degli amanti’’ è sostanzialmente una rilettura del Cantico dei Cantici della Bibbia. “Dal lato del marito” è una raccolta di cinque sezioni intervallate da citazioni dall’opera di Mario Luzi più una sezione scritta con un ‘io’ maschile sotto il titolo ‘‘Scritte da lui per me”. In altre citazioni rimando al genio di Herman Hesse, di Özdemir Asaf, di Hafez
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selezione testi
Dal lato del marito
Scrivi un libro onesto e delicato.
Scrivo un libro al primo sospiro, a casa tua,
l’avena, i colori di queste pareti,
tutto il sangue tuo che è sangue mio.
Passeggio senza capirci nulla.
Gli anni sono qualcosa che è accaduto,
che ogni tanto intravedo
mentre preparo il porridge,
quando ti stiro le camicie
o ti guardo.
Questi sono i miei anni.
I ricordi che mi rincorrono,
tutto quello che mi ha ucciso,
mi ha preso la vita e non me l’ha più ridata.
Le foglie fuori. Le foglie fuori.
Non so leggere bene in inglese,
imparo, mi rincorro, ti rincorro
e non voglio più abbandonarti,
per non abbandonarmi più.
Sincera e arresa,
non so dirti come ti amo.
Sento solo lo strano sonno che trasforma,
insieme ai miei passi
nei vestiti lucidi e pronti per te.
La mia vita è solo aspettarti per fare l’amore.
Facciamo l’amore nel tuo letto.
Poi mentre mi baci mi vengono i brividi
al pensiero che tu non possa più essere mio.
Ho paura e scrivo poesie, se mi agito.
Scrivo poesie se penso che potresti abbandonarmi
da un momento all’altro
senza una ragione, e so che tu non vuoi,
che io ti dica le mie paure.
Ma le paure sono umane,
così come io sono umana.
Anche quando ti amo di meno sono umana,
anche quando mi spaventi e ho paura che non torni.
E ho paura che non mi baci più come stanotte
e ho paura che si perdano i tuoi baci
in una coscienza che non sia la nostra
e ho paura di capirti poco, di capirmi male
attraverso di te. Ho paura della lontananza,
della mancanza, e anche della vicinanza,
che poi diventerà lontananza.
Ho paura se sono più fragile perché ti amo.
Quando facciamo l’amore ho paura che potremmo
non farlo più, che la porta del tuo cuore
mi sia chiusa per sempre.
Allora sprofondo all’inferno
come i bambini che perdono la mamma
come le mogli che perdono i mariti,
sprofondo in un inferno ma anche lì ci sei tu.
E ho paura che questo inferno
possa esistere per davvero,
allora voglio stare con te, nel tuo paradiso,
nel nostro paradiso, attesi alle porte del paradiso.
Non voglio andare via perché il mio posto
è dentro di te, attorno a te, nelle tue braccia
tra le mie lacrime e le tue labbra.
Baciarti ancora è l’unica cosa che so fare bene.
Contare la mia vita nei tuoi occhi,
tentare di leggere nella tua lingua,
mentre mi sposti i fogli e mi baci anche tu.
Come si prolungano i tuoi baci?
Voglio portarmeli addosso come respiri,
come vestiti, come bicchieri di vino.
Come si prolungano i tuoi baci
quando non siamo insieme?
Le tue dita su di me mentre mi spogli.
I tuoi baci sul collo quando mi scegli.
Mentre mi spogli, quando mi porti a letto.
Il giorno che ci siamo sposati,
Le nostre foto e il mio abito bianco,
me e te insieme bellissimi.
Mi hai stesa a letto e mi hai cosparsa di vino,
perché in quel locale un uomo mi ha guardata.
Devi punirmi, amandomi.
Io sono la tua vita e la tua morte,
sono tutto per te, spogliami.
Portami a dio. Andiamo da lui insieme.
Mentre mi spogli, diglielo che mi ami, diglielo.
Mentre mi spogli diglielo a dio
che per te sono la California, New York.
Diglielo a dio che io sono tutte le tue città.
I labirinti di mille città
a quali destini potrebbero somigliare?
Non sei solo il mio amante: sei l’umanità,
e a forza di baciarti, torniamo così a casa
che non posso desiderare nulla senza di te.
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Il quadro con una immagine di me,
il camino acceso.
Non voglio morire per non perdere
anni di vita insieme.
Non indossi solo abiti,
sei sacro come in ogni visione,
in tutte le storie che passano.
Voglio unirmi quando sei nudo,
i miei respiri chiusi nel tuo anello.
Hai messo la mia
voce nel tuo anello,
quando parli in piedi
la mia alchimia dentro di te,
dietro, dai tuoi occhi.
Sbottoni la cintura,
non mi liberi da te,
l’anima che ti ho dato,
la tua, nella mia alchimia
perché mi ha chiesto la vita,
ti rispondo il sogno.
Prendimi stanotte
come la prima volta, ancora.
Ti togli le scarpe davanti a me,
davanti a tutti,
anche con le scarpe nere
lucide, coi calzini neri lunghi,
ti chiedo l’amore
mi chiedi l’anima
sotto le coperte
mi tocchi i piedi
e mi abbracci.
Mi baci come disperato, a volte.
Gli occhi innamorati incastrati ai miei capelli:
un orgasmo, poi un abbraccio,
non voglio perdere l’alchimia.
Ti vesti velocemente,
mentre ti spogli lentamente.
Indosso il potere delle promesse,
i fatali silenzi,
quando fingi di non trovarmi
ma mi trovi sempre
occhi e ricordi
grida e notti
ogni lembo della tua pelle mia.
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Le cinture indossate,
ma soprattutto quelle non indossate.
Le arrotolo, le metto a posto
nei cassetti che hanno i miei odori.
Queste cinture alla tua vita
legano gli anni che porto,
stringono, ci uniscono,
in ogni letto in cui dormiamo.
Loro lo sanno
che ti aspetto sempre
schiava e padrona,
serva e regina
come quando ti guardi
per sapere se sei ancora bello
ma i tuoi specchi sono i miei occhi
e capisci come sei
dal tocco della mia pelle.
Al lato del marito è il posto
della mia pace,
in ogni tuo letto c’è il mio spirito.
Lo proteggi con la saliva e il sangue
ad ogni risveglio col tuo odore.
Ogni orologio attaccato
ai miei occhi,
tutte le candele spente
per te e per i nostri figli.
Il mio respiro erotico
ti finisce nei polmoni.
Nessuno dei tuoi giorni
è felice senza di me.
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Non sei più troppo lucido per amarmi.
Immaginarmi con te era un segno.
Ma ora che sono reale,
che sono con te, ultima e prima,
la stessa di sempre.
Il fuoco del tormento è più acceso.
Quando guidi il tuo profumo finisce addosso
e mi guardi per spogliarmi.
Siamo arrivati.
Spegni il motore.
Togli le chiavi,
mi prendi il viso, mi guardi negli occhi
mi accarezzi il viso, i capelli,
gli occhi.
Mi dici “ti amo”, “ti amo da morire”,
“appartengo a te”.
Ti bacio, ti accarezzo.
“Voglio vivere per te”,
“sei il senso della mia vita”.
Ti ho scritto perché sei diventato il mondo.
Scrivo le mie sorti
dai neri patimenti
in cui siamo nella storia universale.
E le poesie stanno nel tormento,
nelle albe passate a pregare
c’è il sapore dei nostri corpi uniti.
Quando ti tocchi pensando a me
il tuo peccato è sacro
ed è nascosto nella mia chiesa.
Quando da icona misteriosa
sono diventata una donna.
Le notti passate sulla mia altalena
a sentire la tua alchimia
il fatto che tu desideravi
che io cambiassi.
Desideravi passi verso di te.
Desideravi di rapirmi.
Chi è che sta nel tormento,
nella ferita e nel sangue?
Chi è che fa l’amore col dolore?
Solo un uomo che mi ama,
mi ama veramente.
I santi possono cambiare le cose.
Ma io desidero un uomo che mi ama.
Sta nelle mie fantasie,
nelle fantasie morbose,
nel nostro paradiso.
Il paradiso di quando sei deserto.
Dammi anche stavolta
una nuova anima,
un’ancora che mi salvi
dalla morsa.
Ma poi torno alla morsa,
sì ci torno,
cerco qualche canzone
che mi riconduca alla tua morsa.
Si soffre così tanto.
Ma poi so che dalla tua morsa
viene la mia salvezza e la tua.
Poi sento che stare con te
non è un inferno e un abisso,
ma il paradiso dove sono madre
dei tuoi figli.
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Scritte da lui per me
Parlarti come da una distanza
durata secoli, averti davanti a me
così ipnotica e fragile,
così criptica e assente
mi fa tornare bambino
come da una prigionia durata secoli.
Stare zitto per tutto questo tempo,
ed ora che averti di fronte
è come esalare
l’ultimo respiro.
Ti ho desiderata per secoli,
sapendo della tua fama
come di regina assente
celebrata da popoli incoscienti.
Ora che mi sei davanti,
tutte le parole addormentate nei secoli
mi si fermano in gola
tanto è profonda la mia pena.
E in quest’anima sopravviviamo nel tempo.
In quest’anima restiamo affamati di storia
_________________________________________[ e di vita.
E in quest’anima i fiori del nostro sangue.
Mi piace studiarti, mi piace leccarti.
Mi piace metterti a letto, in un angolo,
e aspettare gli occhi radiosi
con cui mi guardi e ogni volta mi uccidi.
Sono pronto a morire con te ogni giorno,
e ogni mattino sono pronto a vivere.
Mi piace penetrarti, farti l’amore,
abbracciarti e lasciare
che tu senta che sei
la mia disperazione più profonda.
A volte mi piace fare l’amore con la musica.
Mi piace quando hai i capelli appena lavati,
e posso stringerti dentro le mie braccia,
sei ogni ricordo della mia vita,
ma solo desiderio, mai nostalgia.
Brucio. Brucio anche quando sei con me,
quando fuori c’è una tempesta
sei tu i lampi dentro.
Sei la mia schiava, ma io sono la tua ombra.
Sono un uomo triste senza di te,
non posso considerarmi diviso da te.
Provo a parlarti,
a convincerti che non posso vivere senza di te
che pagherei per te tutto l’oro del mondo,
darei per tutto, ogni cosa che ho.
Morire è solo vivere senza di te.
Mi accompagna un pensiero,
come un brivido,
che per un momento tu non possa essere mia.
Che non possa esistere con me,
dormire con me.
E mi immagino svanire
sotto il peso della mia impotenza.
Sono diventato uomo,
solo perché sei mia.
Vuoi sentire la voce dei nostri figli?
Ci penso quando prepari da mangiare
sorridi,
ci penso quando mi pettino,
mi tocco i capelli,
i nostri figli
stanno zitti nascosti nella luce dei tuoi occhi.
Io trattengo la loro anima,
chiusa nel mio petto,
in questo progetto
dove ti muovi misteriosa
nelle mie notti.
Nelle albe sono il tuo migliore amico,
mi preoccupo per te, ti voglio bene.
Mi manchi anche quando mi sei vicina.
So che sei oscura e vulnerabile
quanto me
e quando ti bacio ho paura
di non poterti baciare mai più.
Ti porto con me in ogni passo,
ad ogni stazione.
Voglio gridare al mondo
che finalmente sei mia. Sei solo mia,
qui vicina a me.
Sei in tutti i miei posti
più felici,
e in quelli più tristi.
Quando mi guardo allo specchio,
se sono erotico, è solo per te. […]
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***
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Cantico degli amanti
Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me.
Non esiste tradimento negli amanti,
lui mio fratello, mio sposo e mio amante
mi ha introdotta nella cella del vino
e tra me e lui un nastro d’oro
brilla alle luci della notte.
Ci riconosciamo tra mille.
Mi dice che sono bella
riempiendomi di questa grazia.
È generoso, buono.
Soprattutto con me che riempio
il suo letto. Siamo amanti.
La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
Cantico degli amanti
Un cantico è nel letto degli amanti bagnati di vino.
***
Sabatina Napolitano, classe ‘89, è una poeta, scrittrice, insegnante. Suoi testi sono apparsi nella rivista
Gradiva, su La poesia e lo Spirito, Nazione Indiana, Neobar, Poesiadelnostrotempo e diverse altre testate. La sua prima raccolta poetica è del 2010. Ha pubblicato un romanzo e otto libri di poesia.


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