Robert Ganzo: Cinque poeti assassinati (Nota di lettura Giancarlo Locarno)

Robert Ganzo: Cinque poeti assassinati

di Giancarlo Locarno

Robert Ganzo (1898-1995) è un poeta di origine venezuelana ma naturalizzato francese. Negli anni venti si trasferisce a Parigi dove ha una bancarella da bouquiniste, inoltre si occupa di teatro, di traduzioni e scrive poesie.

Durante il conflitto mondiale entra nella resistenza, viene arrestato dalla Gestapo in quanto ebreo e rinchiuso in una sala dell’ Ópera de París, che fungeva da centro di raccolta delle persone rastrellate.

Fortunatamente riuscì a scappare e a salvarsi.

Scrive nell’introduzione al suo volume di poesie “Tracts” :

Durante l’occupazione, le persone della Gestapo, in mancanza di dormitori nelle loro sedi, in questo teatro mi ci hanno richiuso tante notti. Lì ho conosciuto ladri, ubriachi e tanti uomini e donne che sono poi morti nei campi nazisti.

Dell’Opéra de Paris, io non so nient’altro. Mi sono ripromesso che fintanto esisterà questo luogo, le orribili e fredde gabbie dove, ci si attendeva che venissero a prenderci per la deportazione e la morte, di non assistere mai più nemmeno al più sensazionale spettacolo dell’Opéra.

Nel 1947 pubblica questa antologia di cinque poeti francesi uccisi dai nazisti.

Ho scelto per ciascuno di loro una poesia che riporto nella mia traduzione.

Le foto dei poeti sono quelle contenute nel libro.

SAINT_POL ROUX (1861-1940)

Nato a Marsiglia nel 1861 fu sodale di Mallarmè, si occupava anche di occultismo, viene considerato un precursore dei surrealisti.

Nella notte tra il 23 e 24 agosto del 1940 nella sua casa-castello di Brest entra un soldato tedesco ubriaco, uccide la domestica Rose e violenta la figlia Divine, dopo avergli sparato ad una gamba. Il poeta interviene per difendere le due donne e viene picchiato, ferito e creduto morto. Padre e figlia vengono curati, ma la casa con tutti i manoscritti sono stati bruciati, tutto il suo lavoro è andato perso, Saint Pol Roux muore per la disperazione il 14 ottobre del 1940.

La colomba  

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.

La mia Anima ha il colore del suo battesimo, nientemeno che
quello di Betlemme dove la discesa degli angeli fu tra bande di lini,
ora il bocciolo rosa d’un seno pallido mi versa in bocca una goccia d’opale.

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.

La mia anima ha il colore delle sue illusioni, vergini di
neve e dai lunghi occhi di pervinca che,
dall’arpeggio alle note di derisione,
con le loro piume disciolte dall’ironia
non riescono più a sollevare la pesante plancia del finito.

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.

La mia anima ha il colore della sua bontà primaria,
è il trionfo del giglio a dispetto dell’istinto
che ad ogni grazia accosta la sua controparte di vizio
nella terra del destino dove l’ombra avvicina la luce,
la caverna e, la capanna.

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.

La mia anima ha il colore della sua ora suprema
avvolto nel sudario eccomi come un cristo
d’avorio attorno al quale sanguinano quelli che m’amano
come padre o come nonno, cuori ingenui
i loro singhiozzi spengono l’acre brusio argentino
della gente che di notte esce di casa
adorna di insegne.

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.

La mia anima ha il colore della sua gloria immortale; ora,
mi perdo secondo il grado della mia superbia attraverso l’assoluto
sognando che da ora e per sempre planerò, prescelto,
mentre le pelli di tamburo si agitano tra il grande riso
della palla del sole e il ghigno cornuto della luna.

La colomba tuba, ascolta. Un ciottolo rotola
in un soffio che cola o si gonfia nel balocco fragile del suo collo.




La colombe

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou croule dans le joujou frêle de
son cou.

Mona Ame a la couleur de son baptême, et, mêmement
qu’à Bethléem où le duvet des anges tenait lieu
de langes, le bout rose d’un sein pale dans ma bouche
pose une goutte d’opale.

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou croule dans le joujou frêle de
son cou.

Mon Ame a le couleur de ses illusions, vierges de
neige aux longs yeux de pervenche qui, depuis
l’ arpège aux notes de dérision, ne peuvent plus de
leurs plumes fondues par l’ironie soulever la pesante planche du fini.

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou croule dans le joujou frêle de
son cou.

Mon Ame a le couleur de sa bonté première, de
laquelle encore triomphe le lys en dépit de l’instinct
qui veut que toute grâce ait son pendant de vice au
pays du destin où l’ombre avoisine la lumière et la
caverne, la chaumière.

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou croule dans le joujou frêle de
son cou.

Mon Ame a le couleur de son heure supreme et
dans l’emprise du linceul me voici tel un christ
d’ivoire autour de qui saignent ceux qui m’aiment
comme père ou comme aïeul, coeurs ingénus dont
les sanglots éteignent l’aigre bruit d’argent que
font les gens de nuit venus de la demeure aux
panonceaux.

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou crule dans le joujou frêle de
son cou.

Mon Ame a le couleur de sa gloire immortelle; or,
je m’éperds au gré de ma superbe à travers l’absolu,
songeant que désormais et pur jamais je plane, élu,
tandis que des peaux de tambour entre l’énorme rire en
boule du soleil et le rictus en corne de la lune.

La colombe roucoule, écoute. Un caillou roule en
le souffle qui coule ou crule dans le joujou frêle de
son cou.

(De la colombe au corbeau )


MAX JACOB (1876-1944)

Fu amico di Picasso, Braque e Apollinaire, di origine ebraica si convertì poi al cristianesimo. I suoi lavori sono considerati un anello di congiunzione tra il simbolismo e il surrealismo. Fu arrestato in quanto di origini ebraiche il 24 febbraio del 1944 e quindi internato nel campo di Drancy dove morì il 5 marzo dello stesso anno.

Versi senz’arte

Da sempre ho creduto alla vita come a una nebbia autunnale
fatta di laghi lontani tagliati da sabbia ocra,
fatta di rami secchi, arbusti noiosi.
Finché da un predatore incontrai un uccello coronato:

« Parla di me, mi disse, domanda chi sono!»
Una voce rispose: Amore! « il placet!»
La strada del mio destino ahimè! E’ segnata;
presto raggiungerò le porte della morte,
lascerò compiaciuto il cuore adolescente
che tutti mi invidiano, lo custodisco come un’anfora.
Quadriglia della vita! Sento la tua mano più vicina:
«Tu hai bisogno di me? Io ho bisogno di te?»
Più rapida è la corsa, più dura era la roccia
e i fiori degli amori marciscono sulle nostre ginocchia
e il labbro chiamava muto dal fondo del cuore.
Mi è apparso un angelo inviato dal Salvatore:
«Approfitta della voce per cantare verso il cielo!»
Era uno spirito saggio come la suprema Bontà.
Da allora! quante volte Dio mi parla all’orecchio:
« Il silenzio è ovunque eccetto che nei miei occhi.
« Inebriati di me! Cercami di più.
« Sogna, sognami! Non ti prometto niente.
« Pensa con rispetto, in te c’è la mia immagine,
« è la tua segreta felicità nelle pene,
«comprendi, comprendi la mia legge della sofferenza
«trasforma il dolore in santo piacere,
« è attraverso i miei occhi che si vede la natura
« è attraverso il mio cuore che si piange d’amore.


Vers sans art

J’ai longtemp cru la vie comme un brouillard d’automne
fait de lacs éloignés coupés de sable ocreux,
fait de branches séchées, de buisson monotones.
Et puis j’ai rencontré chez un chasseur de bêtes
un oiseau qui portait une couronne en tête:
« Parlez de moi, dit-il, demandez qui je suis! »
Une voix répondit : Amour! « le sauf-conduit! »
La route de mon sort hélas! Elle est suivie;
je m’en irai bientôt aux portes de la mort,
je laisserai content ce que d’autres m’envient,
un coeur d’adolescent gardé comme un amphore.
Quadrille de la vie! Votre main au plus proche:
« As tu besoin de moi? Ai-je besoin de vous? »
Plus rapide est la course, plus dure était la roche
Et la fleur des amours pourrit sur nos genoux
Et la lèvre appelait muette au fond du coeur.
Un ange m’apparut de la part du Sauveur:
« Profite de ta voix pour chanter vers le ciel! »
C’etait un Esprit Sage à la Beauté pareil.
Depuis! Combien de fois Dieu me parle à l’oreille:
« Le silence est partout excepté dans mes yeux.
« Enivrez-vous de moi! Chercez-moi advantage.
« Songez, songez a moi! Je ne vous promets rien.
« Pensez avec respect: en vous est mon image,
« votre secret bonheur au milieu des chagrins,
« comprenez, comprenez ma loi de la souffrance
« transformez la douleur en sainte jouissance,
« c’est à travers mes yeux qu’il faut voir la nature,
« c’est a travers mon coeur qu’il faut pleurer d’amour. »


(Derniers poèmes)

ROBERT DESNOS (1900-1945)

Inizialmente molto legato a Breton e a Péret aderisce al surrealismo, se ne distacca poi criticando i surrealisti per il loro avvicinamento al comunismo. Lavora come giornalista e anche alla radio. Viene arrestato dalla Gestapo il 22 febbraio del 44 ,

venne internato prima ad Auschwitz quindi a Flöha, infine a Terezin dove morì per gli stenti subiti un mese dopo la liberazione l’8 giugno 1945.

Mai nessun altro che te

Mai nessun altro che te nonostante le stelle e le solitudini
A dispetto delle mutilazioni di alberi al cadere della notte
Nessun altro che te seguirà la sua strada che sarà anche la mia
Più t’allontani e più la tua ombra s’ingrandisce
Nessun altro che te saluterà il mare all’alba quando
affaticato dal vagare esco dalle foreste tenebrose e
dai cespugli d’ortica per marciare verso la schiuma
Nessun altro che te poserà la sua mano sulla mia
fronte e sui miei occhi
Nessun altro oltre te e me nega le menzogne e
l’infedeltà
Mai nessun altro che te
di questa nave all’ancora può sempre tagliare la corda
L’aquila in gabbia rode lentamente
le sbarre verderamate
Che evasione!
È la domenica marchiata dal canto degli usignoli
nei boschi di un verde tenero la noia
delle ragazzine davanti alla gabbia dove si agita un canarino
mentre sulla strada solitaria il sole lentamente
rincorre la sua linea magra sul marciapiede caldo
Noi abbiamo altri percorsi
Mai nessun altro che te
E io solo come un’edera appassita nei giardini
di periferia solo come un vetro
E solo te nessun altro che te


Jamais d’autre que toi

Jamais d’autre que toi en dépit des étoiles et des solitudes
En dépit des mutilations d’arbres à la tombée de la nuit
Jamais d’autre que toi ne poursuivra son chemin qui est le mien
Plus tu t’éloignes et plus ton ombre s’agrandit
Jamais d’autre que toi ne saluera la mer à l’aube quand
fatigué d’errer moi sorti des forêts ténébreuses et
des buissons d’orties je marcherai vers l’écume
Jamais d’autres que toi ne posera sa main sur mon
front et mes yeux
Jamais d’autr que toi et je nie le mensonge et
l’infidèlitè
Ce navire à l’ancre tu peux couper sa corde
Jamais d’autre que toi
L’aigle prisonnier dans une cage ronge lentement les
barreaux de cuivre vert-de-grisés
Quelle evasion!
C’est le Dimanche marqué par le chant des rossignols
dans les bois d’un vert tendre l’ennui des petites
filles en presence d’une cage où s’agite un serin,
tandis que dans la rue solitaire le soleil lentement
déplace sa ligne mince sur le trottoir chaud
Nous passerons d’autres lignes
Jamais jamais d’autre que toi
Et moi seul seul comme le lierre fané des jardins
de banlieu seul comme le verre
Et toi jamais d’autre que toi.


(corps et biens)

BENJAMIN FONDANE (1898-1944)

È stato un poeta e un filosofo ebreo di origini rumene ma naturalizzato francese.

Dal 1923 vive a Parigi dove si dedica allo studio di Nietzche e di Heidegger oltre che alla sua attività di scrittore e poeta. Viene arrestato nel marzo del 1944 dalla polizia collaborazionista di Vichy e deportato ad Auschwitz dove morì nella camera a gas il 2 ottobre dello stesso anno.

E ho detto alla mia speranza …

E ho detto alla mia speranza: Cosa vuoi da me?
Perché continui a molestarmi?
Questa terra mi piace per le sue dolci viscere
queste nuvole estive si posano nei miei occhi
come un singhiozzo di gioia,
queste linee che scendono e salgono
- è il mondo
queste lampade che si accendono e poi muoiono
- è lo spirito,

questi buoi dal respiro pesante in attesa dietro i banconi
sono miei fratelli,
la città soffre come una donna in travaglio
ma pazientando un po’: al massimo tra un’ora
la sua danza zampillerà nel sangue degli uomini,
così potente, così divorante
che la morte passerà solo sfiorando il tempo.
La festa della carne allora comincerà,
questa carne che mi piace dalle interiora dolci,
lungo le quais, tanta gente con la testa sulla pietra
respira lo spirito che spira dalle fogne
saranno visitati da voci –
e ciascuno mangerà il suo sogno quotidiano.
Nelle baracche, al calar della notte
ciascuno avrà sul petto
il lingotto di un sogno d’oro
e un biglietto di andata-ritorno per un viaggio
con tanti saluti dai gabbiani
e vecchi merletti veneziani …

e mentre la morte salirà le scale
per chiudere qua o là qualche palpebra pesante
la musica schizzerà come sangue
così potente, così divorante
così vicino alla purezza antica
che noi penetriamo senza timore e senza nausea
nell’acqua tranquilla della morte

(Titanic)


Et j’ai dit a mon propre espoir…

Et j’ai dit à mon propre espoire: Que me veux-tu?
Pouquai me harceler sans cesse?
Cette terre me plâit aux entrailles douces
ce nuage d’été se pose dans mes yeux
comme un sanglot de joie,
ces lignes qui descendent et montent
- c’est le monde
ces lampes qui s’allument et meurent
- c’est l’esprit,

ces boeufs au souffle lourd derrière les comptoirs
ce sont pourtant mes frères,
la ville souffre à present comme une femme en gésine
mais patiente un peu: dans une heure au plus tard
sa danse jailliram dans le sang des hommes,
si puissante, si dévorante,
que la mort passera juste à côte du temps.

La fête de la chair commencera bientôt,
cette chair qui me plâit, aux entraille douces,
le long des quais, des gens la tête sur la pierre
de moitié dans l’esprit qui souffle des égouts
seront visités par des voix –
et chacun mangera son rêve quotidien.
Dans les taudis, la nuit venue,
chacun aura sur sa poitrine
le beau lingot d’un songe d’or
et un billet aller-retour pour un voyage
salué des mouettes,
vieilles dentelles de Venise …

Et tandis que la mort prendra les escalier
pour fermer ci et là quelques paupières lourdes
la mousique partout giclera comme le sang
si puissant, si dévorante,
si près des puretés anciennes,
que nous pénétrerons sans crainte et sans nausée
dans l’eau tranquille de la mort.


(Titanic)


ANDRE’ CHENNEVIERE (1908-1944)

Figlio dello scrittore  Georges Chennevière,  si occupò di teatro e di critica d’arte oltre che di poesia. Combattente nella resistenza, fece parte di un gruppo di giornalisti che alla liberazione occuparono l’agenzia di stampa Havas. Partecipò anche all’insurrezione parigina dell’agosto del 44, durante la quale venne ucciso da un soldato tedesco il 20 agosto.





Su una foto di guerra

L’uomo steso mangia la terra
da ogni squarcio
della sua mascella scarnificata
dove si ghiaccia un sorriso eterno.

L’uomo steso artiglia la terra
con una mano contratta,
un ultimo sforzo disperato
per aggrapparsi al bordo dell’abisso,

come se volesse portare con sé
nella morte
una particella di questa terra
come unica realtà

al posto degli occhi, il nulla
contempla l’invasione dell’erba
e tutto un mondo brulicante
si rintana nelle ossa scavate.

Agosto 1944, ultima poesia incompiuta di André Chevennièr.



Sur une photo de guerre

L’homme étendu mange la terre
De toute l’ouverture
De sa mâchoire décharnée
Ou se fige un sourire éternel

L’homme étendu griffe la terre
D’une main crispée,
Ultime effort déespéré
Pour se retenir au bord de l’abîme,

Comme s’il voulait emporter
Dans la mort
Une parcelle de cette terre
Bien réelle

A la place des yeux, le néant
Contemple l’herbe envahissante,
et tout un monde grouillant
s’abrite dan ces os creux.

Août 1944, Dernier poème inachevé d’André Chevennièr.



3 risposte a "Robert Ganzo: Cinque poeti assassinati (Nota di lettura Giancarlo Locarno)"

  1. sempre ricchissimi e stimolanti gli spunti di lettura di Giancarlo. premetto il mio più sincero e doveroso apprezzamento per l’iniziativa di Robert Ganzo (ergo, indirettamente, di Giancarlo) che con ostinazione rende nuovamente udibile la voce di chi è stato messo a tacere dalla barbarie nazi-fascista. mi tornano in mente, in modo inevitabile, gli “atomi di loro” di Iolanda La Carrubba… speriamo, dunque, che il nostro essere sia (ri)composto dagli atomi di queste voci molto più che dagli atomi delle voci dei loro carnefici… chissà… viviamo in tempi dove la “reductio ad hitlerum” è tornata in auge per giustificare ciò che la nostra Costituzione “ripudia” e i canali tv pullulano di “novelli “intellettuali” guerrafondai intenti a falsificare la storia moderna e contemporanea per sponsorizzare i venti di guerra… brrr… roba da far gelare il sangue…

    passiamo quindi alla “materia poetica” delle cinque liriche in oggetto, senza peli sulla lingua

    ampollosamente artefatta la colomba anastrofoide di Saint_Pol Roux… la leggo come documento storico, la poesia abita altrove

    più che vagamente dannunziano Max Jacob, versi farciti di punti esclamativi e d’enfasi retorica. su “trasforma il dolore in santo piacere” ho accusato un lieve malore

    l’elegia amorosa di Robert Desnos pare naturale antitesi ai versi di Jacob. raramente ho letto un verso più triste di “solo come un’edera appassita nei giardini / di periferia”. manca peraltro il guizzo creativo, o almeno l’ombra d’un sorriso che tenti un’elaborazione del lutto

    prosa filosofica acapata, il brano di Benjamin Fondane. il piglio è indubbiamente neobarocco, forse troppo. il “coup-de-teatre” del Titanic finale m’appare molto scenografico e il tutto poco sincero (non ho capito se “le quais” è una svista o se per qualche ragione non hai voluto tradurre le banchine).

    André Chenneviere è il più “poeta” del lotto (arriva in fondo, a mo’ di ciliegina sulla torta). questa sua poesia, seppure incompiuta, suona potente e evocativa. “il nulla / contempla l’invasione dell’erba” è un pas/saggio pregno di significati e il ponte invisibile gettato nel vuoto tra la terza e la quarta strofa (“come unica realtà // al posto degli occhi”) ha incantato i miei pensieri per mezz’ora. l’ultima strofa mi ha fatto pensare ad un ritorno della vita sui luoghi della morte (l’erba torna a crescere financo nei crateri delle bombe) e al mondo brulicante di batteri che “transustanzia” il corpo fisico del fu uomo steso al suolo, scivolato nell’abisso della guerra e poi coperto dalla terra. notevole.

    il solito abbraccio fraterno di ringraziamento a Giancarlo, il cui lavoro di “scavo” ha riesumato ossa preziose (ovvero, preziosi “atomi di loro”)

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