La carneficina di via Veneto.
Sotto un cielo nerastro le iene seguivano un feretro d’argento,
scintille dai loro denti come da antichi ferri da stiro spegnevano
il tramonto e una sorta di letania erano le froge e la paziente masticatura
di teste mulesche… le canaglie graduate amavano via Veneto e la carneficina.
La contrada dei cappuccini tracimava zoccole, cioce e concette, e purulenti rivoli
e feniche acque dai miserabili vicoli fino al carcere consolare… l’Appia
spargeva il puzzo e l’acre incenso, come dai turiboli sui pestiferi altari cristiani.
Sotto ogni quadratino le reliquie di sedicenti martiri, ignoti – e militi!
Risibili avanzi ossuti, sacra giostra di cozzi e di miraggi nella sessa oleosa
di feci equine decretavano sui selciati una condanna di chiaviche assise,
ma nel dondolio peloso di nere donne la vana cenere delle illusioni… sparlava
la mia vecchia, ossessa, con gli occhi tarantolati dalla vita, la divorava la cirrosi
a due passi dall’arteria! Spente le banderuole, i galletti senz’ugola! Cancelli in rivolta - rugginoso scricchiolio negato! come se sulle secchie la grandine il diritto all’urlo dei camini
il fumo sanguinasse obbrobri di catrame!... e me ne stavo io, tranquillo come un morto,
sul balcone, con le narici nuziali della bianca zagara.
antonio sagredo
Roma, 8/9 gennaio 2014
prima dissipazione
La gorgiera di un delirio mi mostrò la Via del Calvario Antico
e a un crocicchio la calura fiaccò i miei pensieri che dall’Oriente
devastato in cenere il faro d’Alessandria fu accecato…
Kavafis hanno decapitato dei tuoi sogni le notti egiziane!
Hanno ceduto il passo ai barbari i fedeli inquinando l’Occidente
e il grecoro s’è stonato sui gradini degli anfiteatri…
Miris è davvero morto!
E quella rosa d’inverno come mi ricorda le mie Rose conquistate!
Rose di Praga fra la neve imminente… rose di Keplero e di pietra!
Annamaria è un Vesuvio di rose! Rose di lava vesuviana!
Lingue di lava di rose! Rose che vincono tutte le battaglie!
Dialetto rossolavico di rose rosse e invernali e… non so che dire… altro…
Rose dei crocicchi, dei trivi, rose sfogliate e invogliate, rose - su tutto!
Così cantavano i miei passi… e le orbite volate via!… e su tutti i ponti gli occhi
e le visioni di un'altra creatura che mi tallonava… accanto,
e mi assillavano le sue letanie di voler esistere come un refrain la mia vita
su un arazzo sfilacciato – di Gobelin!
Come è artificiale questo sole che infine si riposerà e modellerà i nostri volti
col gelo - di una maschera!
E dopo il gelo, che saremo?
Chi di noi sarà come prima,
mostruosa Poesia !
Antonio Sagredo
Campomarino, 13 luglio 2015
seconda dissipazione
Hai affilato il tuo morire in un rettangolo di cera,
ma avevi già sognato un qualsiasi epitaffio in lingua greca.
Da morta, prima della rinascita, non sognavi l’immortalità,
ma il tuo svanire nella memoria la speranza di una vita.
I tuoi versi erano come le cose di Borges
ignare del quando del nostro inizio
e del quando della nostra fine,
ma nei labirinti delle quartine ti sei glorificata.
Attesi la mia ombra di cera fra marosi immobili.
I piroscafi di Fernando in lame di onde sono inchiodati.
Ed era una sbornia d’avorio quell’inverno bianco dei tasti,
una sonora batteria oltre la visione della muschiata linfa.
Le tue mani hanno curato tutte le note del pentagramma.
Come quest’accidia di diamanti e vespri
è questa lava di rose di un’antica mia canzone!
E ci siamo intesi perfino nella consapevolezza
che bisogna aver pietà anche della morte.
Antonio Sagredo
25-29 novembre 2021
Una risposta a "Antonio Sagredo: Poesie per Annamaria De Pietro"
la carneficina di via Veneto possiede una fisicità sensoriale potente, ma l’aggettivazione è piuttosto intrusiva.
disturbante l’enfasi esclamativa nella prima dissipazione (addirittura 13 punti esclamativi… una quantità “mostruosa”).
nella seconda dissipazione la resa poetica è più umana e viene citato zio Borges (coi labirinti), che non solo è sempre il benvenuto su questi schermi, ma genera “per sé” nel mio immaginario un valore aggiunto tutte le volte in cui si parla di inizio e fine. epperò in “muschiata linfa” l’anteposizione dell’aggetivo m’ha suonato troppo artefatta.
la carneficina di via Veneto possiede una fisicità sensoriale potente, ma l’aggettivazione è piuttosto intrusiva.
disturbante l’enfasi esclamativa nella prima dissipazione (addirittura 13 punti esclamativi… una quantità “mostruosa”).
nella seconda dissipazione la resa poetica è più umana e viene citato zio Borges (coi labirinti), che non solo è sempre il benvenuto su questi schermi, ma genera “per sé” nel mio immaginario un valore aggiunto tutte le volte in cui si parla di inizio e fine. epperò in “muschiata linfa” l’anteposizione dell’aggetivo m’ha suonato troppo artefatta.
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