Abele Longo: Cupido e l'arpione

Joe McFadden
L’angelo del gel

Se solo il pennuto avesse intuito,
mentre toglievi lacrime pungenti
e rinsecchite dalle ciglia finte,
la tua volubilità, quell’estetica
forgiata dalle suore, l’abbandono
concitato nell’atto del dolore,
si sarebbe fatto un mezzo bicchiere.
Eccolo invece etere che singhiozza
dopo aver assistito al tuo sconcerto,
al ribrezzo di vederti di fronte
alucce rade ed ispide di gel.

Cupido e l’arpione

Non si può fare a meno dell’amore,
oltrepassa l’impaccio dei silenzi,
gli attimi di scoramento.
Mi chiedo però come mai
a un certo punto uno dei due
dice non ti amo più,
e prego per quelli che s’innamorano
alla nostra età, si pisciano addosso,
perdono peso e trovano le ali
prima che come in sogno si risveglino
con una testa enorme spelacchiata,
che se non è l’arpia è il suo maschio.

Senza seguito

Uscì sola senza seguito
bianco niveo nella notte,
riflessa nell’occhio vitreo
dell’uccello della morte.

Lo sposo in chiesa stringeva
le palline del rosario.
Aspettava la falena
sotto al lume del calvario.

Epitalamio

Nessuno coglie
confetti e riso
oramai.

Basse cariche di sabbia
avanzano le nuvole.

Si affacciano le donne
della scuola di taglio
studiano la sposa
mentre l’ebete
padre sorride
guarda benedice.

Si scambiano gli anelli
piove scirocco e sabbia
vanno al mare per le foto.

Il poeta locale vino
di malvasia nostalgia
di scapece spumone

e la rota, la rota
s’è pronunciata?
No, ma la pratica
è ben avviata.


36 risposte a "Abele Longo: Cupido e l'arpione"

  1. Non so da dove cominciare
    vorrei ad una le parole sfogliare “Contesta a CUPIDO *
    fino a cento e poi tornare
    sull’altare benedicente il CURA
    tutti i baci non dati e
    quelli che verranno senza pena
    saranno poi dimenticati
    sull’albero dei ricordi in una vena
    sorgiva si perde il desiderio che
    fatto uomo somiglia ad una IENA.”
    Marlene

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  2. Che risposta, Marlene! Stupenda la chiusa 😉
    sarà anche parodia, Rosaria, ma vengono da storie a loro modo “tristi”. Naturalmente perderebbero di senso se provassi a spiegarle anche perché, nelle intenzioni almeno, vogliono essere un po’ “aperte”, tranne l’ultima che è andata proprio così. Tra tutte preferisco “Senza seguito” perché è la ” più triste”.
    Grazie!
    abele

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  3. Il mondo qui ,in questi versi, è precipitato nel disincanto. Richiuse le ali ai voli pindarici , le piume bruciacchiate o unte di gel, gli angeli si trasfigurano in arpie spellacchiate, gli sposi chagalliani che si sono giurati ammore etterno con la ferocia di un’ipocrisia struggente come in un finale felliniano, avviano le pratiche di separazione direttamente al padreterno. C’è tutta una processione sfarzosa e lucente di personaggi dimessi , incorniciati nei loro momenti di debolezza, mentre abbandonano definitivamente l’innocenza e abbracciano il dolore della passione in un calvario privato e silenzioso. Gli sposi mistici sono fulminati sulle lampadine della luce al neon. Non ci salverà la giovinezza, ma nemmeno nella vecchiaia il mito dell’amore potra essere declinato e sgranato nel rosario delle intenzioni. Il corpo è diventato appunto parodia, caricatura, imitazione. La sofferenza della malattia diventa un lascito urinario di un’ipertrofia prostatica. Rimarremo soli, ecco rimarremo con il pisello in delirio tremens, il cranio spellato, e solo allora forse capiremo il significato ultimo del “ti amo”…

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  4. @Francesco, mi avevi colpito con la radiografia di Bye, che mi ha dato l’idea di proporre queste mie e a cui in un certo modo si apparentano. Che dirti? Quanto segue me lo sono riportato nel taccuino e ti citerò fedelmente: “Non ci salverà la giovinezza, ma nemmeno nella vecchiaia il mito dell’amore potra essere declinato e sgranato nel rosario delle intenzioni. Il corpo è diventato appunto parodia, caricatura, imitazione. La sofferenza della malattia diventa un lascito urinario di un’ipertrofia prostatica. Rimarremo soli, ecco rimarremo con il pisello in delirio tremens, il cranio spellato, e solo allora forse capiremo il significato ultimo del “ti amo”…”

    @Marlene. ti lancio il guanto per sfidarti a singolar tenzone :))

    Grazie!

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  5. Qual è il maschio dell’arpia? Poesie ruvide – che lasciano intrevede dietro le quinte il dolore dei “piatti rotti” – eppure leggere – profetiche di “altre vite” pronte ad inziare – ma non per la lieve linea d’ironia, per la composizione poetica. Aria fresca alla finestra. Melodia in cuffia. Racconto orale. Splendida coppia di “orecchini di perla”.
    PVita

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  6. Caro Abe, un ferente bluff accusato da molti, l’ intravedere fra una schiera angelica, un angelo immeritatamente aggregatosi di straforo.
    Ne toglieremo il rinsecchito gel, e su questo back, ne faremo una spietata colata bronzea. Complimenti per la “ferocia” scrittoria di gran classe. 😉
    g

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  7. @pasquale e giorgio, grazie di cuore! Onorato e commosso per l’omaggio. giorgio. Ne sarà molto contento anche l’angelo, non facile la vita “di straforo”, tanto più che io l’ho immaginato “custode”… :))
    abele

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  8. Quando la Poesia è l’amaro, benefico veleno che, solo, forse, può guarire. Vomito angelico. Un brivido di dolcezza ferita. Grazie, Abele!
    francesco

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  9. e citarti

    non mi resta che citarti
    in giudizio
    per abbandono del comando
    quel tuo bastone lucido e sicuro
    che immergevi nei mari d’alto canto.
    Io ero poesia e tu preda e predone.
    Tu come Odisseo
    tu come Prometeo
    accendi i fuochi e poi rapido
    dispari
    Come potrei mio cupido compagno
    scordare il liquido versatile
    che intorno intorno seminasti
    qual oro fosse e patrimonio
    della tua raggiunta paternità d’anni.
    Crescere d’età
    mette in corpo una brace
    ma
    capita a volte che ruzzoli la pietra
    del corpo
    dentro una fossa a forma di tagliola e l’ombra
    termina la storia in ogni altro passaggio
    nei cunicoli di amore.

    Ciao Abele,f

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  10. Fields of Heaven

    Celèno, giuro ch’è stato per sbaglio,
    pensavo foste uccelli mica donne.
    Cos’è sta furia, st’animosità!
    Non venirmi a dire che volevamo
    sopprimere per sempre il femminile
    ché i marinai sanno restare
    veri uomini però. Famo pace,
    sù, che sono già tanto incasinato.
    Aspiro solamente a ‘na vecchiaia
    serena a Mantova a seminar messi
    (e non te approssimà a beccarmi il grano!)

    Ciao ferni 🙂 Grazie!!

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    1. ora che hai messo un piede in terra
      nell’anima mia di terra e vento hai soffiato
      dalla profondità del tuo mare
      un poco del cielo hai sollevato lieve la veste
      nell’attimo preciso in cui a te mi avvicinavo
      e un profumo di pace sentivo
      giusto sull’orlo del tuo campo
      preciso sull’ancora con cui ti arrendevi al tuo nostro futuro: viaggiatori e passeggeri siamo
      entrambi semi nati dal vento.
      Ciao Abele e grazie.

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  11. Abele, stamattina, ad una prima lettura delle tue poesie ho notato una certa “esagerazione” nel trattare le tematiche che proponi e così, ad occhio nudo, mi è venuto in mente di pensare all’ Aretino. In fondo lui è maestro nell’ ironizzare su tutto ciò che è “aureo”: la giovinezza, l’ amore, la bellezza, l’ ideale, la poesia stessa. Ti ricordi? “Chiome d’ argento fine irte ed attorte”… Però, ad una lettura più attenta, considerando la “tristezza” di fondo che accomuna le storie, come tu stesso mi fai notare, i tuoi versi sono ben oltre il mero discorso parallelo della parodia.
    Benché “sconcertante” la tua poesia ha in più quella patina di voluta desolazione che rende tutto più autentico. La dis-illusione è “sorpresa”, “effetto speciale” che lascia il lettore senza fiato, un pò tramortito in balìa di situazioni im-pietose: per esempio il matrimonio/calvario di “Senza seguito”.
    Complimenti per l’ efficacia dello stile!

    Ti abbraccio,

    Rosaria

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  12. Eppure anche nel disincanto, nel distanziarsi dall’orrorifica visione c’è una tale cura nel porgere il fallimento di un’idea. Le trovo splendide Abele… mi hai fatto pensare al modo di descrivere il grottesco di Wenders in “The million dollar hotel”, non c’entra con la tematica, ma la suggestione che provo è la stessa, la cura, la dedizione, il bene verso la mostruosità di un adattamento imposto che fa del fallimento l’unica certezza in divenire. Bellissime, complimenti.

    Doris

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  13. Care Rosaria e Doris apprezzo molto le vostre letture. La “tristezza” e la “mostruosità”:
    “Solo: io, e la Bava che il mostro lascia passando sul mondo.” (Pasolini)
    Dicevo questa mattina che le poesie non vanno spiegate. In questo momento mi rendo conto anche che non ci lasciano mai, tornano a rivivere quando incontrano letture come le vostre. Ritroverò per strada, grazie a voi, l’angelo del gel, che Ezia Caredda su Facebook fa finire pollo in gelatina 🙂
    un abbraccio
    abele

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  14. L’angelo custode, col tempo, assomiglia sempre di più al lato nero del custodito, come un ritratto di Dorian Gray, che poi è uno specchio che vuole divinare il futuro.
    Anche il sogno è uno specchio anamorfico, e dentro non si puo’ fare a meno di carpire l’amore come arpii spellacchiati. Un gioco di riflessi tra il bello dell’amore e il suo doppio, il suo Hyde,come se il riso contenesse già la rota sacra, che contiene già il nuovo riso e via ricorsivamente.

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  15. l’arpione come e più de l’amo
    contiene un ancorarsi più che un ancorare.
    un incagliare (forse in previsione dello schianto) quelle ali che altrimenti farebbero volare
    un trattenere trattenendosi che porta cmq alla lacerazione della carne quando l’arpione viene con forza tirato dall’altro, dal rapporto, dagli eventi.

    questo leggo nei tuoi lirici. malinconici, anche accorati “esempi”
    e se
    “Se solo il pennuto avesse intuito,”
    se solo io, se solo tu, se se….
    è pure vero che “Non si può fare a meno dell’amore,”
    e il pennuto, pure spennacchiato, in odore di gel o piscio, ha cmq un battito d’ala che ci prende, ci fa effetto farfalla dentro,
    vita falena per luce di un attimo anche se poi dai/ nei bozzoli di strazio, di calvario.

    Molto belle Abele!
    ciao!

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  16. Fortunato ad avere dei lettori come voi!
    Sì, Giancarlo, l’angelo “nero” di Montale
    e, Margherita, grazie per eseerti soffermata sull’arpione: “l’arpione come e piu’ de l’amo”
    un abbraccio!

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  17. Che incisività nelle parole, tagli sottili che lasciano sentire “scirocco e sabbia”
    …colpi inferti non troppo forti ma che scalfiscono e rendono lucido lo sguardo su certe realtà!!!
    Che belle!!

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  18. e già, non si può fare a meno dell’amore.
    nemmeno nel disincanto. ma ci si può ironizzare, smetterla di prenderlo seriosamente che non significa non prenderlo con serietà… bellissime poesie abele.

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  19. Quanta bellezza e quanta “riflessione” e richiami al passato e al presente in questo dibattito vivo e puntuale! Le poesie di Abele e le risposte dei lettori! Vi sto ancora guardando dalla finestra, dietro una tenda, e la sorpresa e il piacere sono grandi! Vi ammiro e imparo… Complimenti e grazie.

    Lu

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  20. tra angelici pennuti ed uccellacci, la morte dell’amore (amorte?) vista con ironia e saggezza amare.
    insomma, bellissimo sconcerto in fa maggiore per trombone ed archi: io qui mi sento a casa…
    :))
    eppoi lo sai? tu mi rinvigorisci nello spirto, dunque, di slancio, vèngoti tosto a rota, unendo la mia penna flagellata all’epi-talamo nuziale dei tuoi versi.
    🙂

    titolo:
    tradita, sfugga

    svolgimento:
    testa glande e spelacchiata
    ha il calvario dell’amore
    la mascella pronunciata
    sdilinquisce anche le suore!
    dell’arpia, maschio è l’arpione
    che s’aggrappa come scabbia
    ma il prurito è l’illusione
    che giammai una fine sabbia

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  21. Ollallà, Malos is back :)))
    Ti confesso che dopo aver postato queste mie mi chiedevo se mai saresti passato, adesso che ti so uccel di bosco scappato dalla rete.

    La tua rota mi commuove, come era successo con Ferni, ecco la risposta per tutti e due, con un abbraccio.

    Vino tagliato

    Arpie o sirene
    il vecchio le trafisse tutte
    se ne vantava in osteria
    la notte quando il vento
    sollevò impudente il manto
    imprecando per la cirrosi
    solo come un dio nell’ambulanza

    Gracchiava fuori dal finestrino
    la morte chi più l’aveva amato
    nello svolazzo di piume e squame
    la canzonetta del postribolo
    parlano d’amore i tuli tuli tuli tulipan
    parlano d’amore i tuli tuli tuli tulipan

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  22. Lasciano pensieri i tuoi versi. E sono pensieri intimi ed eterni. Sono pensieri che portano alla caducità, perfino all’effimero. Però, malgrado la crudezza della loro realtà sento una profonda dolcezza nei tuoi versi caro Abele, come fossero una serena e compassionevole accettazione del “limite” quale “umano essere e sentire”.
    Bellissime, veramente bellissime.
    Cinzia

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