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21 – Pulp fiction e pulp generation
… La Los Angeles vera di Altman e Carver? O quella finta e futuribile, ma non così improbabile, che Ridley Scott, A.D. 1982, divinò in Blade runner?… Per non parlare dell’ultima L.A. che schermo in fondo frughi e conosca: quella degli splatters di Quentin Tarantino!
“Ci sono mille e una Los Angeles e ci vorrebbe Sheherazade per raccontarle tutte.” – c’intriga e ci diverte, tra storia e aneddoti, Pulp Quentin (“Storia e storie di Tarantino, l’uomo che sconvolse Hollywood”), briosa monografia fra Pulp fiction (1994) e pulp generation… a cura di Marco Giovannini – “Quella di Chandler, quella di John Fante, quella di Bukowski… Malgrado tanti film (Viale del tramonto, Gioventù bruciata, Shampoo, Chinatown, L.A. Confidential) nessun regista meglio di Tarantino l’ha trasfornata quasi in personaggio come fosse la Monument Valley di Ford o la Manhattan di Allen. Ed è diversa da tutte le altre perché il regista bazzica le periferie, cioè la cosiddetta Grande Los Angeles. Lui è cresciuto in quell’area chiamata South Bay, a est dell’aeroporto, dove oggi va in pellegrinaggio la ‘Ikea generation’ perché c’è il più fornito magazzino della catena, e i ‘beach boys’ che fanno di Manhattan Beach la capitale del surf della California del sud (c’è anche una capitale del surf della California del nord: Santa Cruz).
Proprio a Manhattan Beach c’era il tempio al tarantinismo, il negozio Video Archives, la sua scuola cinematografica dell’obbligo. Non c’è più.”…
Ancora: Le mille luci di New York di Jay McInerney, o le sue scorie, i rifiuti (Trash, 1970) filmati da Paul Morissey e prodotti da Andy Warhol? O le sue radici antropologiche, e vicissitudini etnografiche, insomma le Gangs of New York (2002) ricostruite dalla magia di Scorsese e dalle scenografie noir e in costume di Dante Ferretti…
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© Plinio Perilli, casa editrice Mancosu (Roma), 2009
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