Plinio Perilli – Hollywood Odiosamata (22)

22 – La Città dello Spettacolo e la Città delle Città

   Ma soprattutto la Dogville (2004) di Lars von Trier, teatralizzata, scavata ed epurata fin dentro all’inconscio più aguzzo, al nostro banale dramma antropologico di fallaci esseri umani; con l’ammirevole Nicole Kidman che mentre scappa da una città perfida e cattiva, già le infligge una punizione biblica, una inutile, catastrofica maledizione esemplare… Sodoma e Gomorra furono già scritte, profetate, evocate, e perfino girate!

   Fallisce, allora, la pura, maldestra, introiettata (e giustappunto tragica) Città dell’Anima – ma esattamente come aveva fallito la mera, becera e chiassosa Città dello Spettacolo, diciamo pure l’amplicata, ritmata Nashville (1975) di Robert Altman…

   “Film senza indulgenze sulla politica americana, ma anche sulla maschera dolce e ignobile del fascismo quotidiano di matrice europea.” – annota con penna calda e taccuino bollente il buon Morandini – “Riguarda anche noi. Film sulla nevrosi, sul Sogno Americano che è diventato un Incubo, sugli Stati Uniti come società dello spettacolo e sulla natura dello spettacolo (del cinema).” “Nashville, patria della country-music, luogo mitico della fantasia di milioni di americani, è il palcoscenico scelto da Robert Altman per il suo anti-musical,” – lo incalza anche Claudio Carabba – “grande affresco dei sogni infranti di una nazione: da quelli della gloria e del successo a quelli dei reduci del Vietnam. Nella società dello spettacolo tutto è vissuto come tale, in scena si consumano amori, trionfi, sconfitte, e in scena si muore. Come in un musical tradizionale i personaggi di Nashville si aggirano per la città alla ricerca del successo o vivendo in funzione dello spettacolo, ma l’occhio di Altman è disincantato, non partecipa ai piccoli grandi drammi della gente che vive intorno al carrozzone dello show, guarda semmai con fredda amarezza dentro al cuore della provincia ‘country’ che crede ancora ai sogni americani.”

   Il reboante, immaginifico Wim Wenders di Fino alla fine del mondo (1991), dal canto suo, profetizza addirittura una specie di Città delle Città, una Super-iper-megacittà sovrapposta, concentrica, stratificata di tutte le emozioni, le immagini e le commistioni – visive, mentali, uditive, espressive. Insomma la Città-Mondo, prefigurata, post-visionaria metropoli del futuro… È lo scenario multiplo, disaggregato e ancora riaccorpato di un viaggio fatto di viaggi, e una città di città: “Ricostruire i panorami del Duemila ha voluto dire non solo filmare l’esistente ma inventare un futuro che si muovesse tra cambiamenti possibili.” – ha precisato Wenders in una conferenza del ’94 presso la Triennale di Milano, vieppiù intrigandoci, saturandoci a ri-generare, ri-costruire lo sguardo – “Quindi non appoggiandosi alle ipotesi di città futuribili degli anni Sessanta, ma alla metropoli sovrapposta fatta di accatastamenti di immagini, di figure architettoniche, di violenti contrasti che è ormai quella del nostro presente. In questo senso non si è trattato di inventare poi molto, solo qualche aggiustamento. Simbolicamente nel mio, auspico a Berlino la Porta di Brandeburgo inglobata ma non dispersa né mummificata in un moderno edificio; a Pechino la piazza Tien An Men con al centro il monumento alla rivolta degli studenti; a Parigi la Grande Arche con la ‘Torre Senza Fine’ dell’architetto Nouvel, un progetto non realizzato; piccole violazioni computerizzate dei luoghi reali.”… 

   Vale forse anche per tutta la nostra idea di Cinema – passata/presente/futura: una storia sovrapposta, parafrasiamo l’inesausto (e ora tecnologico, computerizzato) viaggio di Wenders, fatta di accatastamenti di immagini, di figure architettoniche, di violenti contrasti che è ormai quella del nostro presente

   Dall’Europa di notte (1959) di Blasetti ai Taxisti di notte – Los Angeles New York Parigi Roma Helsinki (1992) di Jim Jarmush, passano 33 anni, ma migliaia di chilometri: forse tutto l’equatore concentrico del Tempo, della Vita centrifuga e dell’Arte centripeta…

***

© Plinio Perilli, casa editrice Mancosu (Roma), 2009
® Vietata ogni riproduzione e/o uso del testo se non previa autorizzazione dell’autore.

puntate precedenti:

http://neobar.wordpress.com/category/plinio-perilli/


3 risposte a "Plinio Perilli – Hollywood Odiosamata (22)"

  1. Ultima puntata del bellissimo viaggio di Hollywod odiosamata. Un grande grazie a Plinio Perilli per la selezione fatta dal suo libro, tutto da leggere, e per averci accompagnato con le sue riflessioni e approfondimenti in un mondo che nel bene e nel male ci ha “formato”. Nashville di Altman è senz’altro un grande esempio, un film forse ancora più attuale ora che la realtà si fonde con il “reality show”. Ultima puntata tuttavia che sarà seguita da una lettera di Plinio e una chicca su Roma e il cinema (anche questa purtroppo attuale visto cosa vogliono fare di Cinecittà).
    Abele

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  2. Abele caro,
    la lunga cavalcata volge al termine (epperò continua tutta dentro di noi – a costruire, modificare, riplasmare ad libitum il nostro Immaginario, che lavora veramente anche di notte, come il vento sulle dune del deserto, spostandole identiche in tutt’altro posto…).
    Grazie per aver corredato i miei scritti con superbe foto d’annata – ancor più ad accendere emozioni, suggestioni, decantazioni…
    Nei prossimi giorni riguarderò tutti i commenti, puntata per puntata, e in una sorta di lettera serpentone cercherò di rispondere, di riprendere insomma quelli più intriganti e condivisibili. Ho sempre creduto nel Cinema come ad una grande e sempre nuova energia insieme visiva e narrativa, emozionata ed emozionante, dialogica e solipsistica, dissonante e musicata, in recita ma per confessata struggenza… I generi si avvicendano, si elidono ma si somigliano, cioè si attraggono come la luce e l’ombra, il serio e il faceto, la pantomima e il diluvio semantico… Un bel film distilla realtà, la vaccina e se ne faccina – ci antiossida e ricrea anticorpi. Non è solo evasione o intrattenimento. Perché il cinema, da Chaplin a Kubrick, da Carné a Godard, da Rossellini a Pasolini etc. è stato realmente l’unica e vera arte nuova del ‘900 – l’unico approdo e principato espressivo della Modernità. In atto, in progress…
    Tutto il resto sono chiacchiere e scorie da filosofi, dicerie dell’untore che scambia la semiologia per atto creativo, e confonde gesto e segno, performance e rito, desiderio e amore, lingua e linguaggio, scrittura ed esercizio letterario…
    Ricorda la scena finale de GLI ULTIMI FUOCHI (ultimo anche film di Elia Kazan dall’ultimo incompiuto romanzo di Francis Scott Fitzgerald): quel capannone buio dentro cui entra, s’abbacina, la persona e il destino del “produttore” (tycoon) Bob De Niro………………………. Ma ricorda anche l’aneddoto, la filastrocca, il raccontino agrodolce con cui nello stesso libro/film, Fitzgerald racconta il cinema…
    Il paio di guanti, il nichelino, l’enigma, la concitazione, il fuoco acceso, la telefonata…
    Un nichelino che non vale niente, ma compra tutto, perché salda e acquista, appunto, l’Immaginario.

    A prestissimo, tuo
    Plinius

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    1. caro Plinio, gran bella coincidenza visto che sto per postare la lettera che mi avevi mandato tempo fa e che propongo solo ora perche’ solo da poco si e’ conclusa la serie 🙂
      a prestissimo
      abele

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