
La Guerra Verde
(e la Pace in Azzurro)
per “Villa Taranto” e l’oasi affranta
di Verbania, eternata di primavera,
e tornata caparbia a nuova vita
1 –
Fu una Guerra Verde dove il verde
perse ma in fondo non fu sconfitto
– lottò con la Natura come contro
Se Stessa, un disperato fratricidio
di vento ed evento – e il suo sangue
era verde, piangeva fiori tumulando frutti,
sacrificio di linfa, corteccia che si spezzò
d’eroismo in tempesta, tempestato…
2 –
Noi ora la visitiamo tutta, la cara Villa
ed il suo bosco entro i baratri addolciti,
le curve erte della strada che sgomitola
luce e speranza, pianori strepitosi, campi,
reggimenti d’ombre, sacralità coltivata,
zappettati i dirupi ora affranti d’uragano;
feriti, mutilati quei suoi grandi alberi
come cavalieri dragoni in alta uniforme,
scintillanti sciabole autunnali, fiato irruento,
speroni che urlano ma buoni come aghi
di pini, ussari immensi immolati o ingloriatisi
a valanga per un’ultima carica forse tra
il vento e l’enigma, tradizione e libertà…
3 –
Maiuscolo e mortale quel galoppo con cui
le nuvole si son fatte squadroni, e gli alberi
cavalieri scolpiti, fanti già eroi, quadrati
insuperabili, radicati alla propria bella morte
come la Storia alla vita che la continua,
la scrive nel suo miracolo… Quando iniziò
tutto? Prima ancora che cominciasse? Prima
che il capitano Neil Mc Eacharn nascesse?
Quando l’illustre antenato del nobile fondatore,
Maresciallo Jacques-Étienne Macdonald,
fu nominato da Napoleone “Duca di Taranto”?!…
4 –
Cippi di verde e ceneri di verde, ferite verdi,
speranze che rinverdiscano, decorate di verde
o seppellite allo stesso modo – sempreverde
di pace… Verde che passiamo in rassegna
come appunto un campo dopo gran battaglia,
Austerlitz? Waterloo? Lodi o Marengo? Arcole,
Jena, Wagram?… «Voilà une belle mort!»…
salme di verde, coraggio verde disarmato di
verde, un solo sguardo verde che ancora vede
gli alberi dove prima esistevano, quel verde
che ora è legna accatastata gigante, lamento
di motoseghe crocerossine in natura, chirurghi
militari, lettighe dove i rami dicono ai fiori
le loro ultime parole, i petali sconvolti degli amori.
5 –
Napoleone è fuggito, la Grande Armata annientata,
Wellington ossequia l’alleato Blücher più incredulo
di lui: e due secoli dopo può riscriversi la Campagna
d’Italia, o i 100 giorni, la Beresina dei cuori, Lipsia
cambia posto, ora è italiana, cisalpina come il primo
tricolore, piemontese o lombarda, come antiche gesta,
battaglioni in marcia, ma la Vecchia Guardia resta
qui, muore ma non s’arrende, noi ancora la passiamo
in rassegna un mese dopo, è ottobre, è un autunno
che resta eroe di se stesso… Roberto Ferrari è dottore
e generale del Verde, e conosce ogni nome, ogni eroe
che combatte di linfa, resiste o “scapezzato” non c’è più…
6 –
I grandi alberi morti o feriti a morte, splendide piante
mutilate ovunque, e risanate in gloria, famiglia su famiglia:
castagni secolari, Magnolia grandiflora, Chimonathus
fragrans, alti faggi varietà “pendula” e “asplenifolia”;
l’Abete Nordmannia, il Cipresso di Lawson, poi il Ginko
Biloba, la Sequoia Sempervirens, il Pinus Montzumae…
Il viale in salita s’inerpica ai Torniquet e par di udire
i sospiri dolenti ma il credo sempre fermo del Capitano
Mc Eacharn, che ammoniva la Realtà col progetto del Sogno:
“L’immaginazione fu la mia unica guida… La struttura
dovette essere alterata per ottenere l’effetto che vedevo
nei miei sogni”. Che la Realtà imiti il Sogno è surrealismo!
7 –
Ferrari è il gentile Comandante dell’Esercito Verde
che difende la pace, l’aria, i sogni e giochi dei bimbi,
anche dei grandi, l’eroismo verde e verdi i semi,
il coraggio, anche gli incubi squarciati come il principe
Andrej Bolkonskij: “Sentiva di perdere il suo sangue,
e vedeva al di sopra di sé il cielo lontano, alto ed eterno”…
Tolstoj aveva il romanzo, così pure Stendhal; Goethe
anche la lirica… Ma non è facile mettere in versi
l’agonia del verde, la lotta dentro se stesso, quest’immensa
Via crucis per risorgere qui come vessillo, bosco e culto,
crocevia di Speranza, battaglione d’anime rugose d’ogni
scorza… Come Wellington a Waterloo, comanda
quadrati di fanteria – reggimenti mitici e botanici
assieme – che sopportano ogni carica, che mai non
cederanno alla furia lanciata, alla cavalleria del Vento.
8 –
Oggi il vento si placa, presiede il sole, e i tronchi
che ci restano quasi s’inchinano alla sorte e all’afflato
di rendere questo oggi un nuovo inizio, una risalita,
rinascita del Verde dentro al grigio, alle terre cupe,
ai marroni che respirano un’aria più fredda, la certezza
del nuovo inverno… E di Prosèrpina che tornerà presto
alla luce a dirsi Primavera, deità di terra che nel tepore
innamora la propria linfa, la sospinge alle gemme,
ai fiori, ai baci che torna a darci. Fiori sopraffini,
perle o diamanti di natura, rari come gioielli, sorrisi
di questa linfa… Dalle bacche viola di Callicarpa
all’Azalea “kurume”, brillante crèmisi in maggio…
9 –
Io ricordo un pittore che in questi boschi di faggi
sublimava l’arte – un pittore nativo, genius loci,
che forse i suoi concittadini ancora ignorano…
“Chiodoni Emilio, se puoi sentirci parlaci!…” del tuo
ultimo quadro, quello che allora non hai mai dipinto,
distratto di celeste, rapito dentro al cuore buio,
buio e troppo fitto del Verde, en plein air…
Certo in quei boschi – o dentro queste nuvole –
ancora s’aggirano, s’innalzano in sorvolo…
gli angeli custodi di quei vecchi, già grandi e
verdissimi cuori – i marescialli supremi del Verde,
Generali Botanici del democratico Regno di Linneo:
Neil McEacharn, Henry Cocker, David Douglas…
“O Capitano! Mio Capitano!: “Fu scavata la valletta,
una grande impresa che comportò il trasporto di massi
dalle montagne per costruire un giardino a roccaglia…”
10 –
Il jeeppone di Ferrari ci porta lieti, ed è carrozza
delle fiabe tra il verde – quelle che Propp studiava
per fare scienza, morfologia delle saghe, degli elfi,
dei buoni e dei cattivi… Ma questa favola è vera,
rigorosa, severa d’attenzione! Viaggia in Land Rover
ma chiede ai suoi fidi giardinieri di tramutarsi in eroi
della Terra Madre, paladini di scorza, gemme, radici,
combattenti benefici. Li incontriamo sparsi ad arte,
dispersi alla spicciolata, strategici come sciamani,
o compunti gregari di Prosèrpina… Eccoli lungo
il viale delle Conifere, vicino al tempietto, dentro
il bosco di Rhododendron, presso la fontana dei putti
o la scala delle anfore, il giardino delle eriche o
il viale degli aceri, la vasca con ninfèe… Assieme
a Lidia e Marcello ripensiamo a Monet, Manet, insomma
a tutti gli impressionisti come sacerdoti dello stesso rito.
11 –
Ogni albero forse è un re, e una ninfa lo guata,
lo protegge nuda di sole. Ve ne sono di antichi,
raccontano la Storia, un romanzo di linfa che oggi
sanguina verde ancora qui davanti ai nostri occhi,
sotto il sole pietoso, turbato in fondo azzurro…
Il Pino Rosso del Giappone e quello di Monterey,
l’Abies Alba o Abete Bianco “principe dei boschi”;
l’Aesculus indica, l’ippocastano dell’Himalaya; o
l’esemplare imponente di Castanea Sativa, un castagno
piantumato nel ’600! Sino alla Valletta delle felci arboree,
coi fossili viventi vegetali… Finto/vero Giurassico!…
Le montagne più alte assistono come dèe sovrane,
assise fra la neve e l’amore degli alpinisti che salendo
le onorano, le corteggiano scolpite pure in creste
o forme estrose di roccia, morbide plastiche rientranze…
12 –
Il Monte Rosa è quasi mito rito lontano, ma sempre
un’erta, la cima più vicina ai cuori, che già dimessi
vanno in pàlpito salendo in funivia sul Mottarone
– millequattronovantuno – o adocchiando là dietro
Pian Cavallone, il Monte Spalavera, Monte Vadà,
Monte Zeda, la cima del Laurasca, Pizzo Marona,
il Pedùm, Pizzo Mottàc… “Il monte prega mente
ascende al cielo”… Qui la poesia dettava a Rèbora
i suoi versi migliori, chiedeva a Rosmini di invocare,
creaturare Dio assieme ai Princìpi della Scienza Morale;
e poi additò al Beato Contardo Ferrini come la stessa
Storia del Diritto accordi ed immaiuscoli Legge e Giustizia,
Etica e Pace. Giardini terrazzati, geometrie verdi: ma
noi pensiamo a un solo Ingegnere, un solo sacro Progetto.
13 –
E riscendiamo nuovamente giù, fino all’imbarcadero,
alle sponde del Verbanus Lacus (XI regione augustea Transpadana), rapiti, sedotti in bilico sino alla Punta
della Castagnola… Intra e Pallanza, gemme trasfuse…
Scendiamo, rinfrancati, dentro l’eterna, policroma
fiaba del Labirinto dei tulipani e delle dahlie, il giardino
blu, Serra Victoria, la Vasca del fior di loto, il velluto
e la seta, la tavolozza immensa, certo non più la dantesca
aiuola che ci fa tanto feroci… dove ogni fiore è forse
un’anima che già qui visse ed amò – ma poi ogni anno
resuscita in natura, per dirsi fiore, petali e colori…
14 –
Pochi giorni soltanto, poche ore in un Regno di Luce
splendido anche nell’ombra, a ricordare il paradiso
dei buoni, uomini semplici e veri, fieri gli eroi
di tutti i giorni – come questi soldati del Verde,
operai fra la terra e il cielo, decorati d’azzurro.
Il Progetto è un Umanesimo che comprenda
l’Actinidia e i Clematis, gigli smaglianti (Lilium
Henryi), yucche e i Nelumbo nucifera, i fior di
loto amati perfino da Van Gogh, con iris e ninfèe…
Prima e ben oltre i nuvoloni, quei corvacci nel grano!
La pace sta tornando, scoppierà il 16: come ogni
marzo riapre “Villa Taranto”, dall’ingresso del cuore.
Plinio Perilli
(Verbania, agosto 2012 / Roma, marzo 2013)
Coltura e humus di Pace
Tutto l’impianto è la struttura del poemetto, è frutto, ahinoi, della tragedia vera del tornado che ha piegato e distrutto mezza Verbania sul finire dello scorso agosto: “È veramente una cosa terribile, una parte di Verbania ha cambiato aspetto, pensa che l’epicentro della tromba d’aria è stato proprio qui nella mia zona” (Lidia Carazzoni, 29 agosto 2012). Il filo conduttore si è così sostanziato delle e-mail di amici, delle telefonate, ma soprattutto di una visita splendidamente malinconica a “Villa Taranto” in piena terapia intensiva (inizio ottobre), quasi botanica chirurgia d’urgenza, grazie alla pazienza e alla dedizione del suo Direttore, il Dott. Roberto Ferrari. “Oggi la circolazione è tornata alla normalità,” aggiungeva la Carazzoni, valente assessore alla Cultura “ma ovunque si sente il rumore delle seghe elettriche e nell’aria l’odore dei pini resinosi”…
Visitare insomma “Villa Taranto” in una pur bella mattinata di pieno ottobre mi è parso davvero come percorrere un campo di battaglia “napoleonico” dopo uno dei suoi famosi, epici scontri… Ogni pianta, ogni albero piccolo o grande come un valoroso soldato, morto o ferito (ecco la battuta tolstojana che Napoleone, in Guerra e Pace, indirizza ammirato all’indirizzo del principe Andrej, che gli sembrava morto – e che bella morte – nell’atto ancora di stringere un nobile vessillo, la bandiera del suo esercito e del suo coraggio! Figurarsi dunque la sorpresa quando ho scoperto che un illustre antenato del Capitano Neil Mc Eacharn (1884-1964), il filantropo e botanico scozzese fondatore di “Villa Taranto”, fu addirittura un celebre generale di Napoleone, quel Jacques-Étienne Macdonald (1765-1840), Maresciallo di Francia, nominato appunto da Bonaparte duca di Taranto… Egli infatti, tanto per dire, combatté alla Raab e a Wagram nel 1809, e partecipò alla campagna di Russia…
Ma l’elemento più drammatico di tutta la vicenda – nella testimonianza almeno diretta dei protagonisti – sfiorava i grandi enigmi della metafisica, diciamo pure il paradosso che incarna ogni concreto dramma vissuto, tutt’altro che teatrale! “La tempesta dei giorni scorsi è stata superata.” mi scriveva Roberto Cutaia, giornalista professionista: “Sembravamo attori di un film. Centinaia di alberi sradicati”… E certo la componente più drammatica resta forse ancora come incubo inconscio – la Natura che si sveglia e da Alma Mater diventa terrifica, più “matrigna” che nello sguardo pessimista di un Leopardi…
Memorabile in questo senso la confessione dolce e inquieta di Gerta Lipari, forse la più annodata e illividita di archetipi: “Il Tornado (è più potente della tromba d’aria) ha portato via tutto quello che si trovava sul suo cammino proprio come un mostro. Il fischio potentissimo che lo accompagnava sembrava degno di un mostro mitologico”… Si diceva Leopardi. Beh, nelle Operette morali la Natura svela all’Islandese – cioè in fondo a tutti gli uomini – forse la più profonda e aspra delle verità: “Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra se di maniera, che ciascheduna serve continuamente all’altra, ed alla conservazione del mondo”…
Per fortuna noi nutriamo talvolta maggior fede e miglior speranza.
“… Anche la pazienza è essenziale…” meditava infatti il Capitano Mc Eacharn.
Dedico questo poemetto proprio alla citata ed elogiata dedizione ideale, nonché al coraggio pragmatico del Dott. Roberto Ferrari e dei suoi giardinieri, cavalieri verdi… Ed ai sinceri amici Lidia Carazzoni e suo marito Marcello, Daniela Reali, Roberto Cutaia, Alberto Di Giglio, Don Eraldo, Gerta Lipari (col consorte Mauro, artista sensibile, figlio di quell’Emilio Chiodoni, pictor optimus proprio di quei boschi, di quegli sfondi, di quei paesaggi che qui ricorrono, e ancora come sempre rifioriscono nei mesi più fulgidi ad ogni Persèfone, antiqua o moderna che sia).
P.P.
Un omaggio a un luogo incantevole, la Villa Taranto a Verbania, sul lago Maggiore ( http://www.youtube.com/watch?v=y77kuHAHGWk ), colpita da un terribile tifone lo scorso anno. Un poemetto, come nelle corde di Plinio, “visivo” e dal grande respiro, in cui la natura evoca campi di battaglia e si fa antropomorfica. La modernità di una tavolozza classica di immagini illuminanti; uno sguardo suggestivamente articolato sul mondo e le cose. Grazie, Plinio.
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Scendiamo, rinfrancati, dentro l’eterna, policroma
“…fiaba del Labirinto dei tulipani e delle dahlie, il giardino
blu, …”, incanto puro…
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Molto bello questo arazzo tra natura e storia, tessuto con sapiente equilibrio tra metrica e lirismo.
Un saluto,
Rosaria
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Alla fine l’umanesimo che comprenda le actinidie e le clematis non può che vincere, e il lago campo di battaglia non può che rifiorire.
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ma Plinio sei il figlio di Achille
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“[..] quel verde
che ora è legna accatastata gigante, lamento
di motoseghe crocerossine in natura, chirurghi
militari, lettighe dove i rami dicono ai fiori
le loro ultime parole, i petali sconvolti degli amori”.
Un viaggio denso e brulicante di vita nel tempo e nello spazio, Come al solito grandissimo Plinio!
Fernando
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