malos mannaja: Mustang

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Mustang (2015) regia di Deniz Gamze Ergüven, recensione

Mustang è un film in cui indubbiamente si parla della condizione di cinque sorelle orfane nel nord della Turchia e per estensione della condizione delle donna in Turchia e nel mondo (argomento scomodo, troppo spesso dimenticato o cavalcato per ragioni politiche). Eppure si confronta con la materia usando soprattutto come chiave di lettura la fisicità dei corpi, intesi come strumenti di contatto e di interazione tangibile con l’altro e col mondo. Dunque, senza erotismi proto-hollywoodiani o denunce porno-intellettualoidi, la cinepresa si muove con piglio quasi etologico, filmando le cinque sorelle: volti, grovigli di gambe, di lunghi capelli e chilometri quadri di pelle per mettere a nudo la realtà dell’essere vivi. Nessuna malizia, nessuna assoluzione o condanna, semplicemente la volontà di fare piazza pulita delle sovrastrutture culturali che ci impediscono di riconoscerci nel guardaci allo specchio: questo siamo, mammiferi a sangue *caldo*, punto. Ed ecco che, a inevitabile corollario, lo spettatore viene colpito e affondato, (ri)scoprendosi più vulnerabile all’esperienza tattile che a quella visiva (non è forse vero che quando perdiamo un affetto ciò che più ci strazia è il fatto di non poter più stringere/abbracciare il defunto?). In tal senso, Mustang è un potente antidoto alla virtualizzazione estrema della nostra vita di relazione in epoca di social networks, un benefico elettroshock a fior di pelle, capace di risvegliare ricordi d’infanzia di indurci a cercare il conforto della mano di chi è accanto a noi in sala.
Sempre in tal senso, Mustang ci restituisce non tanto l’innocenza degli “occhi bambini”, quanto la spietata umanità degli occhi bambini nel *punto di flesso* in cui “trapassano” all’adolescenza: carne e pensiero in attiva ebollizione, i cinque sensi che si ribellano al senso della vita, il minimo scarto che può separare la vita (Lale) dalla morte (Ece) e molto altro.
Insomma davvero un ottimo film, da vivere più che da vedere, lasciandosi guidare dalla voce narrante della più piccola delle cinque sorelle verso un altrove che è ancora indiscutibilmente tutto da scrivere. Nota particolare anche per la recitazione potente, corale (quasi che le cinque protagoniste fossero parte di un unico corpo) delle giovani attrici, d’una bravura davvero non comune.

 

 


Una risposta a "malos mannaja: Mustang"

  1. Condivido in pieno la recensione di malos. E’ un film dei sensi, e per questo vero e poetico. Colpisce la luce abbagliante dell’inizio, nella scena in cui le sorelle giocano con i ragazzi sulla spiaggia. Un momento di spensieratezza che diventa causa di una situazione opprimente, da incubo, in cui la luce penetra attraverso le finestre della casa-prigione diventando sudore, bisogno spasmodico di amore. Anche il cibo gioca un ruolo importante. Le sorelle, sottoposte a corsi accelerati per mogli modello, imparano a cucinare, soprattutto dolci, che mangiano in continuazione per appagare questo bisogno. Fino a quando il corpo si rifiuta, rigetta il cibo, l’ennesimo dolce. Le sorelle si ribellano, guidate dalla più piccola, trovano finalmente il coraggio di scappare. Il tutto accompagnato da umorismo, esilarante nella scena in cui riescono a scappare, quando la famiglia chiusa dalle sorelle fuori dalla casa aspetta di celebrare l’ennesimo matrimonio combinato.

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