E’ bello, ed è anche una piacevole sorpresa il fatto che un filosofo difficile, il cui pensiero percorre strade che possono sembrare di una rarefazione astratta e ardua come quelle di pochi altri contemporanei, si occupi anche di problemi politico-economici, e dica la sua opinione sui fatti più concreti, anche su quelli di cronaca.
L’attenzione del filosofo nel leggere la realtà è comunque congruente con il suo pensiero e viene ricondotta alla sua usuale linea razionale. Infatti, Severino avverte subito il lettore che questi scritti si muovono all’interno della “follia dell’occidente”, cioè il loro orizzonte presuppone ancora il divenire, non si preoccupano ancora di considerare che l’ente non può venire dal nulla per poi ritornarci a conclusione del suo ciclo di apparizione, per lui il pensiero politico ed economico si muove ancora nell’ambito del nichilismo.
Il divenire del mondo è regolato, secondo Severino, da un’interazione tra forze che tendono a conquistarsi l’egemonia. La forza vincente dà e rappresenta lo “scopo” che ha il mondo in quel momento, e si serve delle altre forze minori come mezzi per raggiungere appunto lo “scopo”. Nel tempo gli equilibri variano, e le forze si scambiano i ruoli, questo avviene quando una di loro, incrementando la propria potenza, cessa di essere la forza di un mero “mezzo” e scalza dal suo ruolo lo “scopo” precedente.
All’inizio (del mondo occidentale) lo “scopo” era quello della Politica, inteso come “regolazione del vivere comune secondo un principio di verità” , si estrinsecava nella polis greca, e nelle sue evoluzioni che via via si sono affacciate nel mondo. La politica per raggiungere il suo scopo ha cominciato ad utilizzare il ” mezzo” dell’economia.
Lo scopo dell’economia è quello di accumulare più beni possibili a qualsiasi costo. Ad un certo punto la forza dell’economia ha superato in intensità quella della politica, anche per la morte della verità, o della volontà di verità. E’ avvenuta l’inversione dei ruoli: ora lo “scopo” del mondo è quello dell’economia, “accumulare più beni possibili”, e la politica è stata retrocessa ad essere solo un mezzo per raggiungere questo scopo.
Tanto più lo “scopo” è realizzato, tanto più la forza del “mezzo” è indebolita, perché si piega allo “scopo”.
Severino è molto concreto e diretto, come esempio della fine della politica cita il direttore della CIA William Colby, al quale durante un’intervista venne chiesto se fosse stato proprio necessario “far indossare la camicia di forza anticomunista all’ Italia”, la risposta fu : “Sì, meglio i ladri dei dittatori”. I ladri in Italia sono riuniti nella mafia, se servono per combattere il comunismo possono anche fungere da alleati. Da questo modo di pensare nasce l’accordo mafia stato, e la fine della politica che si distacca così dalla verità.
Si avvicina ora, per Severino, una nuova inversione tra “mezzi” e “scopi”. Il capitalismo si avvicina al tramonto, non per le contraddizioni che vi ha scoperto il marxismo o per una residua lotta di classe, ma perché la “tecnica” sta cominciando lentamente a sostituire con i suoi scopi quello unico del capitalismo (la cui contraddizione principale è il fatto che per raggiungere il suo scopo l’ “accumulo di beni”, deve distruggere la Terra, e quindi sé stesso, il massimo del raggiungimento dei suoi scopi rappresenterebbe quindi anche la sua fine per suicidio).
L’economia ha bisogno della scarsità dei prodotti, per aumentarne il valore. La “tecnica” aumenta sempre di più la propria forza, e lentamente comincia ad imporre il proprio scopo, che è quello di incrementare la propria potenza per risolvere i problemi, ovvero di incrementare indefinitamente la capacità di creare degli scopi, e di eliminare la scarsità.
Un segno di questo futuro della tecnica Severino lo vede nella fine della guerra fredda e nel crollo dell’Unione Sovietica. Le due potenze hanno avuto la necessità di incrementare indefinitamente la capacità di distruggere chi voleva indebolire il proprio apparato. Con lo scudo stellare gli Stati Uniti hanno raggiunto una meta tecnologica impossibile per l’URSS, cosa che ha portato a una repentina inversione del suo scopo.
Il suo modello economico è crollato per poter mantenere alto il proprio livello tecnologico. E’ un’immagine ancora acerba e limitata di una pax technica, ma un primo segno timido del prevalere della “tecnica” sul capitalismo. In questa sua capacità di eliminare la scarsità Severino vede la “tecnica” come una possibilità in grado di aiutare l’uomo a vivere meglio e più a lungo, ma ancora sorge una contraddizione, che potrebbe indebolire lo scopo della tecnica: “come si può aiutare l’uomo a vivere e a morire se il fondamento è la fede angosciante che con la morte sia atteso dal nulla”.
Il passo successivo, squisitamente Severiniano, è quello di prospettare l’ultima inversione, l’uscita dalla follia dell’occidente, lo sperimentare che ogni essente sia, e dunque sia eterno, e il divenire del mondo non sia che l’apparire e lo scomparire degli eterni.