Maurizio Manzo: Roglio, furrìsca e callentèddu (Su callentèddu)

bastione-santa-croce-1979-aiuole-gia-ridotte_by-m-manzo
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SU CALLENTEDDU

Pò ìs picciocchéddusu le macerie sono come un parco giochi, come le giostre, meraviglie create dalla negligenza.

Rolando Musu quel giorno fìara zaccàu e l’unica cosa che lo calmava, era la luce che sfoddàva sù ciorbèddu, filtrava dal tetto, dalle finestre dai piani de asùtta, eri nel ventre di una balena sderrùtta, che spruzzava prùini che parìara polvere d’argento.

Le macerie, oltre ai rischi de malarìas de arrùi e si cravài con il ferro del cemento armato sgretolato, erano il regno della libertà e tutta quella luce chi filtràra de dògna pàrti, ne era la conferma.

Rolando attraversava quelle che un tempo erano stanze, seghèndi in cùrtzu per i tramezzi sciusciàsu, e comunque a quello che atturàra delle stanze, si assegnava una destinazione d’uso, c’era la stanza pò cagài, cùssa per farsi le seghe, quella per iniziare a fumare e cùssa per lanciarsi le sfide, a ròglio a birìglie e pò si bogài su càzzu e su cù si andava a certài alla piccola casa sotto il portico di via Corte d’Appello tutti assieme po’ bìri chi vinceva.

Dalle macerie poi si andàra a giogài al bastioncino di santa Croce a furrìsca, quando ancora c’erano le aiuole lunghe e strette, e si misuràra la distanza palmo a palmo prima de pòrri sdòngiai la biglia che ti trovavi davanti e farla finire in furrìsca.

Rolando Musu una dì, aveva sdongiàto le biglie così forte, da scioddàrle e ridurle in mille frantumi di vetro. A volte scendeva in campo col manzillòne, una biglia gigantesca, teneva la mano destra ritta sulle punte de is dìrusu, poi siccome era mancino, appoggiava la mano arrevèscia e tenendo la biglia con l’unghia del pollice e il dito indice, prendeva la mira e siccàra dògna cosa  si trovasse davanti.

Dai giochi, come imbruniva, si passàra al nostro salotto, a su callentèddu, un angolo delle scalette di Santa Croce a fàcci del bastione, dove non arrivava mai vento e accumulava il sole di tutta la giornata, po si du torrài come un abbraccio ad accompagnare i nostri racconti, che finivano con il mitizzare còntusu e persone.

scalette-santa-croce-a-sinistra-su-callenteddu-by-m-manzo
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1980-via-dei-genovesi-macerie-ancora-cosi-by-m-manzo
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ex-collegio-gesuita-s-croce-piccola-casa-by-m-manzo
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macerie-portico-corte-dappello-by-m-manzo
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2 risposte a "Maurizio Manzo: Roglio, furrìsca e callentèddu (Su callentèddu)"

  1. Settimo ed ultimo episodio di questo viaggio dell’anima, di una Cagliari intima e segreta che, ci dice Maurizio, “finisce con i nostri che si ritrovano a su callentèddu dopo aver fatto un salto nelle macerie, nostra seconda casa e per qualcuno a volte unica, e dopo aver fatto una giocata a furrìsca.”
    Ringraziamo Maurizio per questo dono prezioso, che immagino e mi auguro sia solo una parte di un lavoro molto piu’ ampio, di tanta vita vissuta, in cui anche i luoghi (molto belle le foto come e’ stato sottolineato) si fanno testo di ferite, macerie e luce struggente.

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  2. L’ha ribloggato su ilcollomozzoe ha commentato:
    Rolando Musu quel giorno fìara zaccàu e l’unica cosa che lo calmava, era la luce che sfoddàva sù ciorbèddu, filtrava dal tetto, dalle finestre dai piani de asùtta, eri nel ventre di una balena sderrùtta, che spruzzava prùini che parìara polvere d’argento.

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