
IN QUEL LUOGO DELLE SABBIE
In un desiderio eterno
-in un dolore eterno-
essi tutti scorticati
rosi erano a metà,
dalle rivelazioni,
della dispietata dottrina.
E guardavano,
guardavano in un modo continuo e intollerabile
(nell’atteggiamento della prosternazione)
quel luogo delle sabbie – e della paura:
il cielo era di altezza smisurata,
vi era una lebbra pallida
– e con una vaga idea di immolazione…
E ESTENUAVA
E estenuava,
nel paesaggio dalla obliqua luce
nel conservato morbo
– tra quei residui pallidi…
Viveva nel subacqueo allucinatorio mondo
tra gli steli cupi e turbinanti delle alghe vorticava,
in quelle liquefazioni delle sabbie…
E il resto era spoglio,
come il segreto di una devastazione rapida
(come se si fosse poi crocifissa da sola,
e al bordo della feritoia).
E SU GLI SCARLATTI CAMPI
… “Bisogna essere capaci di tutto
(e con della freddezza
il grado più audace)
in questo universo stellato,
– in uno di questi immensi mondi
immoti congelati esangui”..
Il sole ardeva sui muri grigi
e sugli scarlatti campi
– fiorivano le rose dolcemente decapitate:
solo allora precisamente crollava,
nello smisurato scenario di cristalli della morte,
nel tessutale disfacimento
(un paesaggio fluviale,
una devastazione,
una città di martiri).
In una atmosfera esasperata
di luce e di attesa
perfino quelle celle le appartenevano,
come a un essere remoto e latitante
spaventosamente compresso,
– lo sguardo suo già in una notte.
E drammaticamente esstrangolava:
che cosa mai si stesse poi lacerando,
nelle processioni di morbosa bellezza,
negli ipogei tutti
– in quelle tombe in cui non era ancora stata?…
( oh, quella idea di profanazione,
della oltranza
quel residuale esito..).
PRIMA DI TUTTO SOPRAGGIUNSE LA RUINA
Prima di tutto sopraggiunse la ruina
– con un rumore duro e cavo:
la tormentosa agonia
di chi si misura contro gli dei,
la verità celata- e solo imperfetta…
Iniziò a precipitare da quel giorno
(l’episodio inaudito, la Consummazione)
come se osasse vivere solamente in mezzo ai morti
ai dimissionari, a uomini spenti, destituiti.
Volle correre verso quell’orizzonte in fiamme,
e con il linguaggio dell’oscurità degli addii,
dei proibiti distretti.
E si nutrì anche di morte,
perché tutti morirono:
oh, avesse mai potuto amare,
il gelo magnifico e crudele
quelle funeree allucinazioni
( della nostra recisa testa),
anche quel futuro- e l’avversione,
quella scabra scorza.
(Da qualche parte uccidevano
cerimoniosamente:
ma magnifici eravamo noi, e calmi,
nel deturpamento grande).
DEI DISFATTI COLORI
Succhiò la bellezza
dei disfatti colori
la vitrea barriera
di misteriosi cieli sulle rovine:
il sereno sulle cime
-su tutti quei loro devastati orli-
era atroce…
Rimaneva solo la impura verità,
la ossessione incorruttibile:
una sua meditazione cupa,
quel lucido commentario verso una città segreta
(I fiori apparivano piccoli e bianchi,
le arcate bianche di calce).
TUTTO TUTTO AFFONDA
Totalmente contempla, è fissa
sui neri alberi irsuti,
sulla nera acqua fremente,
osserva la pura realtà fenomenica,
e quegli uccelli senza fine,
nel rosso di questa terra…
Tutto, tutto affonda
(come lussurioso, pestilenziale)
nei vuoti cristallini
neutri passivi,
nello scorticato biancore,
nella vermiglia goccia.
La luce è fredda
– di crudeltà immota –
straordinariamente e inumanamente
sono nostri,
tutti questi sibilanti elusivi fiori di fiamma,
lo scheletro di cristallo.
(E c’è lei,
che salmodia ferocemente,
in una lingua morta…).
VI E’ UNA COGNIZIONE SEGRETA E VELENOSA
Vi è una cognizione segreta e velenosa,
un insieme di annotazioni fredde,
il role du martyr,
su quei manuali della trattatistica quadrigesimale,
negli uffizia cantati…
La consummazione della carne
strina le arterie- le più minute-
e i volti di bucaneve
nel baciare ombre.
Dall’alba a compieta io inespio
non intendo sezionarmi:
il mio male sarà postumo,
tutte intere infine,
le verità spietate.
Villa Dominica Babinot: maturità classica e Corso di studi universitari in lettere (non conclusi purtroppo a pochi esami dalla laurea). Si è interessata ben presto di letteratura, poesia e pittura e queste sono divenute in breve le sue passioni predominanti. Nel proseguo del tempo – ma non attraverso scuole bensì studiando e verificando da assoluta autodidatta-ha poi cercato di migliorare queste attitudini con assidui esercizi di praticantato personale correndo il rischio di dispersione e ritardi di vario tipo. Ha incominciato a scrivere con costanza- e senza mai deflettere da allora- solo dopo il 2006 e cimentandosi inizialmente sui gruppi di scrittura presenti sul web (it.arti.poesia, it.arti.scrivere) e subito dopo creando i propri blog personali, uno di poesia (Inconcreti Furori) il secondo di prosa e racconti (dell’idrairacconti), cercando poi di raccogliere il complesso delle proprie produzioni in quello che mano mano dovrà essere sempre più il blog cumulativo Villa Dominica Balbinot. Sin dal suo primo numero collabora al lit-blog viadellebelledonne. E’ da considerarsi inedita su carta, potendo contare unicamente sulla raccolta Febbre lessicale (autoedita attraverso sito ilmiolibro.) I testi qui raccolti sono stati raggruppati nel secondo libro auto edito “Quel luogo delle sabbie“. Proprio per le modalità stesse che hanno dato sviluppo sue diverse attività espressive Villa Dominica Balbinot non può burocraticamente e “ufficialmente” presentare alcun tipo di curricula, ciò nonostante i suoi lettori (che purtuttavia esistono) non è detto che – quando saranno conclusi i suoi lavori nei vari campi letterari – non possano prima o poi sapere tutto di lei, sperabilmente tra non moltissimo! Per ora si dovranno “accontentare” dei suoi testi; Villa Dominica Balbinot concorda infatti con Proust per due sue essenziali affermazioni :
1)PROUST contro SAINTE BEUVE «Un libro è il prodotto di un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella vita sociale, nei nostri vizi».
2) PROUST «La vera vita, la vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita dunque, pienamente vissuta, è la letteratura».
Ringrazio pubblicamente Doris Emila Bragagnini per tutto, qui per la sua critica scritta estremamente bene (complimenti quindi in primis alla stessa Doris in prima persona e in quanto scrittrice-critica) e detta in modo tale da riuscire a delineare in una cornice inossidabile e urticante il senso profondo e vero del mio dire e del come dire.
Davanti a un tale suo risultato analitico e nel contempo di “essenza” io non posso che appropriarmi delle parole che ha voluto regalarmi e tenenermele ben strette ad libitum. Dono impagabile e generoso grazie a Doris Emilia Bragagnini e al suo sguardo capace di leggere e riccamente leggere.
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Cara Dominique, io ringrazio te, per il calore con cui hai accolto il mio modo di avvicinare i tuoi versi, la tua poetica… è sempre bello osservare quanto nasce di positivo lasciandosi contagiare dalle parole. Un caro saluto
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Splendida pagina Doris, scaturita da splendide poesie. L’immagine della clessidra con il granello è potente.
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grazie Roberta!
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Ringrazio per l’attenzione e per il “bel” commento la gentile Roberta De Luca: devo dire che la mia intenzione oggi era quella di fare un altro appunto particolare riguardo alla totalmente originale- e esatta, significativa e pure suggestiva-immagine della “clessidra”usata dalla cara Doris Emilia Bragagnini (grazie anche per questo allora, grazie!!)
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ho apprezzato anche in passato la personalissima vena poetica di “Domaccia”, una sintesi unica di linguaggio aulico e carnale che riconoscerei ad occhi chiusi tra mille autori di versi. (apprezzo ancora di più Villa Dominica Balbinot come prosatrice, ma non vorrei essere frainteso: ciò nulla toglie alla bellezza viscerale delle sue poesie, ok??). detto questo, aggiungerei alla bella e centrata introduzione di Doris Emilia Bragagnini, una nota circa l’azione *meccanica* operara dai versi dell’autrice sulla parola in sé. ebbenesì, le poesie di Domaccia deformano le parole: un’azione metamorfica assimilabile a quella geologica secondo la quale l’esposizione a temperature di 500-800 °C (“strina le arterie”) e a pressioni di 3000-8000 atmosfere (“in una atmosfera esasperata”, “spaventosamente compresso”), trasformano la materia (“scorticata e rosa”, “devastazione”, “con un rumore duro e cavo”) formando nuovi reticoli cristallini (“cristalli della morte”, “vuoti cristallini”, “scheletro di cristallo”). ecco, allora che le sabbie di quel luogo, citate nel titolo della raccolta, si trasformano in quarzite, roccia dalle eccellenti proprietà meccaniche – il cerchio si chiude – e dall’aspetto talvolta vitreo (“vitrea barriera”). un vetro che sa farsi attraversare “dalla obliqua luce”, ma soprattutto sa farsi vissuto e tagliente così da sporcarsi le mani col “rosso di questa terra”, fino a incupirsi vermiglio (“vermiglia goccia”) o scarlatto (“e sugli scarlatti campi”).
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Domaccia, sempre presente all’appello della buona Poesia. io la marco così, Poesia, semplicemente, ineluttabilmente.
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ma guarda guarda; rivedo qui lo stupefacente e non certo dimenticato malos mannaja che già mi ha fatto ( anzi regalato) delle analisi estremamente ricche e “colpenti” poichè in ogni caso ( sia poesia sia prosa) capaci di darmi nuove visuali nuove possibili angolazioni su cui riuscire a vedere io stessa i miei testi, sia dal punto di vista stilistico sia tematico- contenutistico
per esempio in questo specifico caso mi hai saputo assolutamente convincere ( e anche strabiliare, a dire il vero:-) con la tua abilità di approfondimento e quindi lettura) sulla azione meccanica – deformante della parola nel suo uso, capace di trasformare la sabbia in quarzite creando la materia nuovi reticoli cristallini etc in effetti mi piace la tremenda potenza geologica stratificante e ricreante.
in conclusione grazie al generoso malos mannaja per questa analisi che certo mi arrichisce arricchendo la lettura-visione ( anche scientifica diciamo) dei miei testi
inoltre ti ringrazio assai per il giudizio di me prosatrice, anzi è anche grazie a queste osservazioni positive che non demordo e voglio – voglio assolutamente anche se so che sarà dura- potere portare a compimento quello che voglio sia un romanzo ( ahh desidero estremo per cui lotterò:-))
un caro saluto a te, eloquente, attento e generoso malos ciao!
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carissimo Flavio Almerighi che bella sorpresa pure tu!!
e quanto al tuo commento conciso e nel contempo assai ricco devo ammettere che “tu mi turbi”) e anche questo turbamento è un grosso dono per me…
grazie tantissime, siete tutti incredibili.
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