15 risposte a "malos mannaja: l’url di Munch (Neobar eBooks)"
Caro Malos, ho letto “l’url di Munch” e apprezzato anche le immagini. Complimenti per le tue “neurodeliriche”! E’ davvero un ebook alternativo: ironico, giocoso, sarcastico, amaro…personalmente ho apprezzato i momenti di alto lirismo che, a volte, pure compaiono a testimonianza che, se volessi potresti essere un poeta “nelle corde”, ma preferisci essere originale.
Un caro saluto,
Rosaria
@Rosaria: grazie per il commento e per il tempo dedicato alla lettura e alla visione (non mistica) delle immagini : )))
credo che tu abbia ragione, io non volessi essere un poeta: la vita è troppo divertente, giocosa, sarcastica, amara e quant’altro per essere comunicata mediante un solo registro linguistico. tuttavia non è che “preferisco” essere originale, è che anche se volessi non potessi fare altrimenti: quando mi metto ad andare a capo esce fuori la mia vera natura (tipo lo zio ottuagenario della canzone di Jannacci “la forza dell’amore”, che “era appena uscito dal neurodeliri”)
: )
@Roberta De Luca: grazie, troppo buona : )) e hai ragione, le neurodeliriche sono anche struggenti (un giorno fonderò il movimento filosofico e letterario dei “pessimisti ironici”…)
Grande Malos! Mi piace, mi piace quando metti il dito nella piaga (ovvero: sempre). Riconfermi i paesaggi aspri dell’umano, così aforismatico, a tratti epigrammatico: sicuramente Te stesso in ogni gesto di scrittura; poi, nella visione, nelle immagini, nella trasgressione. Nella capacità di far sorridere anche quando il cuore fa male per eccessiva verità: “Stefano Cucchi non è stato ucciso / è stato morto”.
Ma sì! Diventiamo neurodelirici! neuro-de-lirici | deliricizzanti?
Incisività-aiku nei ricami lirico-ironico-estranianti sul tempo, le stagioni, la vita e il vizio/supplizio di scrivere (“storie”, “presenze”, “stridere amaro”, “dol’ore piccole”, “verso”, illuminazioni”…). Ho conosciuto malos, nel lontano 2008, quando imperversava in rete come “Betta”, un doppio del doppio… e ai suoi eteronimi mi piace immaginare abbia dedicato “ti abiti di nomi”. E ai tempi di Betta mi riportano queste liriche lucenti, con tanto di sottotitoli esplicativi: sospira e come sempre si dirige alla finestra / s’affaccia e scruta il cielo per vedere/ che tempo fa/ tutto era uguale.
Rigorosamente in stile malos, le immagini sono inscindibili dalle parole, sia che le complimentino o le contraddicano. E allora: l’occhio senza pupilla di “allontanamenti in Reflex”, o comunque buñueliano del “buio oltre il presepe”
Le più struggenti: “a capo(danno) (cote)chino”, “sublimazioni” (la metafisica che sfiora ogni volta che guarda all’infanzia).
E insieme agli animali, la pietas va ai più indifesi, l’umanità dei gommoni, quel che resta del vecchio: “il pannolone ha l’alito/che sa di merda/ma qui non c’è nessuno (che protesta)/resti piegato inerte sulla carrozzina/resti umani”, colto anche nel melancolico “strizzare l’occhio alle vallette”.
Le più surreali, meno o più inquietanti, “anche se resti (io passo)”, “deriva del mondo”, “cambio canale”. Le più politiche: “neoliberismi cotonati”, “punti di svista”, “identità”, “minimalismi”. E, a parte, vorrei sottolineare “in vece – sottotitolo esplicativo: controcanto d’amore” (che mi ricorda un bel racconto di Natalia Ginzburg, “Io e lui”), bellissima poesia d’amore con l’immagine che dice non solo sull’amore, una rosa delicata con le sue spine che si scambia cuoricini con un palloncino.
@Nina Maroccolo: grazie Nina, sei gentilissima. non ci conosciamo abbastanza, ma incrociandoti in rete mi ha sempre colpito la tua sensibilità. e sapere che le neurodeliriche ti sono parse toccanti, mi fa sentire meno solo. un abbraccio fraterno.
@Abele Longo: in realtà si trattava di “altrabetta” per via di uno scherzo con Betta (mia moglie) che poi per pigrizia – non avevo voglia di re-impostarmi il blog da zero – è andato avanti per oltre due anni. comunque mi fa piacere che te lo ricordi: visto che il blog è poi stato censurato e chiuso da Splinder senza apparente motivo, vuol dire che altrabetta non è morta e vissuta invano : ))) e visto che siamo in vena di confidenze, ti dirò che “in vece” è molto personale e l’ho scritta proprio per Betta in occasione del nostro recente ventesimo anniversario di matrimonio : ) per il resto, che aggiungere? ecco, sì, che il tuo commento mi ha emozionato (ohi ohi, si vede che sto invecchiando… : ))… bacioni.
Caro Malos, le tue sì, che sono belle poesie, hanno la caratteristica di essere completamente estroverse, nascono da un’interiorità che subito le erutta fuori. Di solito le poesie seguono il percorso inverso, acchiappano le cose dal mondo e si rifugiano nella tana dell’interiorità (beh .. non sempre).
Le tue poesie se ne vanno in giro cercando un interlocutore con cui dialogare delle cose della vita, di solito le poesie invece parlano coi muri (… non sempre però). Sono anche il contrapasso del poemetto in prosa.
Fanno il giro del mondo contemporaneo, sono politiche nel senso più ampio del termine.
Alcune sono forse troppo assertive, ma in fondo le parole sono pezzi di cervello in movimento che si deposita sulle cose e sui fatti definendoli, come in “sono stato pestato”, e questo è un pregio.
Tra le mie preferite c’è poi ” “in vece” e quella sul “verso”, bella l’idea del verso come voce del verbo versare.
@Giancarlo Locarno: ma grazie! ehm, ok, se anche tu volevi farmi arrossire ci sei riuscito : ))) mi ha emozionato soprattutto l’idea che le neurodeliriche “vadano in giro cercando un interlocutore con cui dialogare delle cose della vita”. credo proprio che sia molto vero: sono pensieri randagi che a volte mordono, a volte fanno le fusa per un tozzo di pane, ma comunque ti si fanno incontro se t’incrociano lungo la strada…
Caro Malos ti conoscevo di più nei racconti o varie pagine tratte dal tuo personalissimo osservatorio e quindi l’occasione di scoprirti più precisamente tra i versi è stata un’occasione imperdibile… certe geniali intuizioni (come farai ad afferrarle?), la denuncia, la tenerezza di sguardo nonostante nulla verta al sentimentalismo, il rovistare nei dettagli di ogni “specie” e di ogni url, nel tuo inconfondibile stile (complimenti).
@Doris Emilia Bragagnini: trooooppo gentile! senza volere mi hai fatto tornare in mente che molti anni fa un poeta serio mi diede in modo assai poco velato del coglione scrivendo in un commento “Caro Mannaja, lei scrive cose ingegnose, particolarmente ricche di genitali intuizioni.” eh, confesso che lì per lì ci rimasi un po’ male, ma poi il retrogusto un po’ surreale del tutto prevalse e non potei fare a meno di riderci sopra : ))) bacioni e abbraccioni
Un po’ in ritardo ma un commento ci vuole visto che fra il pomeriggio del 31 e la mattina di oggi primo giorno dell’anno mi sono letto “L’url di Munch” che in iper-velocità si connette agli eventi drammatici che il mondo ci sta proponendo, fatti sempre più velati dall’onnipotenza dell’informazione usa e getta. Alla fine della lettura devo dire che si è certi di aver letto qualcosa di genuino nonostante sembri all’apparenza tutto molto ricercato ed elaborato. Un risultato questo ammirevole Malos, qualcosa che mi fa dire in seconda battuta che sei un innamorato cronico della parola. Basta leggere “storie” o “verso”, per captare la funzione essenziale che vivi nella parola stessa, che sia in prosa o poesia, giusto per trastullarsi con legittime distinzioni di genere. Così me le sono lette e rilette tutte con calma serafica sperimentando i vari cambi di tematica e tono che le caratterizzano, e io che un po’ ho apprezzato anche il tuo ambito scientifico devo dire che l’ho ritrovato spesso nel suono di varie poesie. In “allontanamenti in reflex” per esempio suona davvero una sottile melodia gelida che non lascia scampo fin dall’inizio: “D’istante la parola fotografa il non senso dei pensieri…” conducendoti in allontanamenti spazio-temporali dal retrogusto amaro e ironico dove sembra nascere l’altra poesia, “siamo dei”, un ascensore spietato che ti sbalza dall’ Olimpo degli Dei alle nobili stalle dei bosoni, per quanto o in quanto, ” fantastici trastulli” della materia. Quindi credo proprio che la forza di una poesia come di queste “Neurodeliriche” nasca dal riuscire a presentarsi come voce che sa fare dell’unicità di se stessa una diversità fraterna da ascoltare, e ciò anche nei momenti più drammatici. In questo senso ho trovato molto intensa: “Anche se resti (io passo)”, davvero inevitabilemente commovente Malos. E ce ne sono diverse poesie che toccano tasti delicati e tragici, tipo : “vagare immobile”, “il buio oltre il presepe-a capo(danno) (cote)chino”, “senza brindare a vedere l’orrore”, ” deriva del mondo”, “cambio canale” , “in questa storia ci sono”, e la struggente :”ninna nanna della fine”. Ma ce ne sarebbero altre da citare su questo fronte, e infatti le cito:-), tipo: “lamiere-nulla si crea, nulla si distrugge” e “stato pestato”, fino ad arrivare alla poesia catalizzatore di tutto il combustibile poetico perché include lo spettatore di tutti questi eventi negli eventi stessi, ovvero la sagace “tombe virtuali”. E devo dire comunque che se prevalgono queste folgorazioni attuali e amare in tutta la raccolta, c’è sempre il tuo lato ottimistico come intermezzo a sdrammatizzare, si perché un pessimista-ironico quale ti definisci non può che essere pure un ottimista-malinconico. A testimonianza di ciò ci sono le poesie dedicate all’attualità della politica e dell’economia, poesie più esortative che distruttive, ma basta leggere:” rinite stagionale” con il verso finale:” e quello che non c’è possiamo sempre scriverlo”; per constatare che vedi sempre una speranza creativa dentro i rottami di tutto ciò che ci circonda. Concludo sottolinenado come possa pure un po’ spiazzare il lettore questo tuo estrarre dalla scrittura non solo un significato legato alla tua personale visione delle cose, ma delle connessioni fra mondi almeno d’impatto “lontani” sfruttando la duttilità giocosa della semantica e delle immagini direi. Vedi per esempio “scorrere a rivoli le pagine”, “trittico attrezzato: trapasso dolomitico” , “dol’ore piccole”, dove l’intrecco delle parole si mischia a significati di varia natura freddandoli in parte con la sua azione straniante, ma certamente evidenziando poi una precisa volontà comunicativa che infonde vita a quel tubamento immerso nel silenzio di una notte fonda, “quasi che fossi fossi fosse il rumore, ( e che rumore aggiungo), del fondo del nulla”.
mi hai commosso. non riesco a dire altro. solo un sincero abbraccio di fraterna condivisione.
e d’altro canto, se è vero com’è vero che si nasce e si muore soli, perché non provare nel mezzo a farci un po’ di compagnia, almeno a parole?
: )
bacioni
sublime alter nativo scatenato e lo ripeto S-CATENATO Malos che non leggevo da tempo – il tempo che non – quello che lui sa così bene dire non dicendo dicendo doppio in triplo immaginifico reale che virtual mente (mai mente) batte la lingua del dis senso obliquo quo vadis boh
Caro Malos, ho letto “l’url di Munch” e apprezzato anche le immagini. Complimenti per le tue “neurodeliriche”! E’ davvero un ebook alternativo: ironico, giocoso, sarcastico, amaro…personalmente ho apprezzato i momenti di alto lirismo che, a volte, pure compaiono a testimonianza che, se volessi potresti essere un poeta “nelle corde”, ma preferisci essere originale.
Un caro saluto,
Rosaria
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@Rosaria: grazie per il commento e per il tempo dedicato alla lettura e alla visione (non mistica) delle immagini : )))
credo che tu abbia ragione, io non volessi essere un poeta: la vita è troppo divertente, giocosa, sarcastica, amara e quant’altro per essere comunicata mediante un solo registro linguistico. tuttavia non è che “preferisco” essere originale, è che anche se volessi non potessi fare altrimenti: quando mi metto ad andare a capo esce fuori la mia vera natura (tipo lo zio ottuagenario della canzone di Jannacci “la forza dell’amore”, che “era appena uscito dal neurodeliri”)
: )
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Completamente d’accordo con Rosaria. Le neurodeliriche sono anche struggenti. Le immagini fortissime!
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@Roberta De Luca: grazie, troppo buona : )) e hai ragione, le neurodeliriche sono anche struggenti (un giorno fonderò il movimento filosofico e letterario dei “pessimisti ironici”…)
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Vengo anch’io!
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Grande Malos! Mi piace, mi piace quando metti il dito nella piaga (ovvero: sempre). Riconfermi i paesaggi aspri dell’umano, così aforismatico, a tratti epigrammatico: sicuramente Te stesso in ogni gesto di scrittura; poi, nella visione, nelle immagini, nella trasgressione. Nella capacità di far sorridere anche quando il cuore fa male per eccessiva verità: “Stefano Cucchi non è stato ucciso / è stato morto”.
Ma sì! Diventiamo neurodelirici! neuro-de-lirici | deliricizzanti?
Grazie di cuore. Un abbraccio,
Nina***
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Incisività-aiku nei ricami lirico-ironico-estranianti sul tempo, le stagioni, la vita e il vizio/supplizio di scrivere (“storie”, “presenze”, “stridere amaro”, “dol’ore piccole”, “verso”, illuminazioni”…). Ho conosciuto malos, nel lontano 2008, quando imperversava in rete come “Betta”, un doppio del doppio… e ai suoi eteronimi mi piace immaginare abbia dedicato “ti abiti di nomi”. E ai tempi di Betta mi riportano queste liriche lucenti, con tanto di sottotitoli esplicativi: sospira e come sempre si dirige alla finestra / s’affaccia e scruta il cielo per vedere/ che tempo fa/ tutto era uguale.
Rigorosamente in stile malos, le immagini sono inscindibili dalle parole, sia che le complimentino o le contraddicano. E allora: l’occhio senza pupilla di “allontanamenti in Reflex”, o comunque buñueliano del “buio oltre il presepe”
Le più struggenti: “a capo(danno) (cote)chino”, “sublimazioni” (la metafisica che sfiora ogni volta che guarda all’infanzia).
E insieme agli animali, la pietas va ai più indifesi, l’umanità dei gommoni, quel che resta del vecchio: “il pannolone ha l’alito/che sa di merda/ma qui non c’è nessuno (che protesta)/resti piegato inerte sulla carrozzina/resti umani”, colto anche nel melancolico “strizzare l’occhio alle vallette”.
Le più surreali, meno o più inquietanti, “anche se resti (io passo)”, “deriva del mondo”, “cambio canale”. Le più politiche: “neoliberismi cotonati”, “punti di svista”, “identità”, “minimalismi”. E, a parte, vorrei sottolineare “in vece – sottotitolo esplicativo: controcanto d’amore” (che mi ricorda un bel racconto di Natalia Ginzburg, “Io e lui”), bellissima poesia d’amore con l’immagine che dice non solo sull’amore, una rosa delicata con le sue spine che si scambia cuoricini con un palloncino.
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@Nina Maroccolo: grazie Nina, sei gentilissima. non ci conosciamo abbastanza, ma incrociandoti in rete mi ha sempre colpito la tua sensibilità. e sapere che le neurodeliriche ti sono parse toccanti, mi fa sentire meno solo. un abbraccio fraterno.
@Abele Longo: in realtà si trattava di “altrabetta” per via di uno scherzo con Betta (mia moglie) che poi per pigrizia – non avevo voglia di re-impostarmi il blog da zero – è andato avanti per oltre due anni. comunque mi fa piacere che te lo ricordi: visto che il blog è poi stato censurato e chiuso da Splinder senza apparente motivo, vuol dire che altrabetta non è morta e vissuta invano : ))) e visto che siamo in vena di confidenze, ti dirò che “in vece” è molto personale e l’ho scritta proprio per Betta in occasione del nostro recente ventesimo anniversario di matrimonio : ) per il resto, che aggiungere? ecco, sì, che il tuo commento mi ha emozionato (ohi ohi, si vede che sto invecchiando… : ))… bacioni.
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Caro Malos, le tue sì, che sono belle poesie, hanno la caratteristica di essere completamente estroverse, nascono da un’interiorità che subito le erutta fuori. Di solito le poesie seguono il percorso inverso, acchiappano le cose dal mondo e si rifugiano nella tana dell’interiorità (beh .. non sempre).
Le tue poesie se ne vanno in giro cercando un interlocutore con cui dialogare delle cose della vita, di solito le poesie invece parlano coi muri (… non sempre però). Sono anche il contrapasso del poemetto in prosa.
Fanno il giro del mondo contemporaneo, sono politiche nel senso più ampio del termine.
Alcune sono forse troppo assertive, ma in fondo le parole sono pezzi di cervello in movimento che si deposita sulle cose e sui fatti definendoli, come in “sono stato pestato”, e questo è un pregio.
Tra le mie preferite c’è poi ” “in vece” e quella sul “verso”, bella l’idea del verso come voce del verbo versare.
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@Giancarlo Locarno: ma grazie! ehm, ok, se anche tu volevi farmi arrossire ci sei riuscito : ))) mi ha emozionato soprattutto l’idea che le neurodeliriche “vadano in giro cercando un interlocutore con cui dialogare delle cose della vita”. credo proprio che sia molto vero: sono pensieri randagi che a volte mordono, a volte fanno le fusa per un tozzo di pane, ma comunque ti si fanno incontro se t’incrociano lungo la strada…
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Caro Malos ti conoscevo di più nei racconti o varie pagine tratte dal tuo personalissimo osservatorio e quindi l’occasione di scoprirti più precisamente tra i versi è stata un’occasione imperdibile… certe geniali intuizioni (come farai ad afferrarle?), la denuncia, la tenerezza di sguardo nonostante nulla verta al sentimentalismo, il rovistare nei dettagli di ogni “specie” e di ogni url, nel tuo inconfondibile stile (complimenti).
D.
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@Doris Emilia Bragagnini: trooooppo gentile! senza volere mi hai fatto tornare in mente che molti anni fa un poeta serio mi diede in modo assai poco velato del coglione scrivendo in un commento “Caro Mannaja, lei scrive cose ingegnose, particolarmente ricche di genitali intuizioni.” eh, confesso che lì per lì ci rimasi un po’ male, ma poi il retrogusto un po’ surreale del tutto prevalse e non potei fare a meno di riderci sopra : ))) bacioni e abbraccioni
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Un po’ in ritardo ma un commento ci vuole visto che fra il pomeriggio del 31 e la mattina di oggi primo giorno dell’anno mi sono letto “L’url di Munch” che in iper-velocità si connette agli eventi drammatici che il mondo ci sta proponendo, fatti sempre più velati dall’onnipotenza dell’informazione usa e getta. Alla fine della lettura devo dire che si è certi di aver letto qualcosa di genuino nonostante sembri all’apparenza tutto molto ricercato ed elaborato. Un risultato questo ammirevole Malos, qualcosa che mi fa dire in seconda battuta che sei un innamorato cronico della parola. Basta leggere “storie” o “verso”, per captare la funzione essenziale che vivi nella parola stessa, che sia in prosa o poesia, giusto per trastullarsi con legittime distinzioni di genere. Così me le sono lette e rilette tutte con calma serafica sperimentando i vari cambi di tematica e tono che le caratterizzano, e io che un po’ ho apprezzato anche il tuo ambito scientifico devo dire che l’ho ritrovato spesso nel suono di varie poesie. In “allontanamenti in reflex” per esempio suona davvero una sottile melodia gelida che non lascia scampo fin dall’inizio: “D’istante la parola fotografa il non senso dei pensieri…” conducendoti in allontanamenti spazio-temporali dal retrogusto amaro e ironico dove sembra nascere l’altra poesia, “siamo dei”, un ascensore spietato che ti sbalza dall’ Olimpo degli Dei alle nobili stalle dei bosoni, per quanto o in quanto, ” fantastici trastulli” della materia. Quindi credo proprio che la forza di una poesia come di queste “Neurodeliriche” nasca dal riuscire a presentarsi come voce che sa fare dell’unicità di se stessa una diversità fraterna da ascoltare, e ciò anche nei momenti più drammatici. In questo senso ho trovato molto intensa: “Anche se resti (io passo)”, davvero inevitabilemente commovente Malos. E ce ne sono diverse poesie che toccano tasti delicati e tragici, tipo : “vagare immobile”, “il buio oltre il presepe-a capo(danno) (cote)chino”, “senza brindare a vedere l’orrore”, ” deriva del mondo”, “cambio canale” , “in questa storia ci sono”, e la struggente :”ninna nanna della fine”. Ma ce ne sarebbero altre da citare su questo fronte, e infatti le cito:-), tipo: “lamiere-nulla si crea, nulla si distrugge” e “stato pestato”, fino ad arrivare alla poesia catalizzatore di tutto il combustibile poetico perché include lo spettatore di tutti questi eventi negli eventi stessi, ovvero la sagace “tombe virtuali”. E devo dire comunque che se prevalgono queste folgorazioni attuali e amare in tutta la raccolta, c’è sempre il tuo lato ottimistico come intermezzo a sdrammatizzare, si perché un pessimista-ironico quale ti definisci non può che essere pure un ottimista-malinconico. A testimonianza di ciò ci sono le poesie dedicate all’attualità della politica e dell’economia, poesie più esortative che distruttive, ma basta leggere:” rinite stagionale” con il verso finale:” e quello che non c’è possiamo sempre scriverlo”; per constatare che vedi sempre una speranza creativa dentro i rottami di tutto ciò che ci circonda. Concludo sottolinenado come possa pure un po’ spiazzare il lettore questo tuo estrarre dalla scrittura non solo un significato legato alla tua personale visione delle cose, ma delle connessioni fra mondi almeno d’impatto “lontani” sfruttando la duttilità giocosa della semantica e delle immagini direi. Vedi per esempio “scorrere a rivoli le pagine”, “trittico attrezzato: trapasso dolomitico” , “dol’ore piccole”, dove l’intrecco delle parole si mischia a significati di varia natura freddandoli in parte con la sua azione straniante, ma certamente evidenziando poi una precisa volontà comunicativa che infonde vita a quel tubamento immerso nel silenzio di una notte fonda, “quasi che fossi fossi fosse il rumore, ( e che rumore aggiungo), del fondo del nulla”.
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mi hai commosso. non riesco a dire altro. solo un sincero abbraccio di fraterna condivisione.
e d’altro canto, se è vero com’è vero che si nasce e si muore soli, perché non provare nel mezzo a farci un po’ di compagnia, almeno a parole?
: )
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sublime alter nativo scatenato e lo ripeto S-CATENATO Malos che non leggevo da tempo – il tempo che non – quello che lui sa così bene dire non dicendo dicendo doppio in triplo immaginifico reale che virtual mente (mai mente) batte la lingua del dis senso obliquo quo vadis boh
molto.
di più.
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