Pablo de Rokha tradotto da Emilio Capaccio

Pablo de Rokha

Colpirò l’eternità
con il calcio della mia pistola

P. de R.

 

Pablo de Rokha, pseudonimo di Carlos Díaz Loyola, (Licantén, 17 ottobre 1895 – Santiago del Cile, 10 dicembre 1968), è considerato uno dei più grandi poeti cileni, insieme a Pablo Neruda, Gabriela Mistral e Vicente Hiudobro.

La sua poesia può essere inquadrata, a grandi linee, nel filone del dadaismo espressionista e del surrealismo europeo, e si caratterizza per una spiccata esuberanza verbale e provocatoria, elementi che contribuirono, unitamente alla turbolenza del personaggio e alla sua militanza nel movimento anarchico (che appoggiò la carica di Pedro Aguirre Cerda alla presidenza del Cile, nel 1938) ad accrescere una fama del poeta non idilliaca nei circoli culturali dell’epoca.

Nel 1916, sposò la poetessa Luisa Anabalón Sanderson, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Juana Inés de la Cruz e, successivamente, con lo pseudonimo di Winétt de Rokha, che morì di cancro nel 1951 e dalla quale ebbe 9 figli.

Nel 1955, pubblicò il saggio Neruda y Yo in cui criticò duramente l’opera del suo illustre connazionale, accusato di plagio e di illudere i lavoratori con falsa militanza alla causa del movimento anarchico e comunista.

Nel 1965, ricevette il “Premio Nacional de Literatura de Chile”, riconoscimento che lo stesso poeta minimizzò, affermando che gli era stato conferito quasi per accontentarlo, con lo scopo di metterlo a tacere e con la segreta speranza che i suoi scritti non avrebbero più creato agitazioni sociali e proteste.

Il 10 settembre del 1968, profondamente colpito dalla perdita dell’amico e scrittore, Joaquín Edwards Bello, che si era suicidato qualche mese prima, ed eternamente depresso per la scomparsa del figlio Carlos, morto anch’egli suicida nel 1962, e della moglie, dei quali non aveva mai accettato la dipartita, pose fine alla propria vita con un colpo di rivoltella sparato nella bocca.

La sua produzione letteraria consiste complessivamente di 46 volumi, tra raccolte poetiche, raccolte di articoli e saggi.

Tra le opere più importanti, si annoverano: Los Gemidos (1922), Cosmogonía (1925), Morfología del Espanto (1942), Fuego Negro (1953), Genio del Pueblo (1960).

Introduzione e traduzione di Emilio Capaccio

 

CIRCOLO

A Winétt

Ieri il mondo come un gatto giocava con la tua gonna;
oggi ti lecca i fini stivaletti di colomba;
popolato hai il cuore di cicale,
e un rassomigliare a morte vielle insonni,
gran malinconica.

Possibilmente tutto il mare starebbe nei tuoi occhi
e tutto il sole nei tuoi modi d’acquario;
come un cane giallo ti van dietro gli autunni,
cinta da dèi cosmici e fluviali,
sei eternità dentro la goccia di spavento.

La tua illusione rammenta una città antica,
mogani colmi d’aroma intristito,
e pietre eterne e bimbe ferite;
un uccello d’agosto s’annega alle tue pupille,
e come un abito nero ti cade il delirio.

Seria come una spada, hai la gran dolcezza
dei vecchi e teneri sonetti dell’imbrunire;
la tua dignità puerile arde come i frutti;
i tuoi canti somigliano a una gran brocca scura
che si verserebbe sull’ideale del mondo.

Come semi, ti sei squarciata in figli,
e come un sonno che s’immilla,
la tua carne dolorosa s’è gremita di prole;
donnetta d’inverno, annuvolata di sospiri,
la tristezza del sesso t’azzanna la parola.

Tutto il secolo s’arrotola come una sciarpa d’oro;
e dalla verità piovosa del mio enigma,
s’intona la canzonetta degli ultimi sposi;
il tuo rapimento errante canta alle feste nuziali
come un’allodola di fumo, con ali ardite.

Sotterrata nei cubi bollati dell’angoscia,
come Dio nella nera bottiglia dei cieli,
nipote d’uomini, nata in villaggi di pazzia,
il tuo gran fiore ferito poni sul mio tormento,
sotto le mie tempie arate di silenzio.

Associo la tua figura alle femmine ebraiche,
e ti vedo, morsa da oli e città,
scrivere l’amarezza delle terre brune
nell’azzurra tattica del gran ballo orrendo  
con lama rosa del piede inabbordabile.

Bambina delle storie malinconiche, bambina,
bambina dei romanzi, bambina delle canzonette,
hai un gesto immobile di stampa di provincia
nell’acqua d’autunno del viso perduto
e nei seri capelli gocciolanti di drammi.

Stai sulla mia vita di pietra e ferro rovente,
come l’eternità in cima ai morti,
ricordo che sei venuta e che sempre sei esistita,
donna, mia donna mia, congiunto di donne,
tutta la razza umana geme nelle tue ossa.

Colmi la terra intera, come un vento rotante,
e i tuoi capelli odorano di canzonetta oceanica;
arancio dei paesi terrosi e gioviali,
hai la solitudine piena di solitudini,
e il tuo cuore, la forma di una lacrima.

Come un gregge di nubi, trascinando
la coda immensa e torba dell’ignoto,
la tua anima enorme oltrepassa le ossa e i tuoi canti,
ed è identica a un vento temibile e millenario
incatenato a un cespuglietto di sospiri.

Somigli a quelle cantate popolari,
di folclori modesti e graziosi;
la tua immobile democrazia sa d’erba rurale,
ragazza di paese, fiorita di velami,
e di creta bruna, d’azzurri e tristi uccelletti.

Discendi da minatori e conquistatori,
gente fiera e violenta portò il tuo sangue straniero,
e tuo nonno, Domingo Sanderson, fu un UOMO;
li cerco e li vedo attraversare l’orizzonte
con il tuo atteggiamento futuro sulle spalle.

Sei la permanenza delle cose profonde
e l’amata geografica che colma l’occidente;
le tue labbra e i tuoi seni sono un favo d’angoscia,
e il tuo ventre maturo è un grappolo d’uve
all’abrostine colossale della morte.

Amica, mia amica, così amica la mia amica,
affettuosa come il tozzo del poveruomo;
sei nata piangendo e la vita ha singhiozzato;
ti paragono a una catena di sofferenze
fatta per stringere stelle in subbuglio.

CÍRCULO

A Winétt

Ayer jugaba el mundo como un gato en tu falda;
hoy te lame las finas botitas de paloma;
tienes el corazón poblado de cigarras,
y un parecido a muertas vihuelas desveladas,
gran melancólica.

Posiblemente quepa todo el mar en tus ojos
y quepa todo el sol en tu actitud de acuario;
como un perro amarillo te siguen los otoños,
y, ceñida de dioses fluviales y astronómicos,
eres la eternidad en la gota de espanto.

Tu ilusión se parece a una ciudad antigua,
a las caobas llenas de aroma entristecido,
a las piedras eternas y a las niñas heridas;
un pájaro de agosto se ahoga en tus pupilas,
y, como un traje obscuro, se te cae el delirio.

Seria como una espada, tienes la gran dulzura
de los viejos y tiernos sonetos del crepúsculo;
tu dignidad pueril arde como las frutas;
tus cantos se parecen a una gran jarra obscura
que se volcase arriba del ideal del mundo.

Tal como las semillas, te desgarraste en hijos,
y, lo mismo que un sueño que se multiplicara,
la carne dolorosa se te llenó de niños;
mujercita de invierno, nublada de suspiros,
la tristeza del sexo te muerde la palabra.

Todo el siglo te envuelve como una echarpe de oro;
y, desde la verdad lluviosa de mi enigma,
entonada la tonada de los últimos novios;
tu arrobamiento errante canta en los matrimonios,
cual una alondra de humo, con las alas ardidas.

Enterrada en los cubos sellados de la angustia,
como Dios en la negra botella de los cielos,
nieta de hombres, nacida en pueblos de locura,
a tu gran flor herida la acuestas en mi angustia,
debajo de mis sienes aradas de silencio.

Asocio tu figura a las hembras hebreas,
y te veo, mordida de aceites y ciudades,
escribir la amargura de las tierras morenas
en la táctica azul de la gran danza horrenda
con la cuchilla rosa del pie inabordable.

Niña de las historias melancólicas, niña,
niña de las novelas, niña de las tonadas,
tienes un gesto inmóvil de estampa de provincia
en el agua de asombro de la cara perdida
y en los serios cabellos goteados de dramas.

Estás sobre mi vida de piedra y hierro ardiente,
como la eternidad encima de los muertos,
recuerdo que viniste y has existido siempre,
mujer, mi mujer mía, conjunto de mujeres,
toda la especie humana se lamenta en tus huesos.

Llenas la tierra entera, como un viento rodante,
y tus cabellos huelen a tonada oceánica;
naranjo de los pueblos terrosos y joviales,
tienes la soledad llena de soledades,
y tu corazón tiene la forma de una lágrima.

Semejante a un rebaño de nubes, arrastrando
la cola inmensa y turbia de lo desconocido,
tu alma enorme rebasa tus hechos y tus cantos,
y es lo mismo que un viento terrible y milenario
encadenado a una matita de suspiros.

Te pareces a esas cántaras populares,
tan graciosas y tan modestas de costumbres;
tu democracia inmóvil huele a yuyos rurales,
muchacha del país, florida de velámenes,
y la greda morena, triste de aves azules.

Derivas de mineros y de conquistadores,
ancha y violenta gente llevó tu sangre extraña,
y tu abuelo, Domingo Sanderson, fue un HOMBRE;
yo los miro y los veo cruzando el horizonte
con tu actitud futura encima de la espalda.

Eres la permanencia de las cosas profundas
y la amada geográfica llenando el Occidente;
tus labios y tus pechos son un panal de angustia,
y tu vientre maduro es un racimo de uvas
colgado del parrón colosal de la muerte.

Ay, amiga, mi amiga, tan amiga mi amiga,
cariñosa, lo mismo que el pan del hombre pobre;
naciste tú llorando y sollozó la vida;
yo te comparo a una cadena de fatigas
hecha para amarrar estrellas en desorden.

CASCATA DI CHIOMA

Scrivete il mio nome nel libro della notte
Dove annuncio la venuta d’un oceano più nero
Alla caduta degli uccelli che hanno perso le loro ali
Sopra le foglie in cui sanguina il sole
È necessario saper sorridere a qualsiasi prezzo
Essere il passante d’un bosco d’alberi neri e bianchi.
Le araucarie possono servirci da ponti levatoi
O tutto sarebbe perduto
Sull’orlo d’uno specchio senza fondo
Dove un gran uccello di neve imita le cascate
Ditemi
Dove c’è una regina che divori il cuore del prigioniero
Ditemi
Quanti angeli possono nuotare in una goccia d’acqua.

CASCADA DE COPA

Escribid mi nombre en el libro de la noche
Donde yo anuncio la venida de un océano más negro
A la caída de los pájaros que han perdido sus alas
Sobre los follajes en que sangra el sol
Es preciso saber sonreír a cualquier precio
Ser el paseante de un bosque de árboles negros y blancos.
Las araucarias puede servirnos de puentes levadizos
O de lo contrario todo estaría perdido
Al borde de un espejo sin fondo
Donde un gran pájaro de nieve imita las cascadas
Decidme
Dónde hay una reina que devore el corazón del prisionero
Decidme
Cuántos ángeles pueden nadar en una gota de agua.

NOTTURNO MOLTO OSCURO

La notte immensa non risuona, si staglia
come un bramito colossale, rimbomba
con un tremendo strepito di battaglia
che sale da dentro una tomba.

È un pezzo di spavento che si taglia
o una convinzione che strapiomba,
una fanciulla che violò una canaglia,
una cavalcata in una catacomba.

Tace con linguaggio di vulcani,
come se uno squadrone di capitani
galoppasse su cavalli di basalto.

Perché il silenzio è tanto infinito
tanto pauroso e grande come un grido
che cade sgozzato dall’alto.

NOCTURNO MUY OBSCURO

La noche inmensa no resuena, estalla
como un bramido colosal, retumba
con un tremendo estruendo de batalla
que saliera de adentro de una tumba.

Fué un pedazo de espanto que restalla
o una convicción que se derrumba,
una doncella a quien violó un canalla
y una montura en una catacumba.

Calla con un lenguaje de volcanes,
como si un escuadrón de capitanes
galopara en caballos de basalto.

Porque el silencio es tan infinito
tan espantoso y grande como un grito
que cae degollado desde lo alto.


Una risposta a "Pablo de Rokha tradotto da Emilio Capaccio"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...