Poetry, film 2010 (di Flavio Almerighi)

poetry

Quando si riesce a scrivere la prima poesia, bella, brutta, poco importa, è sentire un figlio che esce dalle viscere. Ci si stende a terra con le braccia aperte, nella sensazione che il mondo ci appartenga. Poco importa se fino a un attimo prima la vita è stata uno scantinato e basta. Mai pretendere nulla dalla poesia, perché da quel momento non si lascerà più trovare. La poesia è creazione, atto, strada da percorrere. Tenete la poesia sempre con voi, appuntata sul cuore. Poi arriveranno forse la seconda, la terza… Ho trovato questo film una poesia vera e ve ne propongo la visione.

Poetry è un film del 2010 scritto e diretto da Lee Chang-Dong.

Yang Mi-ja è una anziana signora che lavora come badante e che vive con il nipote affidatole dalla figlia trasferitasi per motivi di lavoro. Un giorno Mi-ja viene contattata dal padre di un amico del nipote che le rivela che il proprio figlio e i suoi cinque amici, tra cui il nipote della donna, hanno violentato per mesi una compagna di scuola portandola al suicidio. Il padre dell’amico le riferisce anche che gli altri cinque genitori hanno intenzione di corrompere la madre della ragazza affinché non faccia parola con la polizia delle violenze subite dalla figlia e chiedono che anche Mi-ja versi la sua parte, che però l’anziana badante non possiede.
Contemporaneamente Mi-ja ha delle amnesie periodiche che si rivelano essere un principio di alzheimer; tuttavia questo non le impedisce di seguire corsi di composizione poetica e frequentare locali di lettura di poesie, nel vano tentativo di comporre un’opera propria che non riesce a causa della mancanza di ispirazione. Durante queste letture conosce un poliziotto, apparentemente molto volgare e superficiale, ma in realtà con un profondo senso del dovere, a cui confessa il reato del nipote che pertanto viene arrestato con i suoi cinque amici. Dopo l’arresto, e grazie al pensiero rivolto alla ragazza che si è suicidata per colpa del nipote, Mi-ja riesce finalmente a comporre la tanto agognata poesia.


8 risposte a "Poetry, film 2010 (di Flavio Almerighi)"

  1. Splendido film, la poesia scaturisce alla fine del film quando la donna è riuscita a recuperare, nonostante l’estrema fragilità, il filo della sua esistenza, in un mondo abulico (come il nipote) o indifferente (come il gruppo di genitori) o debole, sembra quasi sia il mondo ad avere l’alzheimer.
    La poesia finalmente arrivata sembra esprimere il fatto che il fare è più poetico del dire.

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  2. Trovato su youtube! Splendido, sì, e d’accordo anche con il tuo commento, Giancarlo. Cinema di poesia, una lezione sulla poesia, come e perché nasce e a cosa serve. Un personaggio del film dice che un giorno non si scriveranno più poesie. Triste immaginare un mondo senza poesia. Pensavo invece, guardando il film, quanto potrebbe essere d’aiuto a tanta umanità seguire corsi di poesia come quello di Mi-ja, che le cambia la vita e le dà un senso. Mi-ja diventa la ragazza che si è suicidata (la poesia come processo empatico che ci permette di conoscere l’altro) e ritorna, allo stesso tempo, lei ragazza, ricucendo frammenti del proprio vissuto. Grazie Flavio!

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  3. me lo ricordo come un bel film, però dovrò rivederlo anche perché forse non ho colto alcuni aspetti (tipo che la protagonista sia proprio la “Poesia” in senso letterale, come da titolo). il film mi è parso più filosofico che poetico, nel senso che, con coraggio, affronta e sviscera non tanto “l’atto poetico in sé”, ma la complessità conflittuale dell’agire e del sentire umano (violenza e empatia, arte e tormento, bellezza e vuoto, infanzia e alienazione etc). tra le due *poesie* esiste uno scarto che il Poeta potrebbe non cogliere: Chang-dong Lee ci mostra soprattutto la poesia dell’essere “umani” (*tutti* fragili, confusi, orrendi/teneri, smarriti/ritrovati) , mentre il Poeta vede più che altro la poesia della Poesia (il *Suo* mondo trasfigurato a parole).
    in senso allegorico, dunque – Socrate docet – il film sembra voler affermare che è l’essere umano ad essere poetico, ovvero il suo agire, e che pertanto l’essere umano deve ritrovare *se stesso*, più che uno stratagemma poetico.
    il fatto poi che Chang-dong Lee inserisca come fulcro della trama la ragazza violentata e “suicidata” dal nipote non è certo frutto del caso e direi che punta a sottolineare quanto sia istintivo il giudizio morale, una tentazione fortissima cui a volte non è facile sottrarsi. infatti, guarda caso, una bassa considerazione del genere umano è la regola, specie tra gli artisti e gli intellettuali, ma questo proprio perché l’errore è a monte ovvero nell’astratta definizione mainstream di “poesia” e di “bellezza” che, come un retrovirus disneyiano, infetta il nostro cervello fin dalla tenera età.
    la cosa del film che mi è piaciuta di meno è il lieve Alzheimer della protagonista, come sempre troppo “cinematografico”, anche se a differenza di altre pellicole (dove non si possono accampare attenuanti generiche), qui il regista può salvarsi in corner – visto i piani di lettura del film – parlando di Alzheimer “allegorico” (dice bene Giancarlo quando nota “sembra quasi sia il mondo ad avere l’Alzheimer”, infatti, visto che il mondo siamo “noi”, potremmo chiosare che sembra quasi che “l’essere umano stia perdendo la memoria del suo essere umano”).

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