Olga Arias tradotta da Emilio Capaccio

Di mia proprietà è solo l’obbedienza

Sono il flauto in cui soffia qualcuno

O. A.

Olga Arias, o più esattamente Olga Esther Arias Elenes, (Toluca, 25 ottobre 1923 – Durango, 9 aprile 1994) è stata una poetessa, saggista e scrittrice messicana.

All’età di quindici anni pubblica la sua prima raccolta poetica dal titolo: Versos de un Aprendiz.

Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti in ambito letterario in quasi tutta l’America Latina, tra cui la medaglia “Francisco Villa” (1960), conferita dal congresso dello stato di Durango, la medaglia “Francisco Zarco” (1979) e la medaglia “Salvador Nava Rodríguez” (1984).

Per oltre dodici anni, è stata direttrice del Dipartimento della “Extensión Universitaria de la Universidad Juárez” di Durango, e assessore alla cultura del governo dello stato.

In suo onore, lo stato di Durango ha istituito un importante premio di poesia.

Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, francese e tedesco, e si contraddistingue per una vibrazione del verso, da assurgere a una dimensione cosmica dell’essere, e per una profondità dei sentimenti e delle aspirazioni che emerge in modo evidente dall’estensione della parola declamata, oltre i normali registri della poesia messicana del Novecento, fino a diventare ermetica, enigmatica, simbolo universale.

Tra le opere più importanti, ricordiamo, le novelle: La Que Todos Amaron (1947) e La Mansion (1976); le raccolte poetiche: Canción Laudatoria (1958); Libro de Espero (1961); Espejos y Espejismos (1977); Conciertos de Pájaros (1985); Lluvia de Pétalos (1993).

Introduzione e traduzione di Emilio Capaccio

RUGIADA

L’architettura della rugiada ha la dolcezza e il senso
tenero di uno sguardo
che discende agli occhi più amati.
Il piumaggio dei venti mattutini
trasla le sue brevi gemme
alla porcellana vegetale delle rose e dei tulipani.
Non diamanti, ma astri polverizzati
è l’apparenza delle loro minute
uve d’umidità e di luce.
Il mio cuore quando è triste
osserva in questo polline dello specchio l’immagine
della sua defogliazione
e dalle mani dei petali le mie parole bevono
tutto il pianto del far del giorno.

da Los Preludios (1965)

ROCÍO

La arquitectura del rocío tiene la dulzura y el sentido
tierno de una mirada
descendiendo hacia los ojos más amados.
El plumaje de los vientos matinales
traslada sus breves gemas
a la porcelana vegetal de las rosas y los tulipanes.
No diamantes, sino luceros pulverizados
es la apariencia de sus diminutas
uvas de humedad y luz.
Mi corazón cuando está triste
mira en este polen del espejo la imagen
de su defoliación
y mis palabras beben de las manos de los pétalos
todo el llanto del amanecer.

BRUMA

Proprio come quei fiori di nebbia

che s’alzano dal mare

e si dissolvono in volute infinite,

salgono dal profondo del mio essere

pensieri che non arrivano a formarsi,

sono quelle idee senza volto,

che non ho mai pronunciato

e che, tuttavia, vogliono essere voce.

I loro corpi nebulari mi ricordano tanti

sogni amorfi del mio cuore.

Le mie labbra vasaie un giorno le daranno forma,

ma come poter anche solo immaginare

se son lucero o spada?

Ditemi, edere brumose,

che cosa c’è nel vostro silenzio?

E risponde l’infinito con nessuna parola.

da Los Preludios (1965)

BRUMA

Igualmente que esas flores de niebla
levantándose del mar
y dispersándose en volutas infinitas,
suben de la profundidad de mi ser
pensamientos que no acaban de formarse,
son esas ideas sin rostro,
que no he pronunciado nunca
y que, sin embargo, quieren ser voz.
Sus cuerpos de nebulosa me recuerdan tantos
sueños amorfos de mi corazón.
Mis labios alfareros algún día les darán forma,
pero, ¿cómo imaginar siquiera
si son lucero o espada?
Decidme, hiedras de bruma,
¿qué hay en vuestro silencio?
Y responde el infinito con ninguna palabra.

DISEGNO IN UN GRANELLO DI SABBIA

Sono nel palmo del silenzio.
L’eternità,
una scala tesa e crescente,
che cerca la luce di qualche occhio
e si consuma
nella voragine del mio sangue,
con tutte le radici traslucide.
Mi sono assentato
dalla bolla dell’argironeta,
dall’ossigeno floreale
da un istante e dalla sua riproduzione.
Soffro l’equivoco degli orologi
e mi salvo
grazie al filo tra due fuochi.
E così,
il pensiero
libera le sue allodole,
ottiene l’ubiquità dell’immagine
a livello dell’assurdo,
per quotidiano,
e in ossequio alla sua coreografia,
è il mio cuore stesso
la musica nella conocchia
per tessere con dita di Arianna.

Da Percances (1983)

DIBUJO EN UN GRANO DE ARENA

Estoy en la palma del silencio.
La eternidad,
es una escalera tendida y creciente,
que busca la luz de unos ojos
y se consume
en la vorágine de mi sangre,
con todas las raíces translúcidas.
Me he ausentado
de la burbuja de la argironeta,
del oxígeno floral
de un instante y su reproducción.
Sufro el equívoco de los relojes
y me salvo
gracias al filo entre dos lumbres.
Y así,
el pensamiento
libera sus alondras,
obtiene la ubicuidad de la imagen
a nivel de lo absurdo,
por cotidiano,
y en obsequio de su coreografía,
es mi propio corazón
la música en la rueca
para tejer con los dedos de Ariadna.

SENZA MOTIVO

Ritorno dall’abisso
e presumo la stella,
tutto l’universo è una colomba
della mia cetra sognante
e se per caso
le mie pupille sono fiori inventati,
è perché l’arcobaleno appartiene alla luce
e di tutte le porti
s’è perduta la chiave del cuore,
come il profumo
nell’aria d’una sillaba.
Avrà cantato qualche volta l’allodola?
È di sonno la mia parola.

Da Concierto de Pájaros (1985)

SIN RAZÓN

Regreso del abismo
y asumo a la estrella,
todo universo es una paloma
de mi cítara soñante
y si acaso
mis pupilas son flores inventadas,
es porque el arcoiris pertenece a la luz
y de toda puerta
se ha perdido la llave del corazón,
como el perfume
en el aire de una sílaba.
¿Habrá cantado la alondra alguna vez?
Es de sueño mi palabra.

STAMPA DOLOROSA

Navigando nel vento
con ali di tristezza,
soffro la nostalgia del fiore che non ho avuto,
d’altre luci
che ho affogato in fondo a una brocca,
e trovo,
alla fine,
la mia immagine polverizzata
nella sabbia di un orologio.

Nord e sud,
sono mani che mi dispensano,
ombre e burle,
punte di spillo
tra il sole e le mie pupille.

Da Espejos y Espejismos (1977)

ESTAMPA DOLOROSA

Navegando por el viento
con las alas de la tristeza,
sufro nostalgia de la flor que no tuve,
de otras luces
que ahogué en el fondo de un cántaro,
y encuentro,
por fin,
mi imagen pulverizada
en la arena de un reloj.

Norte y sur,
son manos que me despiden,
sombras y burlas,
picos de alfiler
entre el sol y mis pupilas.

INESORABILMENTE

Torno al buio e al silenzio,

al tunnel che hanno lasciato nel cosmo

i tarli dei tristi.

Alla mia casa

di pallide violette all’ombra,

dove al gufo,

crescono, a margine

occhi di topazio

e la maschera imputridisce

di ricordi,

come il legno,

antichissimo,

di cariatidi spettrali.

Torno alle mie mani esangui,

alle mie voci da monologo.

Le mie pupille,

si faranno pletoriche

con la sabbia delle ore solitarie,

e il mio cuore,

disseminandosi inutilmente,

senza angelo e senza trifoglio,

sarà la litania

che non si sente,

perché nessuno è in ascolto.

Da Espejos y Espejismos (1977)

INEXORABLEMENTE

Vuelvo a la penumbra y al silencio,

al túnel que dejaron en el cosmos

las polillas de los tristes.

A mi casa

de pálidas violetas a la sombra,

donde el búho,

le crecen, al confín

los ojos de topacio

y se pudre la máscara

de los recuerdos,

al igual que la madera,

antiquísima,

de cariátides espectrales.

Torno a mis manos exangües,

a mis voces monólogas.

Mis pupilas,

quedarán pletóricas

con la arena de las horas solitarias,

y mi corazón,

derramándose inútilmente,

sin ángel y sin trébol,

será la letanía

que no se oye,

porque nadie escucha.


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