Una bellezza lontana di Sara Comuzzo (Pasquale Gnasso Editore, 2018)
Sinossi
Una Bellezza Lontana è la storia di una relazione che si sfalda e cade giù, come neve finta nelle palle di vetro. È la biografia di una coppia, il suo necrologio; morte naturale, incendio doloso, uccisione volontaria, pura causa degli eventi. Due voci, quella maschile e quella femminile si alternano, in un incontro/scontro di ciò che si è perso e quello che rimane oltre l’ultimo grammo di solitudine e risentimento. Divisa in tre parti, la raccolta è il risultato di bugie a fin di bene, parole pensate ma mai espresse, castelli di sabbia su spiagge baciate da oceani violenti, tutto vola via, o forse solo si sposta.
E noi [C’era una volta], la prima parte, è il ritratto maldestro delle piccole cose quotidiane, il loro destino inevitabile, è l’insieme dei momenti in cui le cose vanno ancora bene, la diga inizia già a cedere ma nessuno lo sa ancora.
Il nulla ed il chiasso che segue, seconda parte, chiama in causa i fiori e le loro spine, è l’inizio della fine, una danza rumorosa nell’assoluto silenzio dell’addio. La relazione vacilla, dualità e complicità si spaccano tornando individui unici, non più un Noi ma un Tu ed Io, separati.
Ora che anche le formiche, è la fine senza titoli di coda, la fuga dai ricordi dell’amore, da ciò che resta. Scappare da tutto quello che è stato, dal ricordo dopo il buio, dalla fragilità di promesse lanciate ma mai mantenute. Pure le briciole sono finite, non rimane niente, eppure è tutto qui.
*
[…]
La raccolta di Sara Comuzzo rivela uno stile libero, a volte aggressivo, in un dispiegarsi continuo, come un torrente inarrestabile di emozioni, che fremono nelle più svariate situazioni esistenziali. Sono questi i «Vicoli ciechi», o le «Conchiglie». Vi sono parole messe là, incastonate in un mosaico surreale. Così lo stile di Sara si dimena tra radici ermetiche ed effusioni impressionistiche. La poetica oggi si avvale di espressioni frammentarie. I frammenti, però, non sono disgiunti e separati, ma si ricollegano idealmente al Logos, al Discorso. Discorso indica appunto il flusso interminabile del Logos: ciò che scorre sempre, come l’etere… […] Vincenzo Capodiferro su Insubria Critica
Dalla sezione E noi:
Correre a perdifiato #1
Correre a perdifiato
poi fermarsi
perché si è arrivati dove si voleva
ma non è esattamente
come ci si aspettava.
Vorrei dirti che ci sono un sacco di stelle
da contare, raccogliere, sfiorare
ma il cielo è vuoto stanotte
e sarebbe una bugia.
Mille arpioni
squarciano delfini.
E noi, seduti sull’alba
ad aspettare la luna.
Ninna Nanna
Abbiamo trascorso tutte le notti
a sognare qualcosa di migliore.
Piuttosto che voltare pagina
si cambiava libro.
Sono sempre le stagioni a volerci accarezzare
e trovarci disfatti
come letti mai cambiati.
Esausti, siamo crollati
dove abitano i digiuni dell’estate.
C’è un momento preciso:
quando il vento smette di essere ossigeno
e spinge soltanto.
Ho un ricordo: vero o falso?
Quel restare svegli ad ascoltare gli spari.
Ti ho mai salutato con la mano?
Le domeniche spese
ad aspettare i lunedì.
Tutto il mio dire è una danza senza musica.
Conto sulle dita le tue ultime parole:
L’autunno è solo una scusa
delle foglie
per volare.
Ed io non so
se
è magia o forse solo una bugia
raccontata a un bambino
per farlo addormentare.
***
Dalla sezione Il nulla ed il chiasso che segue:
Promesse
Guardami un’altra volta
come se non restassimo che noi al mondo.
La notte diventa inverno.
Interrogarci sulla verità:
se i tassisti debbano essere pagati
a tempo o a distanza.
Respirarci accanto
è tagliare
il tempo insieme.
Parlami ancora
di come
si rimane appesi a certe promesse
e poi si finisce impiccati
quando tutti se ne sono andati
e nessuno è rimasto
per mantenerle.
***
Dalla sezione Ora che anche le formiche:
Le parole che ti ho lasciato
Guardare i cigni affondare.
Tu che perdi la presa su qualcosa
che non hai mai tenuto in mano.
E ciò che non è stato
ci fa ancora la bocca amara e gli occhi lucidi.
La differenza tra tornare indietro e tornare a casa.
Vedi, anche le coccinelle, a volte, hanno sfortuna.
Anche le mantidi si innamorano.
Le parole che ti ho lasciato
sono altalene
che rimangono a mezz’aria
e poi, fermate nel tragitto,
non sanno chiedere perdono alla forza di gravità.
Sara Comuzzo (Udine, 1988) ha vissuto in Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Irlanda e Inghilterra. Ha vinto il Premio Valerio Gentile con la raccolta di racconti Dove Nessuno Può Cadere (Schena Editore, 2014). Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: Mentre Loro Parlano di Non So Cosa (Thauma Edizioni, 2012), Siamo Sopravvissuti a Questo Inverno (Thauma Edizioni, 2014), Invecchiano Anche le Rose (Il Rio Edizioni, 2014) e Una Bellezza Lontana (Gnasso Ediotore, 2018). Ha appena finito un master in letteratura moderna e studi di genere alla Sussex University, con una tesi sul teatro di Sarah Kane. Vive e lavora in Inghilterra.