Octavio Paz tradotto da Emilio Capaccio

Octavio Paz

 

Parla ascolta rispondimi
ciò che dice il tuono
lo comprende il bosco.
                      O.P.

 

Octavio Paz (Città del Messico, 31 marzo 1914 – Città del Messico, 20 aprile 1998), è considerato uno dei più grandi poeti e saggisti della seconda metà del XX secolo.
Già nel 1931, all’età di diciassette anni, comincia a pubblicare i suoi primi componimenti sul periodico “Barandal”. Qualche anno più tardi dirigerà le riviste “Taller”, “Tierra Nueva”, “Hijo pródigo”.
Nel 1933, pubblica la sua prima silloge dal titolo: La Luna Silvestre.
Trascorre molti anni della sua vita tra Spagna e Francia. In Spagna prende parte al II Congresso internazionale degli scrittori antifascisti di Valencia, entra in contatto con molti intellettuali che sostengono la causa repubblicana contro il regime franchista, tra i quali: Rafael Alberti, Federico García Lorca, Vicente Huidobro, Nicolás Guillén, Antonio Machado, César Vallejo e Pablo Neruda, il quale influenzerà enormemente la sua poetica. Qui, nel 1936 pubblica la raccolta di poesie dedicata alla guerra civile spagnola: Non Passeranno!
In Francia, si avvicina al socialismo e alla corrente del surrealismo, estraniandosi al contempo dalle dottrine marxiste e frequenta intellettuali come André Breton e Benjamin Péret.
Negli anni 50’ pubblica parte della sua produzione più rilevante: Il Labirinto della Solitudine (1950, Aquila o Sole? (1951), opera in prosa dalle chiare influenze surrealiste, e L’Arco e la Lira (1956).
Nel 1981 è insignito del premio Miguel de Cervantes, il massimo riconoscimento di un autore in lingua spagnola, e nel 1990 il riconoscimento del premio Nobel per la letteratura che ha coronato una carriera di poeta e saggista, straordinaria.

Articolo e traduzione di Emilio Capaccio

 

SILENZIO

Così come dal fondo della musica
germoglia una nota
che mentre vibra cresce e s’assottiglia
fino a che in un’altra musica ammutisce,
germoglia dal fondo del silenzio
un altro silenzio, acuta torre, spada,
e sale e cresce e ci sospende
e mentre sale cadono
ricordi, speranze,
le piccole menzogne e le grandi,
e vorremmo gridare e nella gola
si disperde il grido:
confluiamo nel silenzio
dove i silenzi si ammutiscono.

 

SILENCIO

Así como del fondo de la música
brota una nota
que mientras vibra crece y se adelgaza
hasta que en otra música enmudece,
brota del fondo del silencio
otro silencio, aguda torre, espada,
y sube y crece y nos suspende
y mientras sube caen
recuerdos, esperanzas,
las pequeñas mentiras y las grandes,
y queremos gritar y en la garganta
se desvanece el grito:
desembocamos al silencio
en donde los silencios enmudecen.

 

*

 

LAMPO A RIPOSO

Distesa,
pietra fatta di mezzogiorno,
occhi socchiusi dove il bianco
volge all’azzurro,
sorriso diffuso.
Ti sollevi a metà e scuoti
la tua chioma di leone.
Poi ti stendi,
esile stria di lava nella roccia,
raggio assopito.
Mentre dormi ti accarezzo e ti levigo,
snella ascia,
freccia con cui incendio la notte.

Il mare combatte là lontano
con piume e spade.

RELÁMPAGO EN REPOSO

Tendida,
piedra hecha de mediodía,
ojos entrecerrados donde el blanco
azulea,
entornada sonrisa.
Te incorporas a medias y sacudes
tu melena de león.
Luego te tiendes,
delgada estría de lava en la roca,
rayo dormido.
Mientras duermes te acaricio y te pulo,
hacha esbelta,
flecha con que incendio la noche.

El mar combate allá lejos
con espadas y plumas.

 

*

IMMOBILE NELLA LUCE MA DANZANTE

Immobile nella luce, ma danzante,
il tuo movimento alla quiete che crea
s’allea in cima alla vertigine
arrestando, non il volo, ma l’istante.
Luce che non si sparge, già diamante,
fissa nella rotazione di mezzogiorno,
sole che non si consuma né si raffredda
da fiamma e cenere equidistante.
Il tuo salto è un secondo congelato
che non affretta il tempo né lo uccide:
preso nel suo movimento raccolto
il tuo corpo da sé stesso si slega
e cade e semina la tua bianchezza
e torni a essere acqua e terra oscura.

Dal verdeggiato giubilo del cielo
recuperi luci che la luna disperde
perché la luce da sé stessa ricorda
autunni e lampi nei tuoi capelli.
Il vento beve vento nel suo svolazzo,
muove le foglie e la sua verde pioggia
bagna le tue scapole, morde le tue spalle
e ti spoglia e brucia e torna gelo.
Due barche con vele spiegate
i tuoi seni. La tua schiena un ruscello.
Il tuo ventre un giardino pietrificato.
È autunno sulla tua nuca: sole e nebbia.
Sotto il verde cielo adolescente
il tuo corpo dà la sua somma in amore.

INMÓVIL EN LA LUZ PERO DANZANTE

Inmóvil en la luz, pero danzante,
tu movimiento a la quietud que cría
en la cima del vértigo se alía
deteniendo, no al vuelo, sí al instante.
Luz que no se derrama, ya diamante,
fija en la rotación del mediodía,
sol que no se consume ni se enfría
de cenizas y llama equidistante.
Tu salto es un segundo congelado
que ni apresura el tiempo ni lo mata:
preso en su movimiento ensimismado
tu cuerpo de sí mismo se desata
y cae y se dispersa tu blancura
y vuelves a ser agua y tierra obscura.

Del verdecido júbilo del cielo
luces recobras que la luna pierde
porque la luz de sí misma recuerde
relámpagos y otoños en tu pelo.
El viento bebe viento en su revuelo,
mueve las hojas y su lluvia verde
moja tus hombros, tus espaldas muerde
y te deshuda y quema y vuelve yelo.
Dos barcos de velamen desplegado
tus dos pechos. Tu espalda es un torrente.
Tu vientre es un jardín petrificado.
Es otoño en tu nuca: sol y bruma.
Bajo del verde cielo adolescente.
tu cuerpo da su enamorada suma.

*

GIARDINO

Nubi alla deriva, continenti
sonnambuli, paesi senza substantia
né peso, geografie disegnate
dal sole e cancellate dal vento.

Quattro muri di mattone crudo. Buganvillee:
nelle loro fiamme pacifiche i miei occhi
si bagnano. Passa il vento tra lodi
di foglie ed erbe in ginocchio.

L’eliotropio dalle orme violacee
incrocia avvolto nel suo aroma. C’è un profeta:
il frassino — e un meditabondo: il pino.
Il giardino è piccolo, il cielo immenso.

Vigore sopravvissuto nelle mie rovine:
nei miei occhi ti guardi e ti tocchi,
ti conosci in me e in me ti pensi,
in me duri e in me svanisci.

JARDÍN

Nubes a la deriva, continentes
sonámbulos, países sin substancia
ni peso, geografías dibujadas
por el sol y borradas por el viento.

Cuatro muros de adobe. Buganvillas:
en sus llamas pacíficas mis ojos
se bañan. Pasa el viento entre alabanzas
de follajes y yerbas de rodillas.

El heliotropo con morados pasos
cruza envuelto en su aroma. Hay un profeta:
el fresno — y un meditabundo: el pino.
El jardín es pequeño, el cielo inmenso.

Verdor sobreviviente en mis escombros:
en mis ojos te miras y te tocas,
te conoces en mí y en mí te piensas,
en mí duras y en mí te desvaneces.

*

PRIMAVERA IN VISTA

Pulita chiarezza di pietra diafana,
fronte liscia di statua senza memoria:
cielo d’inverno, spazio riflesso
in un altro più vuoto e più profondo.

Il mare respira appena, brilla appena.
S’è fermata la luce fra gli alberi,
esercito addormentato. Il vento
li sveglia con bandiere di foglie.

Nasce dal mare, assalta la collina,
ondosità senza corpo che si schianta
contro gli eucalipti gialli
e si sparge in eco per la pianura.

Il giorno apre gli occhi e penetra
in una primavera anticipata.
Ciò che le mie mani toccano, vola.
Il mondo è pieno di uccelli.

PRIMAVERA A LA VISTA

Pulida claridad de piedra diáfana,
lisa frente de estatua sin memoria:
cielo de invierno, espacio reflejado
en otro más profundo y más vacío.

El mar respira apenas, brilla apenas.
Se ha parado la luz entre los árboles,
ejército dormido. Los despierta
el viento con banderas de follajes.

Nace del mar, asalta la colina,
oleaje sin cuerpo que revienta
contra los eucaliptos amarillos
y se derrama en ecos por el llano.

El día abre los ojos y penetra
en una primavera anticipada.
Todo lo que mis manos tocan, vuela.
Está lleno de pájaros el mundo.

*

MARE DELLA SERA

Alti muri d’acqua, torri alte,
acque d’improvviso nere incontro al niente,
impenetrabili, verdi, grige acque,
acque d’improvviso bianche, abbagliate.

Acque come il principio delle acque,
come il principio stesso prima dell’acqua,
le acque inondate dall’acqua,
che annichiliscono ciò che finge l’acqua.

La risonante tigre delle acque,
le unghie risonanti di cento tigri,
le cento mani dell’acqua, le cento tigri
con una sola mano incontro al niente.

Nudo mare, assetato mare di mari,
profondo di stelle se grosso di schiume,
profugo bianco di prigione marina
che esplode ai limiti stellari,

che memorie, che rocce, gelo, isole,
informe confusione di acque e niente,
che mari, accesi prigionieri,
dentro di te, in fondo al tuo petto, cantano?

Che violenze recondite, che labbra,
commuovono la tua pelle di verdi fiamme?
che desolate acque, coste sole,
che mari invisibili, mare, allei?

dove cominci, mare, dove ti getti?
dove cominci, tempo, vita mia,
esercito di fumo e di menzogna,
dove vai, battito, carne, sonno?

Dove ti getti, avidità di niente?
Non sono la pietra che precipita,
sono la sua caduta, di più, sono l’abisso,
il circolo d’ombra in cui sprofonda.

Tempo che congela, mare e timpano,
vampiro della luna o vi si abbandona:
madre furiosa, immenso vitello squarciato,
mare che ti mangi vive le viscere.


MAR POR LA TARDE

Altos muros del agua, torres altas,
aguas de pronto negras contra nada,
impenetrables, verdes, grises aguas,
aguas de pronto blancas, deslumbradas.

Aguas como el principio de las aguas,
como el principio mismo antes del agua,
las aguas inundadas por el agua,
aniquilando lo que finge el agua.

El resonante tigre de las aguas,
las uñas resonantes de cien tigres,
las cien manos del agua, los cien tigres
con una sola mano contra nada.

Desnudo mar, sediento mar de mares,
hondo de estrellas si de espumas alto,
prófugo blanco de prisión marina
que en estelares límites revienta,

¿qué memorias, qué rocas, yelos, islas,
informe confusión de aguas y nada,
qué mares, encendidos prisioneros,
dentro de ti, bajo tu pecho, cantan?

¿Qué violencias recónditas, qué labios,
conmueven a tu piel de verdes llamas?
¿qué desoladas aguas, costas solas,
qué mares invisibles, mar, alías?

¿dónde principias, mar, dónde te viertes?
¿dónde principias, tiempo, vida mía,
ejército de humo y de mentira,
adónde vas, latido, carne, sueño?

¿Dónde te viertes, avidez de nada?
No soy la piedra que se precipita,
soy su caída, y más, soy el abismo,
el círculo de sombra en que se ahonda.

Tiempo que se congela, mar y témpano,
vampiro de la luna o se despeña:
madre furiosa, inmensa res hendida,
mar que te comes vivas las entrañas.

*

AUTUNNO

In fiamme, in autunni incendiati,
arde a volte il mio cuore,
puro e solo. Il vento lo risveglia,
tocca il suo centro e lo sospende
in luce che sorride per niente:
quanta bellezza disciolta!

Cerco qualche mano, una presenza,
un corpo, quello che rompe i muri
e fa nascere le forme ubriache,
una sfregatura, un suono, un giro, un’ala appena;
cerco dentro di me,
ossa, violini intoccati,
vertebre delicate e ombrose,
labbra che suonano labbra,
mani che sognano uccelli …

E qualcosa che non si comprende e dice: «mai»,
cade dal cielo,
da te, il mio Dio e il mio avversario.


OTOÑO

En llamas, en otoños incendiados,
arde a veces mi corazón,
puro y solo. El viento lo despierta,
toca su centro y lo suspende
en luz que sonríe para nadie:
¡cuánta belleza suelta!

Busco unas manos,
una presencia, un cuerpo,
lo que rompe los muros
y hace nacer las formas embriagadas,
un roce, un son, un giro, un ala apenas;
busco dentro mí,
huesos, violines intocados,
vértebras delicadas y sombrías,
labios que sueñan labios,
manos que sueñan pájaros …

Y algo que no se sabe y dice «nunca»
cae del cielo,
de ti, mi Dios y mi adversario.

*

SCRITTO CON INCHIOSTRO VERDE

L’inchiostro verde crea giardini, selve, prati,
foglie dove cantano lettere,
parole che sono alberi,
frasi che sono verdi costellazioni.

Lascia che le mie parole, o bianca, discendano e ti coprano
come una pioggia di foglie un campo di neve,
come l’edera la statua,
come l’inchiostro questa pagina.

Braccia, vita, collo, seni,
la fronte pura come il mare,
la nuca di bosco in autunno,
i denti che mordono un filo d’erba.

Il tuo corpo è costellato di segni verdi
come il corpo dell’albero di germogli.
Non t’affliggi di tante piccole cicatrici luminose:
fissa il cielo e il suo verde tatuaggio di stelle.


ESCRITO CON TINTA VERDE

La tinta verde crea jardines, selvas, prados,
follajes donde cantan las letras,
palabras que son árboles,
frases que son verdes constelaciones.

Deja que mis palabras, oh blanca, desciendan y te cubran
como una lluvia de hojas a un campo de nieve,
como la yedra a la estatua,
como la tinta a esta página.

Brazos, cintura, cuello, senos,
la frente pura como el mar,
la nuca de bosque en otoño,
los dientes que muerden una brizna de yerba.

Tu cuerpo se constela de signos verdes
como el cuerpo del árbol de renuevos.
No te importe tanta pequeña cicatriz luminosa:
mira al cielo y su verde tatuaje de estrellas.

*

SCRITTURA

Quando la penna scrive sulla carta,
a qualsiasi ora solitaria,
chi la guida?
A chi scrive quello che scrive per me,
sponda fatta di labbra e sogno,
quieta collina, golfo,
spalla per dimenticare il mondo per sempre?

Qualcuno scrive in me, muove la mia mano,
sceglie una parola, si ferma,
dubbio tra mare blu e monte verde.
Con un ardore gelato
contempla ciò che scrivo.
Tutto lo brucia, fuoco giustiziere.
Però questo giudice è anch’egli vittima
e condannandomi, si condanna:
non scrive a nessuno, in sé si dimentica,
si riscatta, e torna ad essere me stesso.


ESCRITURA

Cuando sobre el papel la pluma escribe,
a cualquier hora solitaria,
¿quién la guía?
¿A quién escribe el que escribe por mí,
orilla hecha de labios y de sueño,
quieta colina, golfo,
hombro para olvidar el mundo para siempre?

Alguien escribe en mí, mueve mi mano,
escoge una palabra, se detiene,
duda entre el mar azul y el monte verde.
Con un ardor helado
contempla lo que escribo.
Todo lo quema, fuego justiciero.
Pero este juez también es víctima
y al condenarme, se condena:
no escribe a nadie, en sí se olvida,
y se rescata, y vuelve a ser yo mismo.

*

IL FUOCO DI OGNI GIORNO
A Juan García Ponce

Come l’aria
fa e disfa
sulle pagine della geologia,
sulle tavole planetarie,
i suoi invisibili edifici:
l’uomo.
Il suo linguaggio è un chicco appena,
ma bruciante,
nel palmo dello spazio.

Le sillabe sono incandescenze.
Sono anche piante:
le sue radici
frantumano il silenzio,
i suoi rami
sollevano dimore di suoni.
Sillabe:
si legano e si disgiungono,
giocano
alle somiglianze e alle dissomiglianze.

Sillabe:
maturano sulle fronte,
fioriscono sulle bocche.
Le loro radici
bevono la notte, si nutrono di luce.
Linguaggi:
alberi incandescenti
di foglie di pioggia.

Vegetazioni di lampi,
geometrie di echi:
sul foglio di carta
si fa la poesia
come il giorno
sul palmo dello spazio.


EL FUEGO DE CADA DÍA
A Juan García Ponce

Como el aire
hace y deshace
sobre las páginas de la geología,
sobre las mesas planetarias,
sus invisibles edificios:
el hombre.
Su lenguaje es un grano apenas,
pero quemante,
en la palma del espacio.

Sílabas son incandescencias.
También son plantas:
sus raíces
fracturan el silencio,
sus ramas
construyen casas de sonidos.
Sílabas:
se enlazan y se desenlazan,
juegan
a las semejanzas y las desemejanzas.

Sílabas:
maduran en las frentes,
florecen en las bocas.
Sus raíces
beben noche, comen luz.
Lenguajes:
árboles incandescentes
de follajes de lluvias.

Vegetaciones de relámpagos,
geometrías de ecos:
sobre la hoja de papel
el poema se hace
como el día
sobre la palma del espacio.


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