Augusto Benemeglio: Vinicio Capossela, un clown pieno di grazia

Vinicio_Capossela

Vinicio Capossela, nato  ad Hannover, in Germania, da genitori irpini, lo avevo  ascoltato  la prima volta   a Radio Tre  diversi anni fa e m’era parso un mix  tra Buscaglione, Paolo Conte, Carosone e Kurt  Weill,  ma c’era dentro anche Tom Waits e Vinicius de Moraes.  Vinicio si era proposto anche come scrittore con un libro – “Non si muore tutte le mattine (2004),  che è un ingorgo di parole, un guazzabuglio di allitterazioni, un repertorio di modi di dire, una sequela di punti esclamativi, di fantasie discorsive, di sconfitte, di viaggi a Istanbul  e pranzi da taverna, di gente che si fa un giro di ouzo al bar sirtaki, di partenze, ritorni, punti a capo, di puntini di sospensione, punti e basta; uno dallo stile eccessivo, barocco, che scrive le sue storie, storie strampalate, un continuo rovistare borbottando, da innamorato  della poesia, delle spezie profumate, dell’opera lirica: pagine da prendere sfuse, come raccomanda l’autore stesso; uno che vive  senza temere tutto quello che ci si perde,  prendendo una cosa sola;  uno che riconosce  le cose quando arrivano, che ha gli occhi sempre distratti …uno che “potevamo aiutarci un po ‘di più, caro amigo, a imparare a prendere, a non temere, ad afferrare! A  farla nostra la vita, a godercela del tutto una buona volta, senza bruciarci le dita con tutta questa impresa; un “caro palombaro della contrada , un chiavicone in servizio permanente  nei cuori e nelle orecchie”. Uno da gironi danteschi, spurghi e serenate. Un assediato sotto basse luci allo iodio, uno da  “schiere di ussari, ulani in miniatura, cappellerie a cavallo, costruttori, guastatori, farneticatori, rebetici, sollevatori di pesi, macchine morte, riparatori tv, uno da macerie di Sarajevo e ospitalità tangenziata, coi doppi vetri dei motel, l’amicizia virile, la fine della gioventù, lo Sprechen Deutsch, l’onore, l’orrore, la lealtà”, un vestito leggero a ciliegie rosse, Troilo, Tony Castellano, Jeff Buckley, Glenn Gould, Napoleone. Lui è proprio Uno che  non si muore tutte le mattine,  un’opera sull’ambizione, l’impresa, la resa e la grazia. La grazia, soprattutto. Qualcuno  l’aveva anticipato fin dai suoi esordi che questo  Vinicio Capossela, mezzo clown mesto e bizzarro e mezzo Pierrot lunare pieno di malinconia, sarebbe diventato il più grande cantautore italiano. Dopo  De Andrè, magari.  E Guccini. Perchè siamo in presenza di un artista vero, geniale , uno che si  scrive i testi e li  canta, dice e contraddice , ma ci dà una  lezione costante , sempre valida, quella di vivere la propria vita  senza compromessi, con autenticità, senza  timore e senza temere tutto ciò che possiamo perdere a causa di questa scelta, che è sempre la migliore. I suoi testi ironici cambiano ad ogni esecuzione , ogni parola, ogni rima, ogni frase ha un suo preciso significato, non sempre univoco, che si scopre a seconda dell’umore e della voglia di riempire le parole di emozioni. Ballerine, Marajà, Palombari, Buffoni, Pagliacci sono i personaggi di spicco di queste parole musicate.

Capossela ,  non senza un qualche scalpore,  era stato primo in classifica nella hit parade, con “Ovunque proteggi”, che fu eletto anche il miglior album del 2006 e vincitore del premio della critica.  Parliamo di un capolavoro geniale,  tutto un susseguirsi di filastrocche, sinfonie, sberleffi, marcette, evocazioni mitologiche e bibliche  (“ Sono innamorato dell’Ecclesiaste, libro di poesia e di forza incredibile, una vertigine di polvere”), un qualcosa di autenticamente nuovo e diverso, anche se antico.  Capossela è uno che fa viaggi nell’irrealtà fra scioglilingua orchestre ad archi, canzoni a manovella e bande paesane , che ti trascina con la fanfara degli ottoni macedoni ( nei suoi pezzi c’è perfino una Medusa che balla il cha cha cha ), uno che ti dice  che il paradiso è ormai perduto e che siamo tutti dalla parte di sotto, dove  c’è solo odore  di merda. Belli, brutti, ubriachi e sobri,  non ci rimane che andare al Colosseo come facevano gli antichi romani, quel tritacarne che è il mondo dello spettacolo, con i gladiatori Ben Hur, i beduini, Masala e la macellaria mediatica dove non importa chi è il vincitore o il vinto, sandali e polvere, uno che ha scritto “Canzoni a manovella”, un contenitore di  emozioni e nostalgie, storie del nonno davanti al camino, una manovella che riscopre ritmi e canzoni nate tra la gente e per la gente, quasi un’aria che proviene da un grammofono impolverato che bisogna far girare a mano; uno che ha scritto brani come Lettere di soldati, e tanti , tanti pezzi  musicali dedicati al circo, o rifacimenti del  pugile sentimentaleil volo di Volodja; uno che porta  “Camera a sud “ all’Opera di Parigi ,  che celebra John Fante a New York, con i “Sogni di Bunker Hill”“Marinai, profeti e balene” ( Miglior album 2011 e Premio De Andrè) e, da ultimo,  “Ballate per uomini e bestie” (Targa Tenco), che dopo trent’anni di carriera, dimostra ad ogni concerto di possedere una sensibilità musicale mostruosa, nonché  ricercatezza armonica e intima coesione e grande onestà e coerenza artistica in tutti i lavori che realizza, miglorandosi di volta in volta, è davvero una cosa rara . Vi assicuro che a vederlo suonare dal vivo con quegli  strumenti ormai in disuso (rotopiano, chitarra sirena, banjolino, fisarmonica e piano giocattolo; strumenti alternativi come bottiglie soffiate, fruste, ed il simpatico fischio; ed ancora grancassa, contrabbasso, archi, ottoni e clarino, tuba ed altri), Capossela ti trasporta e ti travolge, ti frastorna, ti trasforma. Sì, Vinicio, è uno che ti trasforma, in qualche modo.

Augusto Benemeglio

 


2 risposte a "Augusto Benemeglio: Vinicio Capossela, un clown pieno di grazia"

  1. Clown nel senso più nobile del termine – penso alla sua essenza felliniana – di incanto magia. E mi piace molto anche quel “pieno di grazia”, che ci rende Vinicio di una religiosità tutta sua, e ‘grazia’ è parola chiave che incontriamo spesso nelle sue canzoni: “la Grazia è una cosa meravigliosa, intravista e abbandonata. La Grazia è quella cosa meravigliosa che arde nelle musiche di Jeff Buckley. La Grazia è un senso di disperazione, amore e grazia. La Grazia è l’oscuro segreto.” Grazie Augusto.

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  2. ma che goduria aprire Neobar e trovare un post su Capossela! grande Benemeglio! Vinicio è un artista gigantesco: quando per definire un artista sono necessari più di tre termini di paragone (e qui ne citi cinque: Buscaglione, Conte, Carosone, Weill, Waits e de Moraes) è evidente che si sta parlando di un musicista di grande personalità/orginalità.
    il buon Capossela è entrato per ben tre volte nella top ten del musicazzotto nellorecchio (nel 1994 con “Camera a Sud” posizione n°5; nel 2000 con “Canzoni a Manovella” posizione n°1 e; nel 2011 con “Marinai, Profeti e Balene” posizione n° 4). “Canzoni a Manovella” resta il suo capolavoro assoluto (https://youtu.be/rGM8xc8UHMI).
    non altrettanto brillante la produzione letteraria del nostro, incapace di dare forma cartacea alle sue geniali intuizioni sul passo lungo del romanzo (“Non si muore tutte le mattine” mi guarda dalla libreria alle mie spalle, vuole che provi a finirlo, ma gli ho già concesso 100 pagine del mio tempo e lì è rimasto circa 15 anni fa).
    : )
    ps: un unico appunto, tra Paolo Conte e Giorgio Conte a me Capossela fa venire in mente più il secondo (https://youtu.be/30FOFFZHH48)

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