
MONDO IMMONDO
“Mostri di ritorno, assassini seriali, veti incrociati, corrotti e corruttori
Ahhh… dimmi se è questo, fra consimili, il migliore dei mondi possibili
Dimmi se il Fuoco potrà incendiare questa loffa società
Fuoco dal fuoco – Forgia, Efesto, una nuova umanità
Ragazze cattive, bambole e pistole, maghi, santoni e file all’ospedale
Ahhh… dimmi se questo non è l’Eldorado che sognavi insieme a me
Dimmi se l’Acqua potrà annegare questa stanca civiltà
Acqua dall’acqua – Poseidon modella una nuova umanità
Giudici venduti, criminali in libertà, furti, violenze e varie bestialità
Ahhh… dimmi se questa non è la Città ideale per te
Dimmi se l’Aria potrà assiderare questa guasta civiltà
Aria dall’aria – Eolo soffierà una nuova umanità
Abusi edilizi, colpi di Stato, traffico degli organi, sistema malato
Ahhh… dimmi se, fra dare e avere, il bilancio si potrà far quadrare
Dimmi se la Terra potrà sprofondare questa fiacca civiltà
Terra su terra – Impasta, Gea, una nuova umanità”
Si sa, l’uomo è un impasto di fango e stelle, dunque si trovano in lui tutte le qualità migliori come anche le più basse turpitudini, le più viete depravazioni.
Io, personalmente, non sopporto i sussiegosi, i formali, maggiordomi, sciafferri, sempre impostati sulla medesima modalità, imbalsamati, affettati, che non sai se siano davvero dei dementi oppure ti stiano prendendo per la collottola. Questi hanno dei movimenti rigidi, ripetono meccanicamente gli stessi gesti di cortesia ogni volta che ti incontrano, mai una sbavatura, una variante in corso d’opera, una parola sconveniente, una battuta fuori dalle righe, sembrano quasi degli automi o dei pupazzi caricati a molla ai quali perciòstesso indirizzo un vaffanculo a denti stretti (a volte mi sentono, ma fanno finta di non sentirmi). Al tempo stesso, non sopporto quelli eccessivamente confidenziali, amiconi, i quali, svaccati sulla sedia del bar ti danno il cinque, oppure sbrindellati a spasso sul corso ti corrono incontro per salutarti e mollarti una pacca sulla spalla o un ceffone di simpatia in pieno viso. E ti chiedono dei tuoi affari, del lavoro, dei figli, come se ti conoscessero da sempre. Sono gli allegri, i gioviali, gli apostoli dell’ecumenismo a tappe forzate, i missionari del “mal comune mezzo gaudio”, ed anch’essi diventano sovente destinatari dei miei vaffanculo. E poi, la massa dei pecoroni, il popolo bue, quegli ottusi ignoranti che non distinguono la realtà dall’apparenza, che non sanno rabberciare uno straccio di idea, cognizione, e dunque o avversano coloro che ne hanno, oppure fanno proprie quelle degli altri per seguirle come dommi o addirittura, colpiti da psittacismo, non fanno che ripetere a pappagallo le parole degli altri. Non sopporto né quelli che mi incensano, che affermano di stimare grandemente ogni mio scritto, perché sento lontano un miglio il loro fetore di adulatori, né coloro che non mi applaudono mai, che ritengono sempre sbagliato quello che dico o scrivo, perché è chiaro che sono rosi da livore nei miei confronti per non meglio chiarite ragioni. Per parte mia, detesto gli invidiosi, i maldicenti, quelli che godono dei fallimenti altrui, trovano ragione di gaudio nelle cadute degli altri; e detesto quegli infingardi che mi paradisano qualsiasi fesseria credendomi un beone, un ingenuo. Non sopporto i politici di mestiere, i fancazzisti, i meschini, gli ingrati, i quali per non ricambiarti un favore ti tolgono l’amicizia, per non doverti ringraziare di essere stati beneficati fanno finta di non vederti e alla lunga diventano i tuoi peggiori nemici. Non sopporto i nati stanchi, indolenti, taciturni, anche detti “soprammobili”, ma nemmeno i chiacchieroni, invadenti, onnipresenti, anche detti “prezzemolini di ogni minestra”. Non mi piacciono i codardi, i piacioni, i vili, i ganimedi della moda e della bella vita, i bon vivant, i moderni Don Giovanni, quelli che non se ne fanno scappare una “basta che respiri”; gli esperti di tutto, i sempre informati. Vomitevoli. Si rivoltino pure nel fango del loro schifidume. Io, per quel che mi riguarda, continuerò per la mia strada.
PAOLO VINCENTI