Le poesie qui presentate sono tratte dalla raccolta inedita L’arte più povera.
A Robert Lowell
A volte si vorrebbero spegnere
i rumori di fondo
che circolano nella mente,
con un interruttore
o magari dicendo una parola
che possa silenziarli, così…
To Robert Lowell
Sometimes you’d like to turn off
the background noises
that flow into your mind,
with a switch or – maybe –
by saying a word
that could silence them…
*
Una visione
Leggendo “Il cimitero ebraico” di Lorca,
ecco che mi pare di vederlo, sorridente
con qualche capello bianco – sembra
che mi parli:
«questo verso è il mio silenzio,
esilio di un tempo nel sogno…».
Parla con saggezza, si sente che
ha abbandonato la gioventù,
si è fatto per ognuno parola.
A bassa voce ricorda l’antico istante,
recita qualcosa che a malapena sento;
un cenno della mano, poi scompare.
*
Non possiamo chiedere niente alla parola,
già da un po’ di tempo è così:
bisogna aspettare che sia essa a dischiudere
per un qualche fortuito caso, come
un lampo scappato dall’usuale,
una verità fatta a misura di qualcuno
e non sempre valida per tutti. Se ciò accadrà
sarà già abbastanza:
non si può tirare sempre un tessuto
dallo stesso lembo ormai sfibrato.
*
l’Inferno di Dante non ancora finito
sospeso per giorni sgranati in fretta
e qualche contrattempo o accadimento
vivere l’Inferno
leggerlo mangiarlo berlocome un atto quotidiano
mi viene da pensare
quando Mosca, la compagna
di Eusebio, rispose al vinattiere:
«…berlo? non basta esserci stati dentro
a lento fuoco?»
*
E attraverso questa matassa di pensieri,
il tempo è un padre che inghiotte
la timidezza del figlio, e lo deride –
così mi sento nel varco stretto
dei giorni, alternati come neon notturni.
A sera spenta vedo in cielo nugoli di fumo,
boccate d’aria umida, tiepido
respiro esalato sui vetri: è di scena
la monotonia del dolore che emerge,
un peccato giallo come la luna.
*
Davide Zizza (Crotone, 1976). Dopo la plaquette stampata privatamente Mediterraneo (2000), ha pubblicato la raccolta di poesie Dipinti & Introspettive (Rupe Mutevole, 2012), Ruah, con la prefazione di E. Testa (Ensemble, 2016) e Piccolo taccuino occasionale (Ensemble, 2020). Un suo breve saggio, La lettura e la scrittura come etiche dell’ascolto, è presente nel volume collettaneo Ascolto per scrivere (Fara Editore, 2014). Pubblicato su riviste e blog letterari (fra cui L’Estroverso, Pelagos, ClanDestino, Poesiadelnostrotempo, Larosainpiù), è redattore per Poetarum Silva in cui tiene la rubrica Bustine di zucchero.
“il tempo è un padre che inghiotte”, la parola è una madre che ricama.
nel complesso, parrebbe che l’autore sappia la verità (“non si può tirare sempre un tessuto / dallo stesso lembo ormai sfibrato”), ma poi non si sottragga all’obbligo di pagar “ma_tassa”.
: )
chissà se esiste davvero una “monotonia del dolore”: forse l’unico dolore monotono è quello letterario.
bello e significante il gesto della mano di Federico, navigata la produzione dei versi.
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Molte grazie per la lettura e il commento
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