
Maria Lenti, recensione a:
Anna Maria Curci, Insorte, (commento di Giuseppe Manitta nella bandella), Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia (CT), 2022, pp. 64 € 11.00
Sguardo e intelligenza, pathos e ironia, lungimiranza in questo Insorte di Anna Maria Curci, raccolta classificatasi al secondo posto del premio per inediti “Pietro Carrera 2022”. Una poesia che, nell’incontro del (e della declinazione sul) fuori di sé – non poche le poesie tratte dalla cronaca divenuta storia (la sezione “Quando tace il latrato” è illuminante) –, rilascia sospensione (sezione “Tragedia e idillio”) e indeterminatezza sollecitata, però, a chiarirsi (sezione “Tolle, lege”), nella proiezione del possibile non consolatorio, evocativo e allusivo insieme.
Autrice ricca di studi, di traduzioni da scrittori e poeti di lingua tedesca, di presenze in attività culturali, generosa verso i poeti coevi, Anna Maria Curci affida al titolo (già dalle precedenti uscite: in particolare Inciampi e marcapiano, 2011, Nei giorni per versi, 2019, Opera incerta, 2020), una intrigante polisemia: Insorte: ribelli (varie le sfumature) o dentro la sorte (con tutti i suoi significati, estesi a “sorte”, pur raro e in estinzione, inteso come “sorta”).
Valenza che immette in un corpo poetico in cui il pathos viene accolto da versi allargati, sostanziati da un pensiero nutrito da un’esperienza in cui tutto, del giorno e dei giorni (il vissuto e il pensato, l’acquisito e la radice), sembra tenersi. Ben è detto in “Sottotraccia” (p. 42), testo pour cause riportato nella quarta di copertina:
Questa è una storia di appunti fatti a pezzi
di fogli sminuzzati
di righe cancellate.
Questo è il puntiglio di un frammento perso
che ricompare graffio di una riga
sulla glassa che livella e ricopre.
Questi sono i bisbigli i colpi lievi
di muro a muro
mentre fuori è farsa.
Queste sono le note per gli accordi
il controcanto a pifferi e trombette
i vocalizzi muti i ponti a mente.
Sembra tenersi. Perché la poesia di Insorte si offre a comprendere l’intorno, del contesto in corso o già definito, in un rilancio di sostanze e inconsistenze per guardarle all’interno, ma con la tensione, il desiderio di rompere la gabbia o di esserci, l’ironia per smontarle, qualche bella liricità nella presa con sé del salvabile; con la vicinanza a chi meno ha e alle vittime del potere da un lato e della sorte dall’altro (“Ustica, 27 giugno”, “Quindici settembre”, “Dodici dicembre”), lo sdegno per “assassini e folli”.
Ecco alcuni scorci di Insorte-ribelli. Dentro i quali giunge a consapevolezza la necessità di cambiare il tessuto che li origina e una difficoltà a cambiarlo (“note e dimesse” e altre poesie sul mito e il suo simbolico): e qui ecco qualche aspetto di Insorte-in sorte.
Emerge la convivenza tra passato, presente, futuro.
Atteso al meglio, il futuro. Ma Insorte non concede sconti al passo (per ricaduta, peraltro, individuale) civile odierno. Gli eventi sono da leggere come i libri dietro e davanti il proprio tavolo di lavoro: da percorrere lentamente, non da attraversare di corsa. Confida nella chiara coscienza dei fatti, nel loro non nascondimento, nella sensibilità inquieta di chi li legge. Chiama alla gioia della loro sgranatura.
Il primo vale nel portato della proposta etica, proveniente in più da scienza e cultura. Il secondo non offre stabilità e appigli: «Si prova a galleggiare / sbracciandosi in affanno. // Oppure si fa il morto / chiudendo gli occhi al cielo. // Chi scalcia l’acqua inganna, / è falso il movimento.» (senza titolo, con una citazione da Felicitas Hoppe: Ma chi sa nuotare muore solo più lentamente, p. 25). Il futuro si fa aleatorio, ma atteso al meglio.(«Contro le spalle / rimbalza la borraccia / ritmo di passo. // Bussa la sete / compagna di viandanza / sperando ancora.» (“Contro le spalle”, p. 51).
Si inserisce, la poesia di Anna Maria Curci, tra i migliori risultati di chi ha iniziato a pubblicare nei primi decenni del duemila. Ma, nell’inserirvisi, si connota e si distingue per l’ “io-noi”, per la passione che anima l’io-noi, per la lingua, le parole, i versi mai sovraesposti.
Anna Maria Curci accoglie dentro di sé questi elementi, li raccoglie elaborandoli fino a portarli ad unicità. Un ultimo esempio:
Nell’angolo del verde che concerta
ulivo cycas susino su trapunta
di pratoline e veroniche discrete
proseguono le prove silenziose
di un tripudio che tarda a venire
sinfonia di un incanto distante
ha due temi e più note in contrasto
senza termine e data è l’orrore
senza termine e data è l’amore
(“Nell’angolo del verde che concerta”, p. 34)