PORTO FRANCO di Giuseppe Martella (pref. R. Pierno)

“La poesia di Giuseppe Martella mi fa un incantevole effetto. È come se un respiro pronunciasse all’orecchio i suoi versi, quasi a trasmetterne uno speciale segreto.
In questi testi l’agilità sostiene la bellezza (categoria non sempre del tutto spiegabile, né confrontabile) e trasmette l’armonia in guizzi di colore imprevedibili, in un affascinante percorso poetico-filosofico che oltre alla vividezza d’immagini immediatamente fruibile dà altro significato al senso compiuto del vivere.Cristina Bove*

Dalla postfazione di Rosa Pierno:

[…] La possibilità di giungere a qualcosa, se mai sia possibile giungervi, è per Giuseppe Martella intimamente legata alla valorizzazione dei detriti esistenziali, concretissimi, come è estratta da beckettiana memoria. Da tale repertorio proviene quel gusto per le cose infime che fa scopa con il gusto per i segni: «ogni cosa derisa, attende / di essere ripresa, condivisa / come un’ostia dissacrata». La valorizzazione semantica è il luogo ove avviene lo scambio con la realtà, ove la macchia diviene senso, staccandosi definitivamente dal reale per andare a sistemarsi nella rete dell’artefatto culturale. Tuttavia, quello che si è costruito, anche faticosamente, finisce col reclamare a gran voce d’essere disperso: le forme sono da dissipare, quasi per un agognato ritorno a quel caos primigenio, ove regna l’indistinto o, meglio, in quel dondolio perenne tra terra e luce, laddove si osserva che la spola tra ciò che è materiale e ciò che è astratto è tessuta fittamente.[…]

Porto Franco di Giuseppe Mastella

Porto franco di Giuseppe Martella, Arcipelagoitaca edizioni 2022

Per ipotesi
Ma sì, ma quando, ma poi,
se tutti noi
fossimo presi per incantamento
e trasportati indietro e poi in avanti
fuori del tempo e dentro,
presi e sorpresi dai futuri istanti
indifesi
e prendessimo le cose con i guanti
al fine,
e oltre il confine dell’io ce le spartissimo
spezzando il pane insieme,
finalmente, dimenticando Iddio.

*

dalla sezione GRAN CANARIA

Guarda celeste come si disperde
il cielo
in mille biascicanti fiocchi
e mi rifaccio gli occhi
mi dimentico il gelo dell’inverno
il dolore ai ginocchi
il maleterno di vivere a quattr’occhi
con la morte – chiamiamola per nome
non so come dirla altrimenti –
anche tu che mi conduci, mi
_______ indichi la meta
anche tu menti (mio segreto destriero
bianco che mi porti
lì sul dorso del cielo).

*

È questo ciò che vedi: luce e luce
un abbaglio, e che ti cheta
a volte, come il raglio di un asino
che esplode nel sole –
luce e luce, pace, se non ti vieta
di volgerti altrove, verso la cometa
che è fuggita dal centro dello scoppio
ed ora corre sola senza meta
corre a perdifiato la cometa
e la sua coda brucia l’ultim’ora
luce e luce negli spazi siderei
e nulla vieta desideri di luce
benché forse si perda la cometa.

*

E prendi la misura, giusta finché ne hai tempo
e prendi il tempo a tua misura
magari a usura, prendilo a prestito
qui se è il caso – tanto
tutto è in affitto qui un tanto al mese
il sole l’aria il mare
il passeggiare così senza pretese,
silenzioso diletto, scendere giù dal colle
senza musica né donne né locali costosi
senza neanche voci quasi
se non quelle delle onde sulle rocce
dell’ultima caletta, della casa dei ricci
dove la tua ombra ti aspetta
in un canto, il solo riparato dal sole
e lì prendi il respiro delle onde
a tua misura – inali forte, trattieni il fiato
e fiuti l’aria a occhi chiusi
salsedine aria pura
misura del respiro, finché dura.

*

dalla sezione L’ORA BRUNA DEL PRESENTIMENTO

Le ore sono parole da non dire
e passano altrove e si
disfanno sempre l’una e l’altra
– l’ora bruna del presentimento –
come nube leggera dagli orli illuminati
arancio, rosso perché viene
perché viene sera prima o poi
nell’ora stessa come quando bussa
alla tua porta
il pellegrino sempre più inatteso
sempre più vicino che lo confondi
col tuo stesso profilo che passa
per la cruna dell’ago,
e sì foggia un angolo protetto
come una tortora che si fa un nido
di straforo
nel sottotetto della tua dimora.

*

Serie di luci a gradini
barlumi come un presepe dal mio balcone
la notte e le inferriate attraverso cui vedo
– e le piantine in mezzo, effetti per la vista non voluti –
e intorno a ciascuno come un leggero alone
unica misurata lontananza
e forse nell’attesa in questa stanza
se sapremo attendere sereni
chiacchierando, sbirciando la TV
piano piano sorgerà la luna
sottile una falce luna nuova
una luna di calce
una virgola una parentesi nel cielo
prima di mezzanotte
un vero e proprio miracolo
a basso costo – anzi a costo zero –
e io e te vicini senza sfiorarci
per paura di farci male
tanto siamo fragili – il respiro le ossa – vicini
distratti, fragili come bambini
cartoncini direi più che persone
maschere di commedia
a volte qualche parola di troppo
che subito rientra nella nostra dieta
senza sforzo e io smorzo il volume
e tu quieta mi racconti una barzelletta
breve ti prego perché sono impaziente,
mi basta niente per farmi dispetto –
mi guardo intorno per non perdermi
nel mio biglietto di andata e ritorno.

*

Perla di luce, la vita
sfora la pupilla
la brace l’argilla,
inonda e prosciuga
affonda e riaffiora
sfiorisce e si infiora
di nuovo e poi di nuovo
finché il nuovo
si fa vecchio
e l’acqua sporca
finisce in fondo al secchio
perché tu non veda più
pulito il volto
come era prima
e ti domandi
guardandoti allo specchio
chi mai sia stato a fare la rapina.

*

giuseppe martella

Giuseppe Martella è nato a Messina e risiede a Pianoro (BO). Ha insegnato letteratura e cultura dei paesi anglofoni nelle Università di Messina, Bologna e Urbino. I suoi studi riguardano in particolare il dramma shakespeariano, il modernismo inglese, la teoria dei generi letterari, il nesso fra storia e fiction, l’ermeneutica letteraria e filosofica, i rapporti tra scienza e letteratura, e tra letteratura e nuovi media. Dopo essersi ritirato dall’insegnamento, da alcuni anni si interessa anche di poesia italiana contemporanea, collaborando con saggi e recensioni a diverse riviste cartacee e online (Anterem, La Clessidra, Poesia Blog Rainews, Poetarum Silva, Nazione Indiana, Versante Ripido, Carteggi Letterari, ecc.). Una sua poesia inedita, Kenosis, è risultata finalista al premio Montano 2020. Altri inediti sono già apparsi ne Il giardino dei poeti e nella sezione Instagram di Blog Rainewes. Fra le sue pubblicazioni a stampa: Ulisse: parallelo biblico e modernità, Bologna, CLUEB, 1997. Margini dell’interpretazione, Bologna, CLUEB, 2006. G. Martella, E. Ilardi, Hi-story. The rewriting of History in Contemporary Fiction, Napoli, Liguori, 2009 (in duplice versione, inglese e italiana). Ciberermeneutica: fra parole e numeri, Napoli, Liguori, 2013. Tecnoscienza e cibercultura, Roma, Aracne, 2014.


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