Anna Lombardo: BLACKOUT EL Martillo Press, 2024
Nota empatica di lettura di Annamaria Ferramosca
Sono rari i libri che testimoniano in poesia una ferma volontà di denuncia della barbarie cui è giunta la nostra società dell’indifferenza e dell’egoismo. Blackout è uno di questi libri, dove il focus è chiarissimo ed è è netto il rifiuto dell’insipienza umana che si crogiola nel bellicismo e non trova soluzioni per contrastare le ingiustizie lavorando per un equilibrio duraturo e globale. Il testo poetico di apertura è già un manifesto della poetica vigile di Anna Lombardo: contrastare l’inerzia e lavorare con la parola per poter cantare dopo ogni nostra deriva, esplorando un cammino altro, di chiarezza e ricerca di una possibile pacifica convivenza:
*
Dagli spazi infiniti
la parola ancora qui a sovvertire
suoni sicuri, rilevare le pause dei passi
contare la fatica di unire la A con la Zeta
per sollevare libero il respiro dei fossi
dal fondo della gola secca di chi
senza strada può fare cammino (pag.10)
*
E la cifra originale di questa scrittura è nel far parlare non solo mente e cuore umani, ma la globalità delle essenze viventi e non viventi, che solo la dimensione poetica è capace di penetrare, rivelando la senzazione di equilibrio cancellato ovunque, perfino nelle più sottili forme della natura. Così possiamo ascoltare dai versi l’inquietudine che proviene da erbe, germogli, conchiglie, il turbamento impotente nelle voci di animali e nel volo senza direzione degli uccelli, di fronte al dilagare del disordine umano. L’immaginario fertile di Lombardo reagisce alla dimensione così lontana da ogni respiro etico, e diviene impetuoso, assumendo toni di rabbia e sfiducia, creando scenari densi di solitudine e amarezza
*
Luce filtrata tra i rami, poesia, incroci,
ceppi dimossa ridotti in numero, altezza, profumo
sul fuoco quel che resta di sogni; la nostra Fenice
così rianimata canta; Io a voi più non credo. (pag.42)
*
Nella prima sezione, che è quella più ponderosa e attestata sul malessere planetario, esattamente al centro della poesia Presagi, campeggia un verso che fa sobbalzare e trafigge:
Un sospiro che si spegne. Blackout.
Da qui il titolo del libro. Con questo termine Anna Lombardo rende in poesia tutto il rimpianto di ciò che doveva essere e non è stato, tutto il lamento terminale che spegne ogni luce, ogni verbo, ogni senso, annulla perfino ogni illusione indotta da religione o scienza. Ma il silenzio stupefatto del blackout pure apre alla lunghissima memoria di un’umanità trascorsa nel bene e nel male, alla consolazione di un’antica bellezza e dunque all’ultima rivoluzionaria, benchè minima, speranza di un altro possibile assetto di ricomposizione.
La seconda sezione, dal titolo Con candide mani, dedicata all’amatissimo coniuge scomparso, vede addolcirsi la severità dei toni e l’autrice riesce a guardare con la limpidezza di chi ha guardato il margine dell’oltre negli occhi di un morente, tutto il vuoto, il pieno, la mancanza , pur nella fiera sofferenza per l’amore interrotto, per le parole non dette, per ogni gesto inciso nella memoria. E ancora una volta Anna Lombardo rivela la sua capacità di legare il dolore a quello del mondo, riscattando il valore universale della perdita personale, che appare profondamente fusa al lutto per la perdita globale dell’umano.
Con la terza sezione Tracce la poesia ritorna al tema centrale della denuncia e della ribellione per le stragi perpetrate dal nostro malato sistema, confermando la potente forza civile di questa scrittura, che nel testo di chiusura dichiara le vere, inderogabili condizioni per la sopravvivenza:
*
Quando la Speranza sembra andata
e il dolore della vita è alto
E’ allora che ritorno
a cercare scintille dentro
Ricordare la dolcezza del tuo sguardo
la lucente foglia di quell’albero nuovo nato
Ricordare la soffice luce del giorno e della notte.
La natura è con me ogni volta che la faccio entrare.
…
*
L’aroma di questa terra
fissa come api al miele un viaggio
che si percorre nel buio più assoluto
dei nostri io onnipresenti
Mite il vento ne imprigiona urlo
e spavento: l’uscita dal grembo,
lo stare ritti sul pavimento
tra oscillazione e gravità pesante
*
Questo secolo cavo
mano tremula poggia al tronco dimesso
il vento non trova sollievo, va e viene
il gioco letale di poeti dentro una stanza
La terra recalcitra nell’altoforno urbano,
boccheggiano i pesci, la miseria fabbrica
città in verticale, tra latitudini e longitudini
solo sputi di valli, acque ammorbate
Tiranni i potenti svettano bandiere,
smagliano sorrisi, e l’amore arranca
con passo sempre più stanco
Resta palla di fuoco, cuore, resta
raccogli ultimi smorzi fiati
quel qualcosa che manca
sibili accesi, brividi, linfa, mani pronte
nel foglio scarno del secolo che s’incava
*
E venne il giorno
delle iene, dei falchi e degli struzzi
a brandire asce di guerra e barbari
tornano da altra dimensione
Tutti nemici adesso e gli altri traditori
avvolti di ubbidienza e compassione
battono oro e argento tra le dita
in civilizzata indifferenza
Mosche sciano sul cadaverico presente
l’eloquenza sale con conati e bombe
non solo corpi senza baricentro prima
di tutto la Ragione si è smagnetizzata
s’annebbia la parola ‘Pace’ quella
che ancora non si fa ‘Mondo’
con mani intrecciate sul grembo
per allontanare i fremiti del lutto
*
Tutto è in un caos momentaneamente
eterno, il rosicchiare delle menti
quel torpore che accorcia le distanze
tra l’alba e il sonno e spezza
ogni remota speranza
di stare dentro al sogno
come uccello fuori dalla gabbia
Dentro vestiti di pioggia
riposano i tuoi germogli
ora l’inverno si poggia
con quell’inclinazione tra le dita
di pendere fili dai rami, far riposare
i torti, le asce di guerra, il vestito dei morti
*
Tu non sei una dannata
col bicchiere in mano (sigaretta di lato)
sciolti i capelli, il corpo brucia, il pugno chiuso
respiro nel respiro, mare agitato tue vene
leggi, regole, tradizioni obbligate
non sono sirene benefattrici
è tempo di destino tra le dita
non temere fuoco o tempesta
annusa il vento, segui il ruscello
non aver paura della caduta
non c’è più posto dove cadere
sei il fuoco e l’acqua del mondo
Tu, tu non sei una dannata!
*
Luce filtrata tra rami, poesia, incroci,
ceppi di ossa ridotti in numero, altezza, profumo
sul fuoco quel che resta di sogni. La nostra Fenice
così rianimata canta: Io a voi più non credo.
***

Anna Lombardo è poeta attivista, insegnante e traduttrice freelance. PhD Gender Studies, presso il «Trinity College» di Dublino. Contributi critici su J. Lussu, A. Lowell, J. Hirschman e P. P. Pasolini. Collabora con la rivista «Global Right»e altri blog. Ospite di festival internazionali di poesia (India, Iraq, Cuba, USA, Colombia). È direttrice artistica del Festival La Palabra en el Mundo di Venezia.

Sono molto grata ad Abele Longo e a Doris Emilia Bragagnini per la bellissima ospitalità alle mie riflessioni intorno al notevole libro di Anna Lombardo.
Annamaria Ferramosca
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Grazie di cuore Annamaria per la tua empatica lettura, e grazie dell’accoglienza a Neobar.
Abbracci poetici,
Anna Lombardo
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trovo notevoli questi versi di una autrice che non conoscevo. Anch’io credo che una ragione smagnetizzata sia all’opera nella nostra epoca. Metterlo in poesia non è compito facile. grazie
Ciao Franco
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