Plinio Perilli, nota critica a “Donne frontaliere e poetesse innovative” antologia a cura di Alexandra Zambà

DONNE FRONTALIERE

e poetesse innovative

(scrittrici cipriote nate nel 1980)

“Donne frontaliere”. Tre scrittrici cipriote innovative nate nel 1980. Erina Charalambous, Avgi Lilli, Eftychia Panayioyou. Vita Activa Nuova ed. 2024 bilingue.  A cura di Alexandra Zambà

Evento giovedì 26 giugno 2025 ore 18:30

Presentano Plinio Perilli critico e Alexandra Zambà traduttrice, letture di Dora Pardali attrice greca, coordina Maresa Elia Bar Horti, Giardini N. Calipari, Piazza Vittorio, Roma

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L’ultimo, assai intrigante saggio antologico di Alexandra Zambà, curatrice e traduttrice, s’incentra su due aggettivi molto molto perspicui, capaci già da soli

di qualificare un libro, di innalzarlo e rischiararlo…

Donne frontaliere (dal provenzale frountalié, “limitrofo”), cioè collocate per la loro stessa scelta logistica ed esistenziale, in una posizione frontale con altre entità storico-politiche e/o individui, creature coabitanti la medesima porzione di territorio, di luogo, di destino fisico e vorrei dire emotivo, socio-psicologico…

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Poetesse innovative (l’aggettivo, un po’ raro, significa “che mira ad innovare”), perché pur devote alla tradizione, riescono a proporre e procedere in una scrittura per davvero nuova, cioè assolutamente moderna, contaminata e corroborata a largo spazio e spettro…

La scelta ora eminentemente, suggestivamente lirica della Zambà, ha dello strepitoso; e ci consente di entrare profondamente, attraverso la mente e il cuore del linguaggio, nello sguardo e nella deriva psicologica di queste giovani donne (sono tutte e tre poetesse e scrittrici nate a Cipro nel 1980), in lotta, ammettiamolo pure, coi dissidi, con le proposte, i turbamenti o gli auspici della contemporaneità.

Ma è la stessa Zambà a fornirci, rimisurare come di dovere le loro coordinate, che sono sempre più evolute, trasmutate non poco, anche rispetto alle loro stesse, più mature colleghe:

“… Queste donne non abitano più un mondo newtoniano, spaziale e temporale, rigido e gerarchizzato, bensì einsteiniano, un’entità spazio-temporale che ondula, si flette, s’incurva, si storce, come un insieme di parti organiche all’interno di un gigantesco mollusco flessibile. Le loro poesie costruiscono lo spazio vitale. All’alba del terzo decennio del XXI secolo, il mondo appare in continuo, rapido cambiamento.”…

Stiamo parlando della realtà sociale e culturale di Cipro, sappiamo bene, forse l’ultima realtà politica europea dove la stessa porzione di territorio è divisa fra due o più comunità (qui, quella greca e quella turca – a partire dall’occupazione dell’esercito turco del luglio 1974, e poi proclamatosi unilateralmente Repubblica turca di Cipro del Nord, dal novembre 1983, con l’appoggio della Turchia)…

“… Le scrittrici che ci hanno regalato i libri tra i più innovativi e imprevedibili dell’ultimo ventennio,” – rileva Alexandra Zambà – “scrivono sui temi dell’identità e della memoria, e contribuiscono a trasformare il passato in spazio propulsivo.”

La Zambà evoca giustamente, a loro proposito, il bell’esempio (e la teorizzazione) di una figura importante quale Hélène Cixous, trapiantata in Francia, propugnatrice di una cosiddetta scrittura in movimento. Il suo imperativo invita appunto le scrittrici “a collocarsi dentro il testo con il proprio corpo, la propria pluralità fluida, che resiste all’essenzialismo di genere e all’eterodeterminazione patriarcale e decostruisce le gerarchie artificiali che ne derivano”…

Il fascino di questa ricerca è la “sperimentazione di un insieme di arti come la pittura, la musica, il teatro e le arti performative. La storia si basa su eventi accaduti in un dato tempo e luogo, ed è correlata alle loro versioni e interpretazioni, scritte o orali, che siano esistite contemporaneamente all’evento o in momenti diversi. Tuttavia, il mito è senza tempo e quindi, in quanto simbolo, penetra più facilmente da un’epoca all’altra, influenzando la coscienza.”

Cosicché la nostra percezione sia degli eventi storici che dei miti emblematici “influenza ciò che chiamiamo ‘identità’, personale o nazionale. (…) In questo modo, Storia e Mito esistono e coesistono nelle opere.”

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Alexandra Zambà ama dunque rivolgersi alla forte esperienza di Hélène Cixous Scrittrice e drammaturga di lingua francese, nata a Orano (Algeria) nel 1937 da genitori ebrei, poi trasferitasi in Francia. Femminista, ma soprattutto studiosa, negli anni Settanta, sulla scia delle impegnate e ispirate riflessioni di teorici quali J. Kristeva, R. Barthes, J. Derrida, L. Irigaray, J. Lacan sui rapporti tra scrittura e corpo, linguaggio e sessualità, ha pubblicato Le rire de la Méduse (1975), La jeune née (1975), La venue à l’écriture (1977), opere in cui ha affrontato la questione della scrittura femminile, invitando le donne a ‘scrivere’ il proprio corpo.

Sul piano letterario – ricorda e aggiunge Nadia Setti – H. Cixous ha raccolto più di qualunque altro, amplificandoli, gli slanci motori della scoperta freudiana soprattutto per quanto riguarda la relazione tra inconscio, sogno e scrittura del corpo pulsionale. Nel contempo non ha mancato di denunciare gli aspetti più arretrati e patriarcali della teoria freudiana così come di quella lacaniana quando queste rivelano l’istituzione fallica del sapere psicanalitico.”

Ecco forse perché Alexandra Zambà, che ama la piena e progressista prospettiva storica, ha puntato su questa forte significazione teorica per poi donarci, donarci poesia su poesia questa breve e preziosa silloge allestita con le opere – poesie, prose liriche – di tre ancor giovani ma valide ed emancipate, a loro modo nobilmente esperte autrici nuove… Che cioè, giura e dimostra Alexandra, “cercano di affermarsi ed esplorare il loro ruolo multidimensionale nella poesia non convenzionale, influenzate dalla scrittura cixousiana, la capacità di rilanciare continuamente il processo della riflessione, come della creazione linguistica, sbloccando le situazioni d’impedimento e di stasi.”…

Queste tre “poete” si smarcano dagli eventi del ’74 (nemmeno erano nate!), così come glissano recisamente rispetto alla letteratura mitologica antica… Zambà non macera dubbi, la sua diagnosi esegetica è ferma e lucida: “Approfondiscono una forma di ricerca più esistenziale, vivono quotidianamente l’imperfezione del mondo, le ferite dell’anima senza tempo.”

Ed eccole via via entrare in scena, cariche del proprio talento e decise dal proprio carattere; Alexandra quasi ne stila pignola delle secche, ardue note di regia: conosce a menadito il rispettivo copione, la performance delle poesie; ma soprattutto il garbo o il sarcasmo, il gesto elegiaco o la posa autoironica…

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Le poesie di Avgi Lilli arrivano come fulmini e squarciano il cielo”…

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I versi di Eftychia Panayiotou arrivano da un luogo – non luogo”…

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I versi di Erina Charalambous sono di poche parole, taglienti, piene di umorismo”…

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Basta assunti, giudizi, battute liriche o filosofemi!!!

Ma lasciamo comunque parlare, dialogare i versi…

La poesia di Avgi Lilli combatte la battaglia e non ne esce sconfitta”… C’è una sua splendida e nuda lirica che mi ricorda perfettamente un famoso quadro di Frida Kahlo, surreal-psicoanalitico et similia: “Cosa ho visto nella vasca da bagno”:

Tra le mie gambe nasce il mondo intero

fiumi, foreste, trionfi, spade e pugnali

amore, odio, lance, pennoni, una lama

con ogni a e ogni z nel delta e nel membro

mi lacera, getta sull’altare canto lussurioso

lentamente farlo sanguinare eternamente resuscitarlo

pudore, pudore, mi vergogno dolore canto di vulva

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Tutte in fondo (non solo Avgi Lilli) combattono le loro battaglie e non ne escono sconfitte… Alexandra giura però – per Lilli – che “le sue poesie nascono da una sorta di gravidanza, che si contrappone al concetto di nascita, di concepimento embrionale”…

Quanto ad Eftychia Panayiotou, lei “parte da frammenti di storie, da scritte sui muri, da scritture mutilate che integra liberamente componendo palinsesti surrealisti”… E alla fin fine, Chiaroscuro è la sua alchemica, iniziatica dichiarazione di poetica:

Il sole schiaccia il paesaggio, ignora le ombre.

Le cose somigliano tutte e si uniformano.

Volti senza lineamenti,

occhi che si socchiudono sforzandosi

di essere fotografati.

Quanta luce falsa: senza sfumature,

senza l’accompagno di sussurri.

Tuttavia, non correre verso la morte, non andartene volando.

Non andartene per invidia delle grandi ali.

Guarda dal basso le scintille all’orizzonte;

dalle profondità emergono due ombre in rilevo.

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E che dire poi di Erina Charalambous?, la quale “con la sue poesie e microracconti viola i limiti imposti dalla vita quotidiana, dal lavoro e dalle condizioni sociali… I suoi versi nascondono conflitti interiori, la volontà di trovare l’inconoscibile”… Certo, cosa forte e rara è la poesia dedicata alla madre come per appaiare, rimemorare – ab origine – sia il parto di sé medesima che l’iniziazione erotica, la sacra/pagana fecondazione:

a mia madre

Cado ai tuoi piedi

ti apro le gambe

per toccare il taglio della tua cervice

per condividere il tuo parto

e tu che mi avvolgi nelle fasce

e mi battezzi sia se vuoi

sia se non vuoi

silenzio

Se poi Zambà si ritrova nel riconoscimento di “una lotta tutta femminile che si dirama lungo il dolore e la tristezza per le ingiustizie del mondo”… questo sì, forse è tutto suo: ma riguarda perfettamente anche le altre…

Le altre poetesse e Donne frontaliere, liriche innovative, nate nell’80 dove dal ’74 vigono ancora i muri, i confini armati – e mai pacificati! Le altre – tutte – scrittrici irredente, che “affrontano temi semplici per calare in profondità abissali”…

Quando sorge l’oscurità” intona, impenna e divina l’ardente, eccitata e vogliosa Lilli – come in un buffo, Caravaggio zombie e seriale post-post-moderno (beh, sì, nativo digitale), lei – o adesso anche noi? – diventiamo luce!…

Quando sorge l’oscurità io

divento luce,

divento fuoco,

ma tu vedi solo incendio

e versi l’acqua con il tubo,

mi lanci delle coperte,

ma non mi spengo,

io così non mi spengo;

io brillo e ardo,

stesso rituale,

finché divento cenere,

come morta

mi spargono sulla terra,

per germogliare le poesie.

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Brave Donne frontaliere, nonché poetesse e scrittrici innovative.

Rispetto alle loro coetanee nostrane, italiane – ammettiamolo – rivelano non tanto una complessità più marcata, quanto piuttosto una più accentuata e virtuosa completezza… Un aggregarsi meglio tra sogno e realtà, incubo e auspicio – e ancora, l’abbiamo detto, profetato, Mito e Storia, lirica e suo adombrato, allungato filosofema…

Ricordo con molta luce e fervore un passaggio, una riflessione raziocinante ma anche tremula, ineffabile e impermanente di Jung:

“… Se supponiamo che la vita continui ‘di là’, possiamo pensare solo a una forma di esistenza psichica, perché solo questa non richiede la spazio e il tempo. L’esistenza psichica, e soprattutto le immagini interiori con le quali abbiamo a che fare già in questa vita, forniscono il materiale per tutte le speculazioni mitiche circa una vita nell’aldilà, e mi rappresento tale vita

come un progredire nel mondo delle immagini. Pertanto l’anima potrebbe essere quell’esistenza che si trova nell’‘aldilà’ o nella ‘terra dei morti’. Per questo rispetto l’inconscio e la terra dei morti sarebbero sinonimi.”…

Sostituiamo ora ad esistenza psichica l’essenza della poesia, l’atto, la prova e parvenza del morire di desiderio, svenire o venirsene quasi di piacere – come si usa dire… Ed ecco che la formula junghiana è perfettamente riadattata:

Rispetto a questo, l’inconscio e la piccola morte sarebbero sinonimi!

Plinio Perilli

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Alexandra Zambà, in un vero amalgama linguistico mediterraneo, nasce ad Alessandria d’Egitto da madre alessandrina della diaspora greca e padre cipriota. Passa l’infanzia e la giovinezza a Cipro, in un ambiente plurilinguistico. Dall’età di diciotto anni studia e poi vive e lavora in Italia. Autrice e regista teatrale, fonda a Roma il Festival Internazionale di Teatro Italia–Cipro OMBRE/ΣΚΙΕΣ . Come operatrice di Centri Diurni Psichiatrici costituisce il laboratorio «Poesia e Ombre» con produzioni di libri bilingui (italiano-greco) e spettacoli teatrali plurilingui. Sue poesie si trovano bilingui (greco e italiano) in libri e antologie internazionali. Ha scritto il saggio sulla letteratura giovanile cipriota Cipro ed il fascino dei suoi percorsi narrativi (Edizioni Gagliano 2017), con la partecipazione della giornalista Claudia Camicia; con il poeta e pittore turco-cipriota Umit Inatci, ha scritto in versione bilingue greco e turco, il libro di racconti Tracce di Memoria (Armida Books 2019). Ha ideato curato e tradotto i libri: Pane e Poesia (La Vita Felice 2016), Storie di Sirene e Gorgoni (Vita Activa Editoria 2020), I Giovanissimi – poeti e poetesse ciprioti 1981-2001 (Armida Books 2020). Dirige la collana Isole – Letteratura Internazionale d’infanzia e giovanile della casa editrice triestina Vita Activa Editoria. Collabora con la casa editrice cipriota Armida Books,  è socio fondatore della casa editrice Vita Activa Nuova Aps e dirige il settore per la poesia.

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Plinio Perilli  Roma 1955, esordisce nel 1982 con un poemetto sulla rivista “Alfabeta”, auspice Antonio Porta. La prima raccolta è del 1989, L’Amore visto dall’alto (Amadeus), finalista al Premio Viareggio. Seguono i racconti in versi di Ragazze italiane (Sansoni, 1990, Premio B. Joppolo). Chiude una sorta di trilogia della Giovinezza con il volume Preghiere d’un laico (Amadeus, 1994), che vince vari premi: il Montale, il Gozzano e il Gatto. Petali in luce, diario lirico in 365 “terzine”, è uscito nel 1998, presentato da G. Pontiggia (Amadeus). Del 2014 il suo “canzoniere d’amore” Gli amanti in volo (Pagine), poesie e poemetti dal 1998 al 2013. Una raccolta antologica delle sue poesie, Promises of Love  è stata tradotta in inglese da C. Lettieri e I. Marchegiani,  editata a New York nel 2004 presso Gradiva Publications della Stony Brook University. Del 2011, il poemetto L’Aquila, dedicato al tragico evento del terremoto del 2009, ha vinto il Premio Scanno. Come critico si occupa specialmente di convergenze multidisciplinari e sinestesie artistiche (Storia dell’arte italiana in poesia, Sansoni, 1990), e dell’insegnamento della poesia nelle scuole (La parola esteriore. I nuovi giovani e la letteratura, Tracce, 1993; Educare in poesia, A.V.E., 1994). Del 1998 è lo studio antologico sul ‘900 italiano in rapporto all’idea di Natura (Melodie della Terra. Il sentimento cosmico nei poeti italiani del nostro secolo, Crocetti, 2ª edizione 2002). Collabora a numerose riviste e ha curato molti classici, dal “Canzoniere” di Petrarca alle liriche di Michelangelo, dai “Taccuini futuristi” di Boccioni alle poesie di C.Levi, dagli scritti di Svevo su Joyce a “Inventario privato” di Pagliarani e “Variazioni belliche” di A. Rosselli.  Del 2009 un suo vasto repertorio sui rapporti fra il Cinema e le altre arti: “Costruire lo sguardo”. Storia sinestetica del Cinema in 40 grandi registi (Mancosu Editore, 2009. A seguire nel 2010, il volume di memorie testimoniali RomAmor (“Come eravamo 1968-2008”), presso le ed. del Giano, dedicato al rapporto fra Roma e i grandi numi tutelari della seconda metà del ’900, fino ai nostri ultimi anni: da Gadda a Moravia, da Flaiano a Pasolini, da Rosselli a Bellezza, etc. Numerose le conferenze, presentazioni e prolusioni nelle maggiori università italiane ed american

immagini prese dalla rete, in particolare l’immagine di copertina è stata raccolta in questo sito


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