Nelle contrade perdute dove il papavero bacia
la bocca del leone e il cardo esplode come fuoco
e buca le nuvole, e dove gli ulivi striano d’argento
il cielo più azzurro che c’è,
lì ci si spinge quando il senno sta per rovinare
giù dal piedistallo fino a terra nelle città
insofferenti e d’asfissia dalle cui terrazze non si vola
e gli altri tetti come sbarre impiombano
lo sguardo. Facce distese e pasciute di ore lente
a sfiancarsi guardano comprensive, altre si girano
dall’altra parte, ma qui la luce illumina rugosità
dimenticate. Ascoltare:
ascoltare lo scroscio di cascate che non si vedono
dall’alto della gola. Erodere: erodere il contrafforte
con la discesa al baratro fino al bagno che cancella
sudori mistici e vertigini. Incontrare i folli
di queste vastità: ascoltarne i fatti, parteciparne i riti.
Dimenticare i sunti dei sentieri più battuti.
Riequilibrare la bilancia.
©Fernando Della Posta, inedito 2016
Belle riflessioni, recessi emotivi significativi, ma … troppo lunga. Prova a tagliare, acquisterà forza e penetrazione. Scusa se mi sono permessa questo suggerimento.
Narda
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Cara Narda, ho seguito il tuo consiglio. Ho eliminato qualcosina. Avevi ragione. Ancora grazie. 🙂
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Ho sempre ammirato in Fernando la capacità di fondersi con gli elementi presi in esame. Quei particolari circostanti che sembrano carpirne lo sguardo chiedendo in cambio solo d’essere rivelati attraverso una rielaborazione emotiva ma pienamente attenta e presente all’attimo, nel loro più ampio significato e contesto. In questi versi ho trovato l’osservatore curioso e maturo, preciso e selettivo sui temi (che bellezza la “distensione” lunga del verso e conseguente maggiore morbida musicalità).
Molto piaciuta…
D.
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Grazie mille cara Doris. Un abbraccio.
Fernando
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