Viviamo in una realtà economica che ci sfugge, che sembra complessa e imprevedibile. Al contrario, forse basta dedicare un minimo di tempo alla questione, dipanare la trama del romanzo e osservare le interazioni tra i vari personaggi per comprendere la morale della storia (che, vichianamente, si ripete). Vogliamo scommettere che in venti minuti riesco a farvi comprendere concetti basilari di economia internazionale che vi erano sfuggiti in decenni di pseudo-informazione in offerta speciale sui media? La questione è di vitale importanza, poiché se da un lato dire “non mi occupo di politica” è come dire non mi occupo della vita, dall’altro ormai “politica” è sinonimo di “economia”.
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1) L’offerta e la domanda
L’economia di mercato consiste in uno scambio di beni e servizi. Quindi da un lato la produzione mette sul mercato beni e servizi (offerta), dall’altro il compratore paga per averli (domanda). Tale sistema funziona finché offerta e domanda sono tra loro in equilibrio dinamico. Ad esempio se c’è troppa domanda, il prezzo del prodotto sale e contrasta l’eccesso di domanda (rendendolo meno conveniente), se c’è troppa offerta, il prezzo del prodotto scende e incentiva la domanda (rendendolo più conveniente). In entrambi i casi, il sistema è in grado di compensare le alterazioni dell’equilibrio con meccanismi di feedback, azione e reazione.
2) Il mercato valutario (o dei cambi)
La compravendita di valute (monete nazionali) tra paesi diversi non fa eccezione: anch’esso funziona finché offerta e domanda sono tra loro in equilibrio dinamico, con conseguenti variazioni del tasso di cambio. Ad esempio, un paese che esporta molto più di quanto importa, avrà un aumento delle entrate e un aumento della domanda di moneta nazionale che causerà a sua volta un apprezzamento della sua moneta rendendo i suoi prodotti più costosi sui mercati esteri (ovvero meno competitivi). Per contro, se un paese importa più di quanto esporta o la sua economia non sembra solida con conseguente fuga di capitali, il valore della sua moneta subirà un deprezzamento rendendo i suoi prodotti meno costosi sui mercati esteri (ovvero più competitivi). Com’è evidente ciò consente un certo riequilibrio macroeconomico tra stati strutturalmente diversi.
3) Il cambio fisso
La scelta politica/ideologica di introdurre un cambio fisso (e/o una moneta unica) tra paesi diversi rende impossibile il riequilibrio del mercato valutario, causando le seguenti anomalie…
continua qui: Concetti basilari di economia internazionale
Eh caro, hai dimenticato la politica estera, vero braccio armato del mercato “drogato” globale. Scatenare la guerra, provocare ondate di profughi per distruggere meglio lo stato sociale. Drogare il mercato, non dimenticarlo. Mesi fa lessi su un manuale di economia a uso degli studenti del quinto anno di ragioneria, che l’immigrazione è importante, perché “calmiera” e abbatte il costo del lavoro… vabbuò non vorrei sembrarti il leghista che non sono e che aborro, ma lo insegnano a scuola. Buona Pasqua a tutto il gruppo Neobar
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@Almerighi: buona Pasqua pure a te (e a tutto il gruppo di Neobar) : ))
ohi, però, se oltre a leggere il “manuale di economia a uso degli studenti del quinto anno di ragioneria” avessi letto con attenzione il punto 7 “oliare il sistema” del mini-saggio, ti saresti imbattuto *proprio* nell’elenco dei meccanismi per abbattere il costo del lavoro. in particolare, alla sottosezione (b) avresti trovato scritto: “disoccupazione (i migranti economici): se in strada c’è un esercito di lavoratori disoccupati “riservisti” pronti a prendere il tuo posto, sei più ricattabile e non hai potere contrattuale.”
peraltro non ti preoccupare, qui non è questione di essere leghisti o meno, ma di nitide dinamiche macroeconomiche. essere leghisti vuol dire giocare alla guerra tra poveri, individuare nel migrante economico il nemico, cosa che nel tuo commento non fai poiché giustamente scrivi “scatenare la guerra, provocare ondate di profughi”. è dunque più che evidente che sai e comprendi benissimo che non sono certo “i profughi” (o meglio i “migranti economici”) a tirare le fila del gioco, ma che essi sono semplici pedine sullo scacchiere neoliberista globale. in altre parole i migranti economici sono vittime, come e più di noi.
in ogni caso, se ti interessa l’aspetto più strettamente politico della questione migranti, ne ho scritto estesamente qui nell’agosto 2016 https://copylefteratura.wordpress.com/2016/08/28/dai-una-pagina-facebook-a-un-ignorante-e-diverra-un-opinionista/#more-518
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mo me lo sono scaricato e mo me lo leggo per bene
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@Almerighi: guarda, voglio rovinarmi : )))) ti risparmio la fatica di cliccare il link facendo un copia incolla di parte dell’articolo scritto l’anno scorso:
(…) Le riflessioni prendono il via dallo scambio di vedute avuto con un collega tempo fa circa un’affermazione di Gino Strada: “Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo, senza che questo avesse delle ricadute sull’Europa e sul nostro Paese. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte della società.” (link1) Sicuro, Gino, che siano dei cretini? Voglio dire, siamo sicuri che gli oligopoli finanziari che orientano le politiche economiche globali in senso neocoloniale ordoliberista (link2) non abbiano messo in conto fin dall’inizio (come conseguenza auspicabile, tutt’altro che imprevista) l’enorme flusso di migranti da paesi africani e mediorientali devastati da guerra e povertà? I migranti sono utilissimi per oliare il funzionamento degli ingranaggi del sistema neocoloniale: fomentano la classica “guerra tra poveri” nostrana, nonché la narrazione emotiva dei media mainstream (adusa ad invertire causa e effetto); consentono insieme al terrorismo di rendere accettabili stati di emergenza, guerre “a fini umanitari” (!!!) e svolte autoritarie (con annessa compressione di diritti civili ed economici); contribuiscono a sgretolare il diritto fondamentale (articolo 1 della costituzione italiana), ovvero quello al LAVORO, senza il quale tutti gli altri diritti sono mera “cosmetica” di regime (terribile negli ultimi decenni la svalutazione del lavoro, con il lavoratore ridotto a *merce*, col ricorso a una disoccupazione “strutturale” e con l’inarrestabile finanziarizzazione speculativa dell’economia).
Quindi cretini chi? Ahimé, i cretini siamo noi, purtroppo, caro Gino, che non vediamo oltre i paraocchi dei nostri iPhone, che non riconosciamo i mostri antidemocratici costruiti ad uso e consumo dei grandi capitali internazionali (quale ad esempio l’Unione Europea coi suoi sicari: l’euro e il pareggio di bilancio in costituzione) neanche quando li abbiamo sotto il naso. (link3) (…)
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Caro malos, grazie per quest’ovetto. Tutto, come dici, appare lapalissiano. Ma la “verità” non esiste più… Le élite finanziarie internazionali vengono fatte passare per fantascienza o liquidate in termini di complotti e cospirazioni. Dovremmo aprire gli occhi mentre aumentano a dismisura le orde degli orbi… Buona pasqua a tutti, anche se un po’ in ritardo.
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@Abele Longo: prego e buona pasqua in ritardo! : )) beh, le élite finanziarie non dobbiamo immaginarcele come una setta segreta o un’oligarchia internazionale che agisce in modo capillare e coordinato influenzando ogni singolo aspetto della politica mondiale: serve un’azione coordinata e sinergica solo quando hai bisogno di creare qualcosa, ma non serve un direttore d’orchestra quando l’obiettivo è quello di distruggere. in altre parole, non è che le élite finanziarie abbiano bisogno di realizzare articolati progetti politico-economici, poiché i loro intenti sono, nella maggior parte dei casi, semplicemente quelli di eliminare i limiti e le leggi che abbiano l’ardire di regolamentare il mercato finanziario e il movimento dei capitali. il resto viene da sé: in fondo basta poco per “incanalare” l’economia globale nella “giusta” direzione. non a caso von Hayek, padre spirituale del liberismo scrisse che al liberismo non servono “principi fondamentali”, basta applicare una strategia che “è suscettibile di un’infinita varietà di applicazioni, ovvero quella che nel gestire i nostri affari dobbiamo fare uso il più possibile delle forze spontanee della società e ricorrere il meno possibile alla coercizione”. deregolamentazioni e liberalizzazioni sono più che sufficienti per determinare la finanziarizzazione dell’economia e il trionfo dei grandi capitali sui diritti fondamentali della nostra costituzione (lavoro, salute, istruzione, previdenza)…
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Quanto fumo negli occhi per nascondere gli ingranaggi, davvero solo quando il cittadino diventa il Chaplin della situazione incomincia ad accorgersi di tutto il meccanismo. Malos che dire, questo lo condivido perché è una sintesi esemplare anche dal punto di vista emotivo, si vedono le scintille del giramento di ball. Due domande però te le faccio:
-La politica nazionale degli stati che diciamo vengono liofilizzati dell’egemonia di questa élite macroeconomica, la consideri più complice o vittima di questa catastrofe?
-E poi, dove vogliono arrivare questi eterni ricconi? L’obiettivo è ampiamente raggiunto, ovvero un dominio su una carneficina di paesi ridotti in povertà e quindi facilmente preda, (da tutti i punti di vista) anche da paesi esteri, oppure c’è forse l’intendo di mantenere un regime che tuttavia dovrà pur dare spazio prima o poi alle economie nazionali?
Thank’s per l’eventuale risposta.
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chiedo venia per il ritardo nella risposta (sto lavorando “fultàim” al nuovo videoclip di Copylefteratura), epperò meglio tardi che mai, no?
: )))
prima domanda: “La politica nazionale degli stati che diciamo vengono liofilizzati dell’egemonia di questa élite macroeconomica, la consideri più complice o vittima di questa catastrofe?”
ordunque, lo stato è un mero strumento, ovvero la sovranità che esso esercita su territorio-cittadini non è né astratta né assoluta, ma concretamente definita dalla costituzione.
tale premessa è a mio avviso fondamentale perché chiarisce che lo stato è una sorta di possente braccio meccanico agito dai dettami costituzionali dotato di forza sufficiente per attuare finalità predefinite dalla costituzione. in tal senso è *per predefinizione* nostro alleato, anzi di più, è l’unico nostro alleato che abbia forza sufficiente per fronteggiare lo strapotere dei grandi capitali internazionali, agendo da “moltiplicatore” insostituibile della forza del singolo cittadino.
ecco perché, per piegare il super-automa ai suoi interessi, il grande capitale ha bisogno di *riscrivere* il programma motorio del braccio meccanico, inserendo il pareggio di bilancio in costituzione e cancellando il finanziamento pubblico ai partiti. insomma, lo stato non è né complice né vittima dell’attuale catastrofe, con buona pace di leghisti e affini affetti da insulsi deliri stato-fobici. il problema siamo noi cittadini che consentiamo riscritture e usi impropri/deraglianti della macchina statale senza battere ciglio…
la cosa più buffa, poi, è l’idea che nel mondo del futuro devastato dal capitalismo/debitalismo/liberismo finanziario globalizzato, gli stati risultino superati. è proprio l’esatto contrario: più i grandi capitali finanziari producono sfracelli e più c’è bisogno di “socializzare” le perdite, ovvero che la macchina statale venga usata per “coprire” con soldi pubblici (cioè nostri) le cicliche bolle speculative, per “estorcere” ricchezza ai cittadini mediante austerità e per dispensare elemosine tipo i “redditi di cittadinanza” che consentano di tenere in piedi all’infinito un sistema capace di produrre solo una sempre maggiore diseguaglianza sociale.
insomma, lo stato è una premessa meccanica imprescindibile che rende possibile il concretizzarsi di una democrazia formale e sostanziale. sta a noi, alle nostre capacità di analisi critica, alle nostre scelte politiche (elezioni comprese) la responsabilità di premiare partiti che non si pieghino “all’egemonia di questa élite macroeconomica”. la tragedia è che, dopo aver abolito il finanziamento pubblico ai partiti, potrebbe rivelarsi assai difficile trovarne qualcuno che non risponda agli interessi dei capitali privati che hanno consentito ai suoi leader di farsi eleggere…
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la risposta alla seconda domanda (dove vogliono arrivare?), invece, è molto più facile. la ricchezza, in un sistema globale governato dal capitalismo/debitalismo finanziario liberista, tende, dati alla mano (vedasi Oxfam) a concentrarsi in sempre meno mani. non c’è un limite, anche perché, qualora le cose iniziassero a mettersi male, un siffatto sistema di potere – ci insegna la storia – può sempre giocare la carta di una guerra su scala mondiale.
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Ottime risposte come sempre Malos,grazie. Mi piace l’immagine anche poetica dello Stato come braccio meccanico che amplifica la forza dei cittadini, e di fatto lo è un meccanismo amministrativo che si applica per mano di chi lo amministra e di chi ha deciso chi lo amministrerà. Condivido qui:”per piegare il super-automa ai suoi interessi, il grande capitale ha bisogno di *riscrivere* il programma motorio del braccio meccanico” e pure qui:”sta a noi, alle nostre capacità di analisi critica, alle nostre scelte politiche (elezioni comprese) la responsabilità di premiare partiti che non si pieghino “all’egemonia di questa élite macroeconomica”e qui abbastanza:”il problema siamo noi cittadini che consentiamo riscritture e usi impropri/deraglianti della macchina statale senza battere ciglio…”, perchè credo che i politici alla fine abbiano più responsabilità dei cittadini nel favorire o meno tale procedimento, da qui l’origine della mia domanda. Per esempio,premettendo che ci vuole uno stomaco d’acciaio per digerire il teatrino della politica italiana e affini, prendi il citato finanziamento pubblico ai partiti. Mi sono azzardato a fare una ricerca ed è venuto fuori tutto l’iter legislativo dal 1974 con la Legge Piccoli fino al Decreto Legge 28 dicembre 2013 ad opera del governo Letta…ma dico questa è ancora politica e onesta volontà a trovare soluzioni ai problemi?Cioè mi chiedo se era necessario tutto questo caos per decidere come regolamentare un congruo finanziamento ai partiti politici, cosa che poi non hanno risolto…
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