
Il 30 novembre scorso nella basilica di Sant’ Ambrogio a Milano si è tenuto un convegno per presentare i risultati delle analisi scientifiche e medico legali sui resti dei santi Ambrogio, Gervaso e Protaso conservati nella cripta della basilica. Il convegno dal titolo “Apparuit Thesaurus Ambrosius” presentava un programma molto articolato e di grande interesse, che riporto in coda, è stato preceduto da un canto fermo ambrosiano cantato da un coro di sole voci femminili, che a me hanno suggerito un accostamento con il suono lungo e penetrante della tromba di Chet Baker. Il canto fermo ambrosiano è il canto liturgico più antico, l’innovazione rispetto al canto romano precedente è quello di utilizzare versetti semplici comprensibili ai fedeli, e non tratti dai salmi, e dall’introduzione dell’antifona per due cori uno maschile l’altro femminile e di bambini, viene anche eliminata la voce solista, per favorire la partecipazione dei fedeli.
Ambrogio, già vescovo di Milano (Treviri 339 (o 340) – Milano 397) in una lettera alla sorella Marcellina racconta di come ebbe il “presentimento” del luogo in cui si trovassero i corpi di questi due santi allora sconosciuti, dopo il ritrovamento, delle persone anziane affermarono vagamente di ricordarne il martirio e di ricordare i nomi scritti sulle lapidi. Secondo la tradizione sono gemelli, figli di San Vitale (quello a cui è intitolata la basilica di Ravenna) e di santa Valeria, Protaso è stato decapitato, Gervaso è morto in seguito alla fustigazione fino alla morte con un flagello annodato con pezzi di piombo. Questi ritrovamenti consentirono ad Ambrogio di aumentare il suo prestigio ed il consenso popolare, e di vincere l’eresia Ariana, che allora divideva in due i fedeli di Milano.
In epoca carolingia, nell’835 il vescovo di Milano Angilberto II pone i resti di tutti e tre i santi in un sarcofago di porfido egiziano, del tipo solitamente usato per gli imperatori e i loro familiari, e lo colloca sotto il nuovo altare d’oro, tutt’ora in uso, che aveva commissionato all’orafo Volvinio, decorato con le storie di Cristo in parallelo con le storie di Ambrogio, e lì rimane finché non viene ritrovato nel 1864.

Nel 1871 venne effettuata un’analisi scientifica sugli scheletri, a titolo sostanzialmente conservativo, sono stati separati i tre scheletri e ricomposti attraverso dei giunti metallici, quindi collocati nella cripta dove sono tuttora, i resti sono stati attribuiti ai santi Ambrogio, Gervaso e Protaso.
Nell’estate di quest’anno sono state ripetute delle nuove analisi per verificare la conservazione, e anche di tipo medico legale per verificare l’attribuzione e ricavarne informazioni sul tipo di vita che conducevano e sulle cause della morte.
Sono state fatte anche delle TAC per costruire un modello estremamente preciso e dettagliato delle ossa che possono così essere studiate con immagini digitali senza ricorrere all’originale.

Ambrogio è una persona di circa 65 anni, alta 1,68 metri, presenta un’asimmetria nelle ossa degli zigomi, che è in accordo con il ritratto a mosaico del Sacello di San Vittore, che è del V secolo, ma si ritiene una copia del ritratto ufficiale del santo andato perduto. Però il ritratto mostra un volto con una deformazione arcuata a destra, il cranio a sinistra. Presenta anche una frattura mal saldata ad una clavicola, in accordo con una lettera alla sorella Marcellina, nella quale dice di soffrire sempre di dolori alla spalla.
In quel tempo l’altezza media degli uomini era di circa 1,65 metri, 1,60 per le donne, la vita media era di 45 anni, solo 30 per le donne.


Gli altri due santi hanno un’età di circa 23-28 anni, hanno entrambi una statura di 1,80 metri, molto al di sopra della media per quel periodo, inoltre hanno lo stesso difetto congenito alle vertebre che procurava un restringimento dei vasi sanguigni, questo può essere considerato un indizio di familiarità, i crani però hanno una conformazione molto diversa tra loro, ma secondo i medici legali non è incompatibile con la loro gemellarità. Sono in corso analisi dei DNA, che potrebbero stabilire o negare la parentela. Alcune vertebre del cranio attribuito a Protaso hanno una frattura da taglio compatibile con la decapitazione.
Altre informazioni, in particolare un’intervista alla dr.ssa Cristina Cattaneo dell’istituto di medicina legale dell’università di Milano, si possono trovare al link:
Tutte queste informazioni le ho riportate come introduzione a due ricordi diciamo “culturali” che ho sulla figura di Ambrogio, ed è qui volevo arrivare, perché mostrano chiaramente che tipo di persona fosse.
Il primo è un brano delle “Confessioni” di Agostino, nel quale il filosofo racconta con meraviglia di come Ambrogio leggesse senza parlare, una cosa straordinaria, che nessuno faceva, perché nessuno possedeva libri, gli studiosi potevano solo ascoltarne la lettura nelle università. Ambrogio invece aveva per il suo ruolo il privilegio di poter accedere direttamente ai libri:
“Quando leggeva i suoi occhi esploravano la pagina e il suo cuore coglieva il significato, ma la sua voce taceva e la sua lingua era ferma. Chiunque poteva avvicinarlo liberamente e i visitatori di solito non venivano annunciati, cosicché spesso quando ci recavamo da lui lo trovavamo immerso nella lettura, in silenzio, perché non leggeva mai a voce alta.”
L’altro, che sembra scritto oggi, è il commento che Ambrogio fa al racconto biblico di Nabot e Acab (Re 1 Capitolo 21:1-29) Nabot aveva una vigna ereditata dai genitori, il re Acab la desiderava, Nabot non voleva cederla, e allora Acab lo fece uccidere.
Scive Ambrogio nell’ opera De Nabuthae historia:
Nabot possedeva una vigna vicino al palazzo di Acab di Samaria…” (1 Re 21).
La storia di Nabot è antica per età, ma nel costume è quotidiana.
Quale ricco, infatti, non desidera ogni giorno avidamente i beni altrui?
Quale potente non pretende di cacciare via il povero dal suo piccolo podere e di togliere chi non ha mezzi dalla terra dei padri?
Chi è mai contento di quello che ha?
Quale ricco non sente accendersi l’animo dal desiderio di possedere i beni del vicino?
Sicché di Acab non ne è nato uno solo; e ciò che è peggio, Acab nasce ogni giorno e non muore mai a questo mondo.
Appena ne scompare uno, ne vengono fuori altri, in gran numero, e sono più quelli che rubano di quelli che accettano di rimetterci.
Ma neppure Nabot è l’unico povero che sia stato ucciso; ogni giorno un Nabot è prostrato, ogni giorno un povero viene ucciso.
Angosciata da questo timore la gente si ritira dalle sue terre e il povero, carico del suo pegno d’amore, emigra con i figli, mentre la moglie lo segue in lacrime, come se accompagnasse il marito al sepolcro.
Fin dove volete arrivare, o ricchi, con le vostre assurde cupidigie?
Pensate di rimanere soli ad abitare la terra?
Perché scacciate chi è compartecipe ai beni della natura e rivendicate per voi soli il possesso dei beni naturali?
La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri: perché voi ricchi vi arrogate il diritto di proprietà del suolo?
INTRODUZIONE
mons. Carlo Faccendini, Abate-Parroco
modera Carlo Capponi, Ufficio Beni culturali, Diocesi di Milano
Preludio in canto ambrosiano
Concetus monodicus
Dirige M° Riccardo Zoja
ASPETTI STORICI
Nequimus esse martyres, sed repperimus martyres
Le reliquie di Ambrogio, Gervaso e Protaso nelle fonti antiche e medievali
Marco Petoletti, Università cattolica, Milano
Angilbertus ovans
L’altare d’oro e la memoria di Ambrogio in età carolingia
Miriam Rita Tessera, Archivio Capitolare di sant’Ambrogio
Il sarcofago di porfido
Fabrizio Slavazzi, Università degli studi di Milano
INDAGINI SCIENTIFICHE SULLE RELIQUIE
Introduzione: significato e strategia dello studio dei resti scheletrici
Cristina Cattaneo, Università degli Studi di Milano
Reliquie multispettrali: i santi alla luce della fisica
Nicola Ludwig, Università degli Studi di Milano
I duemila anni degli scheletri dei Santi raccontati dall’analisi chimica: da ori, porpora e profumi agli ultimi restauri
Silvia Bruni, Università degli Studi di Milano
Valutazione del rischio biologico
Francesca Cappitelli, Università degli Studi di Milano
Diversi approcci alla conservazione: da rigidi fili d’ argento alla flessibilità del nylon
Davide Porta, Università degli Studi di Milano
Guardare dentro: lo studio radiologico dei resti ossei
Grazia Pozzi, Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano
Non solo cibo: i resti vegetali nel tartaro dentale
Marco Caccianiga, Università degli Studi di Milano
Analisi antropologiche e patologiche: due giovani e un uomo dal volto asimmetrico si rivelano
Cristina Cattaneo, Università degli Studi di Milano
Un excursus affascinante. Il mondo così come ancora va, quante verità negli scritti di Ambrogio.
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“reliquie multispettrali” è, in effetti, accostamento di parole molto evocativo.
per il resto, come ci insegna il sempre lucidissimo GB Vico riguardo ai corsi e ricorsi della storia, passano i millenni, cambiano situazioni e momenti storici, ma gli esseri umani sono sempre gli stessi e vogliono le stesse cose…
grazie come sempre per gli spunti e le informazioni.
: )
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