Franco Lombini e Mario Tadiello: Apriti cielo! Confessioni minime di due steward al servizio di Sua Maestà

Rullaggio
“Ma guarda come sono eleganti. Come sono belli. Che divisa immacolata! È uno spettacolo vederli sfilare per l’aeroporto. Mi basta guardarli per rilassarmi.”
Forse non mi hanno mai visto dopo il regalino di una passeggera che si è dimenticata di prendere le pastiglie per il mal d’aria.
“Ma i piloti, si sposano con le hostess? No, perché altrimenti come fanno? Son sempre in giro.”
Quindi agli steward restano le fate?
“Alla fine, dai, sono tutti camerieri per aria.”
Non mi risulta che al Ritz ci siano manette, letti a castello, forcipi e kamikaze, ma se sbaglio ditemelo che provo a cambiare carriera.
“Loro non ce l’hanno mica una casa, son sempre in volo. Un affitto sarebbe sprecato e comprarla non gli conviene di certo. Diventerebbe vecchia senza usarla. Non so neanche se gli darebbero un mutuo…”
Non vedo l’ora che arrivi l’ultima rata.
“Pensa che non possono nemmeno donare gli organi .”
Se è per quello nemmeno il sangue.
“Ma con i figli come fanno?”
Davvero. Piegarli in valigia è un gran problema.Assistenti di volo.
Quante storie hanno intessuto sul nostro conto!
Quante di queste sono frutto della sadica fantasia dei passeggeri o di aspiranti aviatori e quante invece sono veritiere o anche solo vagamente simili alla realtà?
È giunta la resa dei conti.
La cordicella del giubbotto di salvataggio ce l’abbiamo in mano noi. Bisogna riempire un vuoto. “Il vuoto d’aria” di cui non si è mai parlato.
Ma chi sono e cosa fanno i passeggeri a bordo di un volo transoceanico? E perché lo fanno? E se a quelle altitudini sanno ancora quello che fanno, ci sarà qualcuno che li perdonerà?
Una cosa è certa. Nell’alto dei cieli, la realtà supera di gran lunga la più fervida delle fantasie terrene e questa volta non lo apprezzerete più attraverso i racconti distratti e oziosi dei viaggiatori – re e regine per una notte – al bar, bensì dalla bocca ogni giorno sempre più sbalordita di due steward ancora operativi sulle tratte intercontinentali.
Allacciate dunque le cinture di sicurezza e preparatevi al decollo.
Si parte per un viaggio attorno al mondo in 50 storie minime dove l’unica morale è l’eterea follia dettata dall’ipossia, dove tutto è permesso, dove nessuno conosce nessuno, nell’aria di nessuno, dove domani è un altro giorno, dove l’unico limite è il cielo e dove noi, se Dio vuole, sopravvivremo per continuare a raccontarvele.

#1

Top 10
E anche in questo volo il fenomeno delle eccedenze di prenotazione (overbooking) colpisce ancora. Dei 54 passeggeri in Business Class, 20 sono clienti a prezzo pieno, mentre agli altri è stato effettuato il passaggio alla classe superiore, (upgrade) sono stati staccati troppi biglietti in economica. Non sarebbe un grande problema, non fosse che molti dei miracolati hanno aspettative irrealistiche… futuristiche e… diciamolo pure… anche un po’ compulsive.
Come se noi non sapessimo che sono businessari per caso.
La lista passeggeri riporta il profilo di ogni cliente… sappiamo anche se vanno tenute le debite distanze per via dell’alito cattivo… i colleghi di terra sono davvero spietati nella valutazione.
Comunque, nella tratta Miami-Londra ecco la top ten (in ordine sparso) delle dieci perle di saggezza dei passeggeri in business per caso.
Sbizzarritevi pure a creare la vostra classifica personale!

Pronti? Via.

  1. «Posso avere un bicchiere di champagne blu?»

«Signora, abbiamo il Taittinger oppure lo Champagne rosé, quello blu non ce l’abbiamo.»
«Ah, io l’ho visto in un film, pensavo che l’aveste.»
Risposta pensata: Avrà visto l’aereo più pazzo del mondo?

  1. «Come si accende la luce in bagno?»

Il guardaroba non è illuminato. Esci che ti fai male e non c’è nemmeno lo sciacquone!

  1. «Vorrei un bicchiere di champagne rosé e voglio fare come i francesi, mi ci metteresti due cubetti di ghiaccio e un grano di pepe?»

Avrà visitato un territorio d’oltremare a me sconosciuto.

  1. «Vorremmo due bicchieri d’acqua bollente, poi la fai raffreddare e ce la dai.»

«Posso darvela direttamente dalla bottiglia a temperatura ambiente?»
«No, siamo indiani, siamo abituati all’acqua pura dell’Himalaya, ce l’hai un termometro?»
Riflessione interiore: come mai tutte le volte che vado in India solo al pensiero di aprire il rubinetto mi prende la diarrea? Sarà per l’acqua pura dell’Himalaya?

  1. «Quando viene il capitano a farci visita?»

Non siamo su una nave da crociera. Gli unici momenti in cui si vede il capitano passeggiare per i corridoi dell’aeromobile è quando non ha digerito bene e non vuole rendere l’aria irrespirabile in cabina di pilotaggio per il suo collega.
Consigli spassionati: non rivolgetegli la parola, lasciatelo passare il più in fretta possibile.

  1. «Io non prendo niente.»

«Ma no tesoro, prendi qualcosa, su.»
«No, non ho sete.»
«Ma dai, quando ti ricapiterà più un’occasione del genere?»
«Hai ragione, ordina tu.»
«Una coca cola con ghiaccio e limone.»
Le occasioni della vita: una coca cola in Business ha tutto un altro sapore, concordo.

  1. «Questa è la zona “arcobaleno?»

«In che senso?»
«20 E ed F. Anche i nostri amici gay avevano questi sedili nel loro viaggio a Hong Kong, si sta benissimo, e poi c’è molta privacy, grazie.»
Oddio, con quegli sguardi da concepimento, questi due chissà che intenzioni hanno.

  1. «Per me una M, le ciabatte ce le ho già.»

Malinformata: il pigiama lo diamo solo in Prima. Le ciabatte te le porti ancor prima di sapere che ti verrà fatto l’upgrade? E se poi non si abbinano?

  1. «Se ha finito con l’antipasto le porto via il piatto.»

«Ah, io ho già mangiato anche il crème caramel… perché c’era qualcos’altro?»
«Sì. c’è il pasto caldo.»
«Ok, allora portami il manzo però poi vorrei un altro dolce sennò mi sembra di fare le cose a rovescio.»
Traduzione: non fai prima a dirmi che vuoi il bis di dolci?

  1. «Qual è il bottone per fare girare la poltrona letto?»

Non siamo a “The Voice” e io non sono la Carrà.

#2

Giochi ortodossi

Volo Newark-Londra, imbarco.

«Siamo in 40, tutti ortodossi, i pasti kosher li avete?»
Non li negheremmo nemmeno ai 40 ladroni.
«Sì, sì, sono tutti Glatt, non preoccupatevi.»
«Andiamo!» e con un cenno della mano ordina al suo popolo di imbarcarsi sull’aereo verso i pasti promessi.
Salgono a bordo una masnada di bambini con cernecchi e portacappelli, vestiti omino Bialetti e donne in abiti tinta unita, scarpe terra a terra, calze coprenti con la riga che evidenzia la vena varicosa post gravidanza e gonna a pieghe da suora laica, rigorosamente in Trevira.  Chiudiamo l’Arca, si parte, parola di Yaveh.

Qualche ora dopo…

«Ciao, come ti chiami?» mi domandano due bimbe scocciate del gruppo davidico.
«Franco e siccome so che le seconda domanda sarà se voglio giocare con voi, vi dico subito di sì perché dormono tutti e mi sto annoiando a morte.»
«Yeah! Allora andiamo a prendere le parrucche delle nostre mamme, aspetta qui!»
E dove avrei potuto nascondermi?  Le fanciulle tornano saltellanti con ben cinque parrucche sfilate dai portaoggetti a forma di candelabro che le madri addormentate avevano posizionato sui tavolinetti per le culle in cabina.

«Ma siete sicure che le vostre mamme vogliono che giochiamo con queste?» domando preoccupato.
«Sì, abbiamo il permesso, noi non abbiamo le bambole, però possiamo fare quello che ci pare con queste.»
«Ma perché le vostre mamme si tolgono le parrucche in aereo?» chiedo.
«La mia mamma dice che lo fa perché le piace il turbante.»
«La mia invece dice che sennò non riesce a dormire.»
«Aspettate un attimo che vado in cabina a controllare.»
In effetti sono tutte addormentate con dei bellissimi copricapi colorati, quasi quasi io gioco.
Torno in cucina, nel frattempo sono venuti anche i fratelli riccioloni e un’altra bambina curiosona.
«Dai, allora a che gioco giochiamo?»
«Allora, tu fai il parrucchiere, noi pettiniamo le parrucche, poi vado a prendere i candelabri e le mettiamo lì sopra, tu devi indovinare di chi sono, se vuoi puoi fargli anche uno shampoo.»
«Ci sto, però non barate.»
«Ma no, quella bionda non è di Sarah, è di Ruth, non capisci proprio niente!»
No, in effetti non ho mai giocato a parrucche, anche a Identikit sono sempre stato una schiappa.

Dlin, dlin, dlin!
 
«Bambine, qua cominciano a suonare troppe campanelle, io bisogna che faccia un giro di succhi di frutta, perché non cambiamo gioco? Vi va di fare le hostess, se volete potete mettervi anche la parrucca, mi fate le tre file di dietro, ora vi preparo il vassoio.»
«Sììììììììì!»
«Io non vengo» fa la bambina curiosa. «Se volete sto qui e guardo le parrucche, la mia mamma non ce l’ha. Io non ho mai giocato a pettinarle, di solito pettino le bambole che mi regalano per Natale, sono molto più belle!»
Oddio, adesso si mettono a litigare, me lo sento.
«Natale??? Guarda che noi non abbiamo mica bisogno dei regali di Natale per divertirci.»
«Perché a voi non ve li porta i regali Babbo Natale?»
«No, e allora?»
«Bambine, andiamo, lasciamo qui le parrucche, le guarda Sue, vero?»
Vado in cabina per il giro dei succhi, le tre israelite mi fanno le ultime tre file, i fratelli rimangono in cucina a giocare a “Biblical”, una specie di Milionario per pochi eletti e Sue continua a pettinare le parrucche come fossero bambole di Natale. Perfetto, si può vivere in armonia dopo tutto.
Torniamo in cucina.
«Franco, il signore nell’ultima fila mi ha detto che faccio troppo casino e se posso portargli subito un “lesbian tea”, che cos’è?»
«Ah sì, ti ha chiesto un té lesbico? Aspetta, glielo preparo subito.»
«Eccolo, portaglielo» dico a Esther dandole in mano un tè con latte e limone da portare al simpaticone.
«Allora, chi vince a “Biblical”?»
«Io! Lui non sa neanche quanti anni aveva Matusalemme!»
«E lui allora, che non si ricorda più se i comandamenti ebraici sono 634 o 645?»
«Be’, dai, siete bravissimi, se vi porto le cuffie della Business riuscite a concentrarvi meglio?»
Cerco di tenerli impegnati con il quizzone dell’aldilà, devo assicurarmi che non danneggino le parrucche delle madri.
«In una c’è una gomma da masticare!» dichiara radiosa Sue.
Forse non ho capito bene… quella stronzetta avrebbe appiccicato una cicca nei capelli delle ortodosse???
«No, adesso la mamma si arrabbia, perché io ci posso giocare, però se succede qualcosa è colpa mia e mi mette in punizione.»
«Ok, il gioco è bello quando è corto, dimmi in quale l’hai appiccicata!»
«Noooo, sei o non sei un parrucchiere?»
Che palle! Adesso devo mettermi lì a spulciare tutti i capelli per trovare la gomma prima che si sveglino le madri.
«Aiutatemi, dai. Tu Sue torna a sedere, con te non giochiamo più e poi dico a tua madre che quest’anno ti saltano i regali di Natale.»
«Infatti» fa Esther, «ti sta bene, così sei senza parrucche e senza bambole!»
«Dai, bambine, cercate di trovare sta gomma in fretta, forza!»
«Trovata! È qui! Ma non si stacca!»
Per forza, ma come cavolo aveva fatto a spiaccicargliela così. Non c’è tempo da perdere, devo prendere le forbici dalla valigetta del pronto soccorso e darci un taglio.
«Rachel, è l’unico modo, dobbiamo tagliare una ciocca, ma non dirlo alla mamma, tanto non se ne accorge, mi raccomando.»
«Va bene, mi fido, sei tu il parrucchiere.»

Zac!

«Adesso tornate a sedere e riporte “i giochi” in cabina e speriamo che non se ne accorga nessuno.»

20 minuti all’atterraggio.

Controllo che in cabina sia tutto a posto, lancio un’occhiataccia a Sue che stringe forte la sua mamma con la faccia innocente. Nel frattempo le sparruccate si tolgono i turbanti e si ricongiungono alla peluria finta, per la gioia dei loro mariti che le desiderano solo se glabre e pure.
«Mamma» dice Rachel «lo sai che Franco fa il parrucchiere?»
«Ah, sì? Be’ allora potrebbe darmi una sistemata alla parrucca.»
Rachel si gira e con la mano davanti alla bocca, lasciando una fessura tra il medio e l’anulare mi sussurra: «Si vede il buco di dietro».
«E poi mi ha insegnato anche a fare il “lesbian tea”.»
«Cosa???»
Si è fatto tardi, forse è meglio scendere. Se poi si accorge anche dell’ammanco…

***

Franco Lombini è nato e cresciuto a Forlì. Dopo la laurea in Interpretariato e Traduzione si trasferisce in Inghilterra dove ha abitato per oltre vent’anni conseguendo un’altra laurea in Studi Classici e un Master in Traduzione Letteraria. Alla professione di assistente di volo, oggi affianca anche quella di traduttore editoriale.

Mario Tadiello, classe 1968, nasce a Bonaldo (VR). Laureato in Interpretariato e Traduzione ha vissuto in Inghilterra per venticinque anni, ottenendo un’altra laurea in Studi Classici e un Master in Traduzione Letteraria. Da oltre vent’anni solca i cieli al servizio di Sua Maestà e traduce per l’editoria.

 

“Una cosa è certa. Nell’alto dei cieli, la realtà supera di gran lunga la più fervida delle fantasie.” Vero, verissimo, e non potrebbe essere altrimenti, visto che dall’alto la prospettiva si allarga, noi ci rimpiccioliamo, regrediamo verso regioni remote e lontane, come cullati – lassù la morte si sente di più – in un grembo aereometallico. Ma è anche vero, verissimo, riprendendo Paul Auster, che le storie succedono solo a chi le sa raccontare. E qui, signori e signore, siamo di fronte a due grandi e fini letterati, conosciuti e apprezzati traduttori di libri importanti che vogliono cambiare il mondo, e che da anni ci deliziano con queste sublimi storie minime, ora raccolte in un libro  selezionato da Bookabook e in fase di crowdfunding.
Abele Longo

 

Per pre-ordinare il libro:

Apriti cielo! Confessioni minime di due steward al servizio di Sua Maestà


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