Simone Cocco: CHE TIPO DI VERITÀ inediti

alla rete

*

CHE TIPO DI VERITÀ

Inciampa.
Insisti.
Inciampa, insisti.
Guarda: stai in piedi sui tuoi piedi!
Quanto c’è voluto, un annetto?
Ok, ce l’hai fatta.

Albero. Balena.
Casa. Dondolo. Elefante.
Continua, continua, fino alla zeta (zattera? Giusto!).
Vedi, ora stai leggendo e scrivendo
Con occhi e mani indovini.
È stata dura: ma che suoni tra i pensieri, e che magia!

Sguardo
Cerca sguardo.
Voglia spacca cuor di pelle, voglia d’un bacio.
Lei cammina, e anche tu.
Lei parla, e scrive nell’aria. E anche tu.
Che incastro, che due, e che roba d’al di là. Da qua.

Veloce riepilogo:
Hai imparato a camminare.
Hai scoperto la via del suono, e del linguaggio.
Hai verificato che – bocca a bocca –
Ci si può scambiare il sogno in un respiro.
Cavolo, e dire che siamo appena all’inizio!

All’inizio del cammino, già.
Ricorda di camminare sempre
Per andare in cerca di nuovi suoni di pensiero,
Nuovi sguardi, nuove tracce.
Non potrai arrivare alle stelle, no. O non a piedi.
Ma potrai avvicinarle nel buio. Entraci, non aver paura.

Gli anni bruceranno in fretta,
O forse no. Non badarci più di tanto, scaldati.
Il tempo è logica ad orologeria,
Sa contare solo fino a un certo.
I numeri, ecco. Stavamo dimenticando.
I numeri: usali più che altro per sottrarre. Somma poco, vai leggero.

Ci penserà la vita ad aggiungerti dei pesi.
Perderai persone – per morte interna o esterna, è lo stesso,
Succederà comunque – perderai dei treni e,
Talvolta, proprio quando credevi d’essere “arrivato”,
Ti renderai conto che neppure eri partito!
Sceglierai: è così che imparerai a saper perdere.

Cammina ancora.
E leggi, come fosse ogni volta la prima.
Leggi di chi camminò in lungo e in largo ben prima di te.
Unisci i fili del passato all’adesso, e dacci dentro.
Non credere. Usa gli occhi. Allena il corpo, se vuoi,
Ma ancor più l’intuito. Non credere mai da viste altrui: filtra, pensa.

Pensa, scegli, e dacci dentro.
Piangi di nascosto a tutti,
Fuorché ai tuoi demoni
O a qualche vero amico:
I primi son tanti. I secondi beh, molti, molti di meno.
Non svilire il tuo dolore: o paghi per amore, o vinci per menzogna.

Inciampa.
Insisti.
Solo un imbecille non cade mai.
Cadi rincorrendo il meglio del tuo cuore, però.
Evita di farlo per inseguir carote di “successo”:
Non sei un coniglio! E, il tuo successo, non potrà esser

Null’altro che il tentar di scoprir
Che tipo di verità toccasse a te stesso.
Cammina per questo.
Inciampa per questo.
Vivi su tutto, per questo.
Goditela tutta, goditi ogni goccia.

Dacci dentro.

*

BUONA FESTA DEL CONTRO DESTINO

È sempre
Nel periodo di Natale
Che ricordo con un certo piacere
Quella breve parte di mia vita
In cui fui figlio di mio padre,
Prima di ri-mettermi al mondo
Da me.

Era bello
Sedere a tavola
Con la vista puntata
Sulle lucine dell’albero
E sognare che il mondo
Da quel momento
Sarebbe stato migliore.

Sgualcito presto quel sogno
Fu soprattutto grazie a mio padre
Che m’innamorai dei natali nuovi, là fuori:
Qualcosa di me si staccò, si alzò
Da quella tavola di non poche persone
Costrette a stare insieme
Per motivi che non m’affezionavano affatto.

Mio padre
Era un uomo solo, sì, ma
Con moglie e sei figli al seguito.
Di sua moglie e degli altri 5 non ricordo quasi nulla,
Se non che nei miei occhi ci entrarono forte.
Un po’ come un punto di vista con messa a fuoco,
Di gruppo, sul cattivo di turno (il padre/marito, per esempio).

Di sera vedevo
Zorro alla tivù
Ed era davvero magnifico
Quel “buono” con cavallo e mantello nero.
Ma, a parte lui,
I buoni riuniti, già da allora, mi sapevano
Di ritualità per anime tramontate per evitar l’aurora.

Dunque intuii
Che quel tipo di comunità
Non l’avrei mai replicata, no no. No no no.
Sarei stato padre a nessuno (o forse giusto a un gatto)
E figlio – o fratello – sempre un estraneo per volta.
“Marito” esclusivamente di donne mai spose e,
Possibilmente, orfane per voglie d’orgasmo anti colpa.

Dell’amore
Immagino rimanga l’amore.
Non credo infatti esista altra mancanza
All’infuori del non poter amare,
O almeno così, a distanza di molti e vari me,
La vedo – sento da qui.
Il dolore non è mai nel non “avere”,

Ma nel suo preciso opposto semmai:
Nel dover “avere” – per sangue costrittivo,
Per regoletta da grembiule, o croci da “che bravo!” –
Un’appartenenza di stampo mafioso,
Per veder riconosciuto
L’amore che ognuno di suo
Certamente già sarebbe, fuor dall’equivoco “mio/tuo”.

Così , buona festa del contro destino
A tutti gli esorcisti!
E a coloro
Che – da posseduti nati, e poi possessori
Allungati in età sentimental “civile” –
S’arrischiarono sulla via del liberar se stessi dagli altri.
Riconoscendo immancabilmente a chiunque

Il medesimo
Onere & onor d’amore.

*

UN GIORNO FORSE RIVIVRÒ

Tre anni fa
Potevi avere un tumore terminale,
Un’età compresa tra gli 80 e i 100, più meno.
Ed era certo, assodato: saresti morto
Comunque di Bubu7te19.

Uno, due anni dopo,
Potevi essere un atleta,
Avere un’età compresa tra i 9 e i 40,
Ma sarebbe stato regolar morir di botto,
Perché è così che sempre van le cose. Già.

Oggi è un fatto logico, statistico:
Un cammello ci passa eccome
Dalla cruna di un ago.
Per tre volte buone, almeno:
“Sulla quarta mh, non mi fotti”, pensa. Ma non lo dice. Al punturaio.

Gli aghi in ogni caso
Non è che c’entrino poi tanto,
Coi deliri d’un cammello, con le morti da camion,
O con i malori da fulmini interni improvvisi.
Spesso dipende dalle pizze. O da certi gerani col vizio del contante.

Tornando alla cruna,
Al ricco parecchio (quello che da solo vale milioni di vite)
Non so se sia richiesto un pass verdognolo –
Per entrare nel regno dei cieli, delle terre, e dei mari –
Ma sicuro è richiesto a te. Per dimostrar che non ungi e ti ripungi.

È pur vero che esistono
Anche taluni dromedari che, dentro le gobbe,
Potrebbero nascondere sacche virulente di fake news.
Nessun problema: accendi la tv, leggi il giornale,
E in un attimo: voilà, l’esperta verità! Ok? Ok? Tranquilla, baby.

Ricordo che nel sussidiario di V elementare
Una paginetta era dedicata ai medici eroi.
Sai quelli che, specie durante la seconda guerra mondiale,
Erano capaci di sfidare la sorte pur di soccorrere
Il soldatino rimasto a terra oltre la trincea?

Durante quella lezioncina,
A Luca – il mio compagno di banco –
Venne da piangere: era un tipo sensibile.
Io, che così sensibile non ero, provai a consolarlo:
Dai, puoi farci niente. “Lo so, ma non sopporto la cattiveria”.

Luca non solo era più sensibile di me,
Ma pure assai più dritto:
Oggi fa il medico di base, riceve solo
Per fotografia e fa ricette a mezzo segretaria.
Per via della guerra al bubu7te19, dice lui. Come no, dico io.

Stanotte ho fatto un sogno a più ruoli.
Prima ero un missile di pace in missione diplomatica.
Poi ero un calciatore siglato Lgbt, vincevo i mondiali,
In un paese in cui non si usa la parola frocio, no,
Si fa prima: si usa la prigione. Ero un coerente di successo. Occidentale.

Stanotte ho avuto un incubo.
Ho creduto solo a quello che m’aveva già vissuto.
Ho dubitato su tutto ciò che mi venisse venduto per certo.
E son rimasto solo. Come un cammello in servizio balneare.
E tutti gli amici erano Luca. E tutti i Luca mi erano nemici.

Poi mi son svegliato.
Ed era tutto vero.
Ma non solo da tre anni. Da sempre. Da prima.
Da mamma, da sorella, da Luca. Da te.
Avrei voluto morire.

Ma poi mi sono alzato, ancora.
Come se vivere fosse l’ultimo, possibile, dovere a piacere.
Al di là dei sogni, al di là degli incubi.
Un giorno, certo morirò. Ma non adesso.
Un giorno, forse rivivrò. In te, sapendo questo.

*

PROVA A NON FAR MALE, A NIENTE E NESSUNO

Siamo
Una specie d’amore
Più larga dell’infinito.

Costretti in un corpo
Da un orlo di tempo, spacciato
Per olimpiadi di salto in lungo.

Il tutto che ci sfugga
Lo battezziamo “assurdo”
E, il quasi nulla che s’impari, “scienza”.

Siamo
Ricordi venuti dall’acqua
Danzati da suoni interni, già felici,

Eppure
Chiudiamo noi stessi
In bottigliette di plastica

Per berci l’un altro –
Frizzanti o naturali, a seconda dei gusti –
In cambio di gioie da raccolta punti.

Vendiamo passato.
Compriamo futuro.
Chiamiamo progresso

Ogni paura d’adesso:
Luci che abbassan gli occhi
Per non dar confidenza alle ombre.

Siamo
Una specie d’amore
Più stellata del cielo

Aggiornati in tante mappe bisogno/tesoro
Da urgenze di sopraffazione spasmodica:
Gravità, in cerca di leggi scritte dai piedi.

Lo sanno i gatti più di noi, chi siamo.
Lo sanno più i fiori, le farfalle, o gli anelli di Saturno.
Le tombe anche, lo sanno:

“Qui dentro c’è nessuno.
Che piangi o speri a fare,
Sul meglio del bello a venire?”.

Siamo
Viaggi immensi
Accorciati da noi stessi,

Per esigenze di controllo
Sull’identità, sugli shampii e sul bagaglio.
Ma solo a questo giro, non buttarti giù.

Per intanto
Fatti forza, forza:
Sii più fragile che puoi.

Prova a non far male, a niente
E nessuno.
E per nessun motivo.

Simone Cocco

*

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