Dambudzo Marechera – Il cimitero della mente (Giancarlo Locarno)

Dambudzo Marechera

Dambudzo Marechera (1952-1987) nasce nello Zimbawe quando ancora si chiamava Rhodesia ed era uno stato razzista. Di famiglia umile, il padre lavorava all’obitorio, la madre una domestica, studia alla St Augustine’s High School Penhalonga, quindi all’università della Rhodesia e al New College di Oxford, da entrambe è stato poi espulso, veniva considerato uno studente molto brillante ma incapace di sottostare a qualsiasi disciplina e anche rissoso. Nel 1977 pubblica  “ La casa della fame”, in italiano è edita da “Racconti Editore”. Splendido romanzo breve, una scrittura nervosa e una lingua ricca di metafore originali  che si succedono senza concedere respiro. La vita del ghetto di una Rhodesia ancora razzista, la contraddizione, il problema della lingua in un paese che ha come modello di riferimento la cultura inglese e nel quotidiano una lingua africana, e poi ancora il sesso senza gioia, pestaggi e violenze del tutto inutili e ingiustificate. Una grande scrittura e una lingua particolarmente ricca che vale la pena di ascoltare.

E’ ritornato a casa nel 1982, nel nuovo stato dello Zimbawe, dove conduce una vita precaria e senza fissa dimora, isolandosi sempre più dagli amici e dalla famiglia, fino alla morte nel 1987 a soli 35 anni.

Al seguente indirizzo dell’Università Humboldt di Berlino, si trova una copia del dattiloscritto originale del volume di poesie “Cemetery of mind”, dal quale ne ho scelte quattro che presento nella mia traduzione.

MarecheraArchive – The Cemetery Of Mind: Sonnets And Other Poems (hu-berlin.de)





Quando l’amore è morto

Qui  compare qualcuno che in silenzio
urla mille tormenti;
Uno che al di là delle sue frasi raffinate 
lancia spietate bestemmie al cielo;
uno dai passi lenti in direzione dell’altare
che fa più polvere di una mandria di bufali in fuga
il soffice palmo sudato nella limpida stretta di mano
nasconde  i potenti e pelosi artigli del grizzly.
Dispone lo specchio impassibile negando il riflesso del tutto.
Il potere è appiccicoso da tutti quei secoli di sonno
è anemico, per la mancanza di disciplina ferrea
è pallido, per anni ha mangiato solo slogan politici.
E la poesia costernata si incunea nella porta tra Europa e Africa,
a  cogliere i fiori delle sue stanze - labbra. 


When love’s perished

Here comes one who in silence
Howled a thousand torments;
One who behind polite phrase
Screamed terrible curses to the sky;
one who slow measured pace to the altar
passed more dust then buffalo stampeding
the soft sweaty palm in limpid handshake
hid a grizzly bear’s hairy powerful claws.
Put the mirror impassively denied it all.
The power, sticky with centuries’ sleep
And anaemic from lack of iron discipline
And pallid from years’ diet of political slogans
And wedged under the door between Europe and Africa,
the poem, in costernation, began to pick its stanza –lips.


Il cimitero nella mente

La cucina è un’intricata e fetida foresta
vi traccio un sentiero verso la piscina bollente del lavandino;
coccodrilli depravati mi guardano di sguincio e grugniscono ai miei approcci amorosi;
dalle profondità spumeggianti di furiose passioni
improvvisamente, il sole di magnesio si infiamma in superficie.
I tovaglioli di Platone si avvolgono attorno al mio cervello,
gli scarafaggi come animali estinti che rinascono
cascano dalle mie orecchie, occhi, naso, culo, giù nel suolo primordiale.
Ritorno ai fantasmi del soggiorno, ai loro viziosi
silenzi avvolti nel chiarore di abat-jour in pelle umana.
Le loro onniscienti occhiate ruotano senza sosta intorno a me
per darmi il benvenuto. Mi spoglio della mia sbrindellata mortalità
e con un sorrisino storto e sospiroso, sprofondo nel suo seno fantasmatico:
Perché, oh perché mia Amelia! - Non in quello di qualche puttana malata della città. 


The Cemetery in the Mind

In the kitchen a tangled fetid forest
Through wich i hack a path to the sink’s simmering pool;
Depraved cocodiles leer and grunt at my amorous approach;
and from the frothing depths of passion’s fury
suddenly, all above, the magnesium sun bursts into flames.
Plato’s teatowells wrap themselves around my brain,
the coackroaches like extincts suddenly resurrected
flop out of my ears, eyes,nose,arse, onto the primeval floor.
I return to the bedsitting-room ghosts, their lecherous
Silence wrapped in the bright humanskin lampshade,
their all-knowing glances swivelling to welcome me-
whitout pause. I strip off my tattered mortality
and whit a crooked smilesigh, sink onto her phantom bosom:
why o why my Amelia! – and not one of those diseased city whores.


Il verme commestibile sullo sgabello del bar

Sono contro tutto
contro la guerra e contro quelli
contro la guerra. Contro ogni cosa che diminuisce
l’impulso cieco degli individui.
Devo scuotere giù le pesche 
dai poemi estivi, rastrellarne la luminosità
matura, poi sarà la polvere e il piacere. E’ ora di pranzo
una novità: Passami l’olio di ricino, Alice. 


The Bar-Stool Edible Worm

I’m against everything
Against war and those against
War. Against whatever diminishes
Th’ individual’s blind impulse.
Shake the peaches down from
The summer poem, Rake in ripe
Luminosity; dust; taste. Lunchtime
News – pass the Castor Oil, Alice.

 
Camerata Dracula  si unisce alla rivoluzione:
Un matrimonio della mente

Per fare qualcosa camminiamo sempre 
lungo questo cerchio che si chiama matrimonio (sempre 
presuppone che non c’è inizio né fine).
La tiritera delle promesse è finita.
Ricordati che dio si concede la libertà di essere
                    il centro
di un cerchio la cui circonferenza è ovunque (Che
cinismo!) con cautela & fortuna anche noi possiamo essere
la sua immagine. L’amore e la storia sono due sciocchezze.
Quindi lascia l’assortimento delle tue attrattive
libero – Io non ho tali intenzioni, almeno con gli umani.
In questo mondo continuerai ad indugiare negli eccessi.
Mentre io con i morti le cui tombe sono i miei bordelli
olierò le articolazioni irrigidite delle mie smanie. Non allarmatevi:
come si dice: A LUTA CONTINUA anche oltre i sepolcri sigillati.
 

Comrade Dracula Joins the Revolution: A
Wedding of Minds

For something to do let’s forever walk this
Circle they call marriage (forever presumes neither
Beginning nor end) The rigmarole of vows is over.
Remember god allows himself the freedom to be the
        centre
Of a circle whose circumference is everywhere (What
Cynicism!)  With caution & luck we too can be the image
Of him.  Love like history is bunk.  Hence let your
        attractions range
Free – I have no such intentions with humans at least.
You in this world will dally to surfeit
While I with the dead whose tombs are my brothels
Will oil passion’s stiff joints.  Do not be alarmed:
As they say A LUTA CONTINUA even beyond the
        serried graves.

9 risposte a "Dambudzo Marechera – Il cimitero della mente (Giancarlo Locarno)"

  1. Grazie, Giancarlo. Versi potenti. Una poesia che attinge da una varietà di influenze (surrealismo, carnevalesco, ibridazione) per esprimere un senso di disperazione, ribellione contro i sistemi di potere.

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  2. che storia triste. mi mette addosso un senso di disperazione: evidentemente Dambudzo era troppo intelligente… quando leggo storie di vita simili penso sempre a una delle frasi più emblematiche di zio Federico : “quanta verità può sopportare un uomo?”… a giudicare dalle sue poesie (che il solito generoso lavoro di traduzione di Giancarlo ci restituisce dall’oblio ) Dambudzo aveva compreso la verità e la trovava, per l’appunto, insopportabile. “rissoso”, restio ad essere “disciplinato” da una realtà oggettiva fatta di povertà, ghetti, razzismo, emarginazione, lo vedo partire alla volta di Oxford deciso a far sentire la sua voce, a dire le cose come stanno per “cambiare il mondo”. quasi tutti siamo convinti (o comunque speranzosi) di poterlo fare, a 20-25 anni! ma essere troppo brillanti, aver visto la luce delle “abat-jour in pelle umana”, saper dire la violenza del tutto inutile e ingiustificata, nonché saper cogliere il cinismo di Dio, implica un’incompatibilità di fondo quasi assoluta con l’esistenza nel mondo-mercato occidentale (urticante quel “passami l’olio di ricino, Alice”, che mi ha ricordato la pubblicità nostrana “Antò, mi passi l’olio” e che rimanda alla purga del sovversivo, ovvero alla rieducazione mediante umiliazione e percosse tipica dello squadrismo fascista). la sconfitta della solitudine e della morte da barbone senza fissa dimora chiude il cerchio.
    e d’altro canto, la solitudine è il “collante” del capitalismo liberista, che ti seduce con l’individualismo, così – divide et impera – disgrega il popolo e fomenta la guerra tra poveri (e tra poveri e poverissimi) annientando la coscienza di classe. il capitalismo liberista ha “il soffice palmo – sudato – di una limpida stretta di mano” dietro a cui “nasconde i potenti e pelosi artigli del grizzly”. sì insomma, l’ipermercato globale è un tritacarne bellissimo dove puoi avere quasi tutto (“indugiare negli eccessi”), ***se hai i soldi***. e se non li hai, sei tu il problema, ovvero sei tu che sei un perdente e… ti uccide. un po’ come la psicoterapia che riconduce qualsiasi difficoltà di un individuo ad un problema interno alla persona stessa. un po’ come la Poesia che, impotente e costernata, non può far altro che mordicchiarsi le labbra e fare versi (a proposito, non mi convince la traduzione degli ultimi due versi di “When love’s perished”… chiederei consiglio anche ad Abele, ma l’immagine che mi è arrivata leggendo la poesia in inglese è quella beffarda di una poesia che “pick its lips”, ovvero che si stuzzicaca/pizzica le labbra – quasi un tic. di più, ti dirò, il penultimo verso è biunivoco e non sono sicuro che sia riferito a “poem”, ma piuttosto ancora a “power” o comunque, acutamene a entrambi… però mentre per il potere mi comunica abile sotterfugio, per la poesia mi comunica incapacità di far sentire forte e a viso aperto la sua voce).
    grazie infinite a Giancarlo per l’ennesimo prezioso regalo.

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    1. L’ho riletta, e penso che hai ragione riguardo il penultimo verso della poesia che citi. Penso che il soggetto sia pwer ma anche poems. L’ultimo verso comincia con The (maiuscolo), io l’ho trascritto come the e un po’ mi ha sviato. D’altronde sono un dilettante.

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  3. Ciao Giancarlo, grazie per il tuo lavoro!
    Penso anch’io a un certo surrealismo leggendo il cimitero della mente (ben lontano e all’opposto, giustamente, dal giardino della Dickinson). Mi sono solo chiesta, come mai, non hai tradotto stanza con strofa, in italiano, avendo stanza, in italiano il doppio significato. Un abbraccio

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  4. Ciao Patti, grazie per il commento, devo dire che non mi piaceva l’alternativa di strofa, come suono e anche come significato preciso, stanza mi sembra un termine più colto e più ricco, e in linea con la lingua dell’autore, che non usa la parola ” strophe ” .
    L’ambiguità del doppio significato in italiano non mi dispiace, “La poesia…le sue stanze”, come se ogni strofa fosse un locale di una casa poesia.

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Scrivi una risposta a patty schneider Cancella risposta